Voto: 6/10 Titolo originale: Mortal , uscita: 28-02-2020. Regista: André Øvredal.
Mortal: la recensione del film di André Øvredal
05/11/2020 recensione film Mortal di William Maga
Nat Wolff è il protagonista di una sorta di storia delle origini poco ispirata, che accantona le interessanti idee su cui dovrebbe puntare in favore di sciapi stereotipi
Il norvegese André Øvredal non è estraneo a prendere piccoli budget e una manciata di idee più o meno note e trasformarli in opere in qualche modo personali e moderatamente memorabili. Se Troll Hunter nel 2010 ci aveva portato tra le gelate foreste scandinave a caccia delle popolari creature del folklore locale, Autopsy nel 2016 (la recensione) è riuscito a dire qualcosa di nuovo nell’abusatissimo sottogenere della possessione / stregoneria / esorcismo, mentre il recente Scary Stories to Tell in the Dark (la recensione) aveva portato in vita dignitosamente l’omonima serie di libri per ragazzi.
Sfortunatamente, lo sceneggiatore e regista sembra aver lasciato un po’ di quell’ispirazione nell’armadio con la sua ultima avventura – più fantsy che horror, nonostante l’R-rated rimediato – intitolata Mortal, fresca di Menzione Speciale Premio RAI4 al Trieste Science + Fiction 2020. È certamente un film realizzato con competenza, ma ci sono così tanti aspetti banali e ordinari che non riesce ad essere all’altezza delle aspettative.
Eric (Nat Wolff) è un americano che vagabondeggia per la Norvegia, evitando ogni volta che può il contatto con altre persone perché continua a manifestare strani poteri elementali che sono al di là della sua capacità di controllo. Quando viene avvicinato da alcuni giovani teppisti, uccide inavvertitamente uno di loro semplicemente toccandolo, finendo inevitabilmente dritto al commissariato di Polizia.
Lì incontra la psicologa Christine (Iben Akerlie), una ragazza in grado di far breccia nel suo duro guscio, trovandoci un individuo spaventato a morte da ciò che gli sta accadendo. Dopo che un agente dell’Ambasciata degli Stati Uniti (Priyanka Bose) tenta di prendere Eric in custodia per riportarlo in patria, Eric si ritrova in fuga e si riunisce con Christine per tornare alla fattoria ormai bruciata dove i suoi poteri si sono manifestati per la prima volta.
Fondamentalmente, Mortal è E.T. l’extra-terrestre in forma di road movie, ma invece che un alieno e un bambino, abbiamo un uomo adulto confuso e una donna che agisce come surrogato del pubblico. C’è molto che potrebbe essere sviluppato da una tale premessa di base e, a onore del film, ci sono alcuni momenti piuttosto netti in cui i fantastici poteri di Eric vengono evidenziati.
Anche se a volte la natura di queste capacità sovrumane è un po’ ambigua – non è del tutto chiaro come abbia ucciso quell’adolescente, né è immediatamente evidente cosa stia succedendo quando inizia a soffocare qualcuno in seguito – ma la sua manipolazione elementale del fuoco e dell’elettricità garantisce alcuni colpi di scena interessanti durante un inseguimento ad alta velocità e uno stallo che fungono da momenti focali del secondo atto di Mortal. Non stiamo parlando di effetti a livello Marvel, ma per una storia così contenuta sono sufficientemente stimolanti e creativi.
Ciò rende ancora più irritante il fatto che la storia e i personaggi sono così privi di sostanza che diventa difficile sentirsi emotivamente coinvolti in quello che succede sullo schermo. Senza rovinare il finale, la trama di Mortal finisce per sembrare l’inizio di una storia più vasta e molto più interessante, qualcosa che avrebbe dovuto essere il primo e il secondo atto di un altro film piuttosto che l’insoddisfacente anticlimax di questo. E comunque, l’idea che Eric non sappia da dove provengono i suoi poteri, che impari pian piano a controllarli e che riconosca come siano le sue emozioni ad essere il fattore più importante per tenere a bada se stesso, è così meccanica e prevedibile che è difficile vedere il film come qualcosa di più di uno schemino stereotipato e pigro di una comune storia delle origini di un supereroe.
Ricorrere a ingredienti potenzialmente vincenti non annienta certo la possibilità di realizzare un buon prodotto, ma serve qualcosa di più per giustificare la sua dipendenza dalla forma, e alla fine i personaggi creati da André Øvredal (e dei suoi co-sceneggiatori Norman Lesperance e Geoff Bussetil) sono troppo superficiali per dare a questa storia un concreto peso emotivo.
Eric è definito esclusivamente dalla sua paura di se stesso. Christine è una ‘finestra empatica’ sul lato umano di Eric e qualsiasi pulsione vitale è esclusivamente al servizio della scelta di aiutare il ragazzo o meno. L’agente dell’Ambasciata USA è intenzionalmente ‘ignorante’ dell’umanità di Eric, e uno sceriffo (Per Frisch) è il suo contraltare. Sulla carta, questi sono archetipi che funzionano e sono necessari per il tipo di vicenda che viene raccontata, ma in pratica appaiono pochissimo sviluppati o recitati, completamente privi di personalità o di delicatezza in un racconto che presumibilmente vuole riflettere su ciò che ci rende davvero umani.
L’aspetto più interessante e sottoesplorato della sceneggiatura di Mortal è però nel modo in cui solleva la possibilità che Eric possa essere adorato come un dio per il tipo di potere ultraterreno che controlla. Sarebbe stato un interessante tema sociologico e psicologico da decostruire per una moderna storia di supereroi, e André Øvredal sembrerebbe proprio sul punto di risolverlo mentre folle di spettatori si meravigliano delle pubbliche dimostrazioni di forza di Eric.
Invece, proprio come qualsiasi altro elemento potenzialmente interessante, viene sotterrata sotto strati di insipido tedio, non a causa di incompetenza cinematografica, ma a causa di una completa mancanza di ispirazione. Possiamo quindi solo sperare che si tratti di un intoppo momentaneo all’interno della carriera del regista norvegese.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Mortal, la cui data di uscita nel nostro paese non è ancora chiara:
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