Recensione fumetto | Frank Miller RoboCop – Edizione Definitiva
18/11/2019 news di Redazione Il Cineocchio
Saldapress raccoglie in un unico mastodontico volume le due storie originariamente scritte dall'autore alla fine degli anni '80 per i due sequel cinematografici, poi scartate per l'eccessiva violenza
Nel 1988, all’apice della sua carriera, Frank Miller viene chiamato a scrivere le sceneggiature dei due sequel cinematografici di RoboCop, film diretto dal regista Paul Verhoeven l’anno prima (il nostro approfondimento). Le idee dell’autore di Ronin e Il ritorno del Cavaliere Oscuro verranno però completamente rimaneggiate dalla produzione e non raggiungeranno mai il grande schermo nel modo in cui il fumettista le aveva pensate. Molti anni dopo, lo scrittore Steven Grant e i disegnatori Juan José Ryp e Korkut Öztekin – insieme allo sceneggiatore Ed Brisson, che crea un epilogo alla storia immaginata da Frank Miller – realizzano una versione a fumetti grottesca, iper-violenta e intrisa di dark-humor di quelle stesse due storie di RoboCop (intitolate RoboCop e Robocop: L’ultimo baluardo).
Oggi, finalmente, Saldapress le porta sugli scaffali delle fumetterie italiane raccolte in un unico mastodontico volume, Frank Miller RoboCop – Edizione Definitiva (400 pagg, 35 euro), che dà ai lettori la possibilità di recuperare il materiale scritto dal 62enne artista di Olney (che firma il disegno argentato di copertina).
Entrambe le interpretazioni delle sceneggiature originali sono grintose, violentissime e senz’altro milleriane nello spirito, anche se graficamente (e alcuni dialoghi) potrebbe non incontrare il plauso di tutti.
Frank Miller RoboCop – Edizione Definitiva è alto come un elenco telefonico, la qualità di stampa è alta e le due storie sono ben distinte anche a livello cromatico (la prima presenta pagine ‘scure’, la seconda bianche), così che prendendo in mano il corposo volume si possa capire facilmente con un colpo d’occhio dove finisca l’una e inizi l’altra.
Come anticipato, l’estetica dei disegni di Juan José Ryp ricorda molto il tratto di Robert Crumb, con personaggi deformati e ‘brutti’, raggiungendo coloratissimi – e dettagliatissimi – risultati ai limiti dell’assurdo (anche se Robocop di solito resta elegante e metallico). Siete stati avvisati. Sulla prima storia, la sceneggiatura battuta a macchina da scrivere di Frank Miller occupa soltanto due pagine, prima che gli eventi assumano l’aspetto di un “pannello a fumetti” (alcuni dei dialoghi e delle scene descritte si ripetono visivamente). Rispetto al RoboCop 2 di Irvin Kershner del 1990, la vicenda differisce principalmente per l’avere Kong, un pazzo mercenario assunto dalla OCP al posto del sadico spacciatore Cain.
Altre modifiche rispetto a quanto visto nell’universo cinematografico di RoboCop includono: l’unità di mercenari guidata da Kong, la presenza del Dott. Love, uno “psicoanalista” liberale-progressista che lavora per la OCP e due nuovi conduttori televisivi. Il primo è un simpaticone, l’altro è Lilla, un soggetto piuttosto ‘sopra le righe’ … Abbiamo un ‘Robo-Kong’ e l’agente Anne Lewis sfoggia il suo lato cazzuto. L’attività anti-polizia è leggermente diversa rispetto al film e lo scontro finale è caotico, esagerato e, in qualche modo, toccante. Può sembrare strano, ma il rovescio della medaglia è la difficoltà di comprimere tutta l’azione sulla superficie ‘limitata’ delle pagine disegnate. Ci sono alcuni pannelli in cui Juan José Ryp stesso sembra confuso ed è stato costretto ad aggiungere delle frecce per indirizzare lo sguardo del lettore lungo il flusso della storia.
Passando a Robocop: L’ultimo baluardo (e l’epilogo La Rinascita di Detroit), anche in questo caso abbiamo in apertura un paio di pagine della sceneggiatura originale di Frank Miller prima che il fumetto prenda il sopravvento. Se i fan del cyber poliziotto sanno bene che il terzo film di Fred Dekker del 1993 fu un disastro, la controparte disegnata fa un buon lavoro nel tentativo di portare la storia di Alex Murphy al livello successivo, non tralasciando ovviamente gli aspetti satirici tipici della narrazione dell’autore (le forze di polizia sono allo sbando e la popolazione di Detroit è stata allontanata dalle proprie case, con RoboCop ultima difesa dal caos dilagante.). Non abbiamo una ragazzina hacker, ma piuttosto Marie Lacasse, che funge da partner logistico di RoboCop. Ritroviamo però il ‘robo-ninja’ Otomo e Juliette Faxx, la subdola dirigente della OCP apparsa al cinema nel secondo capitolo, che qui ha un ruolo molto importante.
Lo stile del disegnatore Korkut Öztekin si differenzia parecchio da quello del collega, meno disordinato e ‘fracassone’, ma sempre inusuale, cercando di rendere la meglio un’azione stilosa, ma in definitiva un po’ fredda e poco descrittiva
Tirando le somme, Frank Miller RoboCop – Edizione Definitiva resta una lettura divertente e scorrevole, soprattutto per gli appassionati di RoboCop che conoscono bene le sue vicende cinematografiche e sono in grado di cogliere le non poche differenze. Interessante resta soprattutto la visione complessiva di Frank Miller sull’agente Alex Murphy / RoboCop, poliziotto ‘perfetto’ e ideale creato dall’uomo per fronteggiare tempi turbolenti e disperati ed ergersi a controverso simbolo della Giustizia.
Di seguito una simbolica splash page da Frank Miller RoboCop – Edizione Definitiva:
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