Voto: 7/10 Titolo originale: Malnazidos , uscita: 08-10-2020. Regista: Alberto de Toro.
Malnazidos – Nella valle della morte: recensione del film di zombie di Caldera e De Toro (su Netflix)
13/07/2022 recensione film Malnazidos - Nella valle della morte di Francesco Chello
Piacevole film spagnolo, che trova la sua variazione sul tema in un impianto storico che porta con sé un’anima politica e un condivisibile messaggio sulla guerra, la sua stupidità e le sue conseguenze. Una trama semplice incentrata su un gruppo di personaggi simpatici alle prese con un assedio costante, che porta bodycount e parecchie scene di massa, a cui manca solo il gore per il salto di qualità.
Dall’11 luglio, la library di Netflix si arricchisce della presenza di Malnazidos – Nella Valle della Morte, zombie movie spagnolo diretto a quattro mani da Alberto de Toro e Javier Ruiz Caldera. Uno dei tantissimi film che hanno visto posticipare la propria distribuzione a causa della pandemia da COVID-19.
Nel 2020, infatti, riesce appena a fare una capatina al Sitges Film Festival, la release viene spostata un paio di volte nel corso del 2021 per poi essere dirottata definitivamente a marzo del 2022 quando finalmente riesce ad esordire nelle sale spagnole. Successivamente subentra Netflix, sempre a caccia di titoli da inserire nel proprio catalogo, che acquisisce la distribuzione in parecchi paesi.
Come titolo internazionale viene scelto Valley of the Dead, ecco da dove deriva il sottotitolo italiano; la valle, in realtà, è sì presente nel film (è la location principale) ma non nel titolo originale, quel Malnazidos che può essere tradotto come ‘bastardi’, ma che include riferimenti ai nazisti o alla ‘Z’ degli stessi zombie (in rilievo sul materiale promozionale).
Nazisti, dicevamo. Malefiche creature dal potenziale cinematografico di lunga data. Il cinema ha sempre attinto molto dal nazismo, non di meno il nostro amato horror che partendo dai fantomatici esperimenti del Reich ha dato vita ad una sorta di sottogenere che si ripresenta (in varie derivazioni) con cadenza più o meno regolare.
Da I Redividi (The Frozen Dead, del 1966) a L’Occhio del Triangolo (Shock Waves, 1977), arrivando a roba più recente come il dittico Dead Snow (2009 e 2014), Frankenstein’s Army (2013), Bunker of the Dead (2015) o Overlord (2018), solo per fare degli esempi di un filone che probabilmente meriterebbe un approfondimento a parte.
In Malnazidos (mi scoccia riscrivere ogni volta quel sottotitolo tutto nostro), i nazisti fungono da elemento scatenante, con l’esperimento ed il gas che trasforma le persone in zombie, per poi restare una sorta di spauracchio sullo sfondo di una Spagna che ne avverte il peso; ma, di fatto, compaiono pochissimo, il Comandante delle SS interpretato dall’adeguatamente algido Francisco Reyes è l’unico tedesco a ritornare in più scene ed avere il suo peso nelle vicenda, a partire da un prologo incisivo in cui basta quell’aura nerissima tipica dell’entrata in scena dei nazisti a distillare timore in una piazza affollata che di lì a poco – il tempo di una risata apparentemente esorcizzante – scoprirà sulla propria pelle la fondatezza di quelle paure.
Siamo in Spagna nel 1938, nel mezzo della guerra civile: da un lato la sinistra e la giustizia sociale dei repubblicani e la loro resistenza, dall’altro la destra del fronte nazionalista di Franco che appoggiava l’asse nazifascista e le sue politiche deliranti. Interessante l’idea di spostare lo zombie movie nel passato incastrandolo all’interno di un preciso contesto storico, andando a porre il focus su uno spaccato tristemente importante della storia spagnola.
Motivo per cui Malnazidos mostra una chiara anima politica, che per quanto esplicita viene intelligentemente gestita con quella discrezione tale da non appesantire una narrazione che di base guarda prevalentemente all’intrattenimento. E’ evidente che il film si schieri, basterebbe il numero di volte in cui il termine ‘fascista’ viene utilizzato come offesa e/o con connotazione negativa per rendersene conto, ma viste le posizioni ci mancherebbe che così non fosse e che la cosa non sia condivisibile – voglio dire, giusto quel bontempone di Salvini potrebbe non gradire, ma ce ne faremo una ragione.
La trama ricorre all’escamotage degli individui di fazioni opposte che devono necessariamente cooperare per salvare la pelle, espediente chiaramente già visto – cito La Horde (2010) come primo esempio a caso, tanto per rimanere in tema zombesco – che trova la sua efficacia nel dualismo politico che ha la doppia valenza sia di raccontare il sanguinoso dilemma di un popolo, che soprattutto di veicolare un’intelligente (e mai così attuale) metafora sulla guerra.
In sostanza, Malnazidos riflette sul fatto che molti uomini spendono parte della propria vita a combattere e fare del male ad altri uomini (spesso per decisioni prese da pochi individui), quando potrebbero unire le forze per affrontare problemi comuni decisamente più grossi. Non a caso, i personaggi delle due fazioni riescono persino ad andare oltre l’aiutarsi per sopravvivere, arrivando a rispettarsi e stimarsi, come se si volesse sottolineare che dietro una divisa o un’ideale c’è pur sempre una persona come le altre.
Emblematico il momento in cui due di loro, nell’augurarsi di vincere quella particolarissima guerra, si chiedono a vicenda “quale guerra, la mia o la tua?”, per poi rispondere in coro un “Viva la Spagna” che a quel punto non ha più schieramenti o bandiere politiche.
La sceneggiatura di Jaime Marques e Cristian Conti è tratta dal romanzo Noche de Difuntos del 38 di Manuel Martin Ferreras. Per quanto mi riguarda, Malnazidos è stata una visione quasi al buio. Laddove il quasi sta per gli zombie, unico elemento di cui fossi a conoscenza di un film di cui non avevo visto nemmeno il trailer.
Sono una persona semplice, non dico quasi mai no agli zombie. Questo per dire che non sapevo che tono aspettarmi, e vista la deriva del filone negli ultimi anni non è una cosa da sottovalutare. Dopo il già citato prologo cattivissimo, una scena dal tono più leggero introduce il protagonista.
A quel punto ho temuto l’ennesima zombedy. Voglio dire, non ho nulla di ostile a prescindere nei confronti della categoria, ma sono sempre un po’ diffidente nei confronti di titoli appartenenti a questo sottogenere del sottogenere. Se la zombedy è fatta bene l’apprezzo pure, ma 1) di base, potendo scegliere, lo zombie lo preferisco sempre nel contesto serio e 2) c’è sempre quel rischio (grosso) di trovarsi di fronte a qualcosa che tenta di copiare (male) Edgar Wright e quella chicca de L’Alba dei Morti Dementi (titolo scemo italiano di Shaun of the Dead, 2004) che, suo malgrado, non solo ha dato via ad una innumerevole serie di emulatori ma per qualche motivo ha messo nella testa delle persone questa strana idea che lo zombie movie debba necessariamente virare sul comico.
Una lunga premessa per parlare di un punto a favore di Malnazidos: no, per fortuna non siamo al cospetto di un’ulteriore zombedy. Che per quanto mi riguarda è già un buon inizio. Il tono del film, quindi, è scanzonato ma mai comico, tantomeno parodistisco.
I personaggi interagiscono attraverso dinamiche che fanno spesso ricorso a una leggerezza che prova a sdrammatizzare il contesto, ma vivono la guerra e l’orrore dei morti viventi in maniera seria. Da questo punto di vista mi ha ricordato quel tipo di impostazione tipica di alcuni horror (ma anche action) degli anni ’80/90, in cui i protagonisti affrontavano col sorriso spigliato una serie di disavventure serissime.
Qui succede lo stesso, ci si muove con disinvoltura, si ride a più di una battuta ma il clima generale non switcha mai veramente in quello della commedia. La gente muore sul serio e muore male, non mancano momenti più intensi dal punto di vista emotivo.
In questo quadro si muove un gruppo di personaggi discretamente assortito e con un minimo di background personale sistematicamente lasciato ai racconti, individualmente nessuno di loro buca lo schermo, eppure è un amalgama funzionante e funzionale. Quando si dice che la forza sta nel gruppo.
Bene il protagonista, Miki Esparbé, una sorta di Nicola Savino d’azione, antieroe (avvocato prestato al servizio militare) che cerca di scappare dalla guerra ma dimostrerà più coraggio (e più coglioni, visto l’invito che riceve all’inizio) di chi gli impartisce gli ordini. Non entro nello specifico dei singoli per tempo (e spazio), tra ex motociclisti (Álvaro Cervantes) e donne (Aura Garrido) che possono vantarsi di aver tagliato il pisello ad un prete pedofilo, passando per la recluta imbranata (Manel Llunell) e la suora (María Botto) che invita gli zombie a prendere la comunione a fucilate in testa, ognuno trova il suo incastro in questa (dis)avventura corale.
Peccato per Brodsky (Sergio Torrico), simpatico omaccione russo che esce di scena troppo presto. A proposito di uscite di scena, si ricorre a qualche cliché (poco credibile) forse anche ripetuto, in una struttura ad eliminazione in cui troppi personaggi sembrano non vedere l’ora di sacrificarsi per gli altri.
Sul piano tecnico, Malnazidos può contare su una confezione curata, il budget non elevatissimo non viene tradito da una gestione mirata. Prodotto, tra gli altri, da Mediaset España che dimostra che si può investire nei generi giusti a differenza della divisione italiana che continua a mettere soldi sui mostri sbagliati come Maria De Filippi o Barbara D’Urso.
Le scene di massa degli zombie e i loro attacchi sono coordinati in maniera attenta e dinamica, per una messa in scena sempre chiara e ordinatamente concitata anche quando regna il caos. Buono anche il make-up e le movenze, mentre per la fuoriuscita di sangue viene trovato un espediente narrativo: in pratica, il virus secca il sangue degli zombie, ecco perché quando vengono colpiti vediamo (puntuale) una nuvola di fumo rosso fuoriuscire dai loro corpi e dai loro crani.
Una pecca c’è, il versante gore è sostanzialmente piatto, nonostante il buon numero di morti ammazzati non assistiamo praticamente mai a smembramenti ed efferatezze tipiche degli stilemi stabiliti da quel George Romero che viene omaggiato attraverso la citazione sul posto all’inferno e i morti che cammineranno sulla terra.
La ricostruzione ambientale viene fatta con criterio tra divise, armi e mezzi di locomozione, la suggestiva location naturale permette di ovviare alla mancanza di scenografie troppo costose, anche se non manca qualche set interessante come quello del laboratorio. Posti naturali che favoriscono la riuscita di vari momenti d’impatto (fotografati in maniera azzeccata), come gli zombie che si immergono nel fiume o le inquadrature panoramiche su vallata o altopiano nel corso degli attacchi di massa che enfatizzano i picchi di un assedio piuttosto costante, elemento tipico dello zombie movie che stavolta viene sfruttato bene – a differenza del versante emoglobinico di cui parlavamo poco fa.
In definitiva, con Malnazidos siamo al cospetto di uno zombie movie piacevole, che trova la sua variazione sul tema in un impianto storico che porta con sé un’anima politica e un condivisibile messaggio sulla guerra, la sua stupidità e le sue conseguenze. Una trama tutto sommato semplice incentrata su un gruppo di personaggi simpatici alle prese con un assedio perseverante, che porta bodycount e parecchie scene di massa, a cui manca solo il gore per il salto di qualità.
Di seguito – sulle note di Blitzkrieg Bop dei Ramones – trovate il trailer internazionale di Malnazidos – Nella valle della morte, nel catalogo di Netflix dall’11 luglio:
© Riproduzione riservata