Voto: 6/10 Titolo originale: It Stains the Sands Red , uscita: 08-10-2016. Regista: Colin Minihan.
It Stains the Sands Red – Deserto Rosso Sangue | La recensione del film di Colin Minihan
08/08/2017 recensione film Deserto rosso sangue di William Maga
Brittany Allen è la protagonista assoluta di uno zombie movie caratterizzato da una prima metà dilatata e ai limiti del grottesco totalmente spiazzante
La sovraesposizione degli zombie in TV e al cinema porta i filmmaker a cercare ogni giorno nuove strade per provare a stupire – o almeno a non annoiare – gli appassionati di questo sottogenere horror ormai saturo. L’ultimo esempio in tal senso è It Stains the Sands Red – Deserto Rosso Sangue dei Vicious Brothers, alias Colin Minihan e Stuart Ortiz (Grave Encounters), zombie movie presentato con un certo successo lo scorso anno in alcuni festival di settore – tra cui Sitges – che vede protagonista praticamente assoluta Brittany Allen (Defiance), intenta a sopravvivere all’implacabile inseguimento da parte di un non morto e ad altri pericoli nel deserto intorno a Las Vegas.
Molly e il suo fidanzato/pappone Nick (Merwin Mondesir) stanno tentando di raggiungere un piccolo aeroporto situato 36 miglia fuori la città del Nevada per fuggire dall’apocalisse zombie appena scoppiata. Non sembrano avere nessuna preoccupazione particolare, se non quella di tirare cocaina e bere alcolici fino a quando non saranno su un spiaggia in Messico a fumare crack in attesa che sia tutto finito. Non sono quindi due personaggi particolarmente edificanti. Dopo che l’uomo accosta lungo la strada rimanendo insabbiato con la sua Porsche, la situazione comincia a precipitare, con la comparsa di un morto vivente (Juan Riedinger) che lo azzanna inesorabilmente uccidendolo, costringendo Molly a scappare senza meta nelle sterpaglie a piedi.
Con lo zombie subito sulle sue tracce, la ragazza si accorge rapidamente che la creatura non ha bisogno di riposare, di dormire e che soprattutto non intende fermarsi finchè non l’avrà raggiunta, mentre lei, al contrario, sta finendo la scorta d’acqua – e soprattutto di polvere bianca – ed è decisamente fuori forma (senza contare che le arriva pure il ciclo). Con lo zombie che la pedina a pochi passi, tutto si trasforma in una semplice questione di forza di volontà.
Questo in sostanza il resoconto dei primi – ai limite dell’estenuante – 40 minuti del film (su 88′ complessivi), con Molly che prima inveisce con arroganza e alla fine supplica semplicemente lo zombie di lasciarla in pace. La curiosità è che l’essere riesce a rintracciarla sempre e comunque perché è in grado di fiutare l’odore del suo sangue (la donna sta attraversando quel periodo del mese dopo tutto). Anche quando lei riesce a trovare rifugio in una casa abbandonata può trovarla, dal momento che ha terminato i suoi assorbenti interni (già …). Dopo che Molly incontra fortunosamente un paio di “salvatori” che tentano ovviamente di violentarla (non sia mai che nel deserto qualcuno provi davvero ad aiutarti), viene in qualche modo “salvata” dall’intervento dello zombie.
Da qui It Stains the Sands Red – Deserto Rosso Sangue prende una piega sia inaspettata che interessante in modo strano, quasi grottesco, poiché nulla dai trailer lo lasciava presupporre. Molly fa “amicizia” con il non morto, dandogli anche un nome, Smalls (abbreviazione di Small Dick …) e cominciando a trattarlo come si fa con un cane, con lui che sembra addirittura accettare la situazione e comprendere alcuni comandi base, memorie dalla sua precedente “vita”. Questo nuovo legame peculiare vede quindi da una parte l’esasperata e disperata Molly, che tenta di aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non perdere la ragione e dall’altra lo zombie, nel cui cervello senza vita c’è ancora attività sufficiente per spingerlo allo stesso modo a non distaccarsi completamente dal suo perduto lato umano. L’idillio non è tuttavia destinato a durare e l’ultima mezz’ora rimescola decisamente le carte in tavola, riportando il film su binari più canonici.
I Stains the Sands Red – Deserto rosso sangue è un prodotto anomalo che suscita sensazioni altalenanti. Minihan adotta soluzioni visive molto interessanti e non convenzionali (come le panoramiche a 360 gradi del deserto che fanno capire cosa sta succedendo tutto intorno), ma si avvalgono dell’orrendo sangue in CGI, senza contare che – come in quasi tutti gli esponenti del genere, non ultimo The Walking Dead – gli zombi sono simili a ninja che non generano il benché minimo rumore finché non è troppo tardi … quando cominciano a rantolare frenetici. Il regista poi, lascia intuire – almeno ai più sgamati – alcuni colpi di scena imminenti dalle scelte di inquadratura. Per esempio, utilizza spesso la tattica di spingere verso destra un personaggio per far saltare fuori improvvisamente lo zombie dal lato ‘cieco’. L’idea di rendere tutti i protagonisti cattivi è altrettanto a doppio taglio, perchè se è vero che il buonismo stanca, una Molly – ricordiamo che è sempre in scena – le cui scelte di vita sono state tutte sbagliate, che è irritante, fastidiosa e che non possiede la minima qualità pratica o il buon senso per superare una situazione del genere potrebbe portare lo spettatore anche a disinteressarsi completamente della sua sopravvivenza. Se si supera indenni la prima metà (qualcuno potrebbe pensare di trovarsi davanti a un cortometraggio troppo dilatato, in questo caso meglio rivedersi The Horribly Slow Murderer With the Extremely Inefficient Weapon), la strada è però tutta in discesa e macchiata di sangue.
C’è da dire che Minihan non è nuovo questo tipo di approccio, come dimostrato dal precedente Extraterrestrial (2014, in cui peraltro recitava la Allen). Si assisteva a una brusca svolta nella storia, si era costretti a seguire personaggi sgradevoli e c’erano colpi di scena imprevisti e anche lì ogni figura maschile era affetta da crudeltà, devozione allo stupro, alcolismo o codardia. Senza dubbio un messaggio che andrebbe approfondito vista la reiterazione.
In definitiva, ISTSR è un’opera che potrebbe non convincere appieno gli appassionati, specialmente per il modo in cui sceglie di gestire i tempi e per i cliché del genere che certo non mancano. E’ una pellicola decisamente personale, senza profondi messaggi politici o riflessioni sulla società, recitata con grande impegno da parte della Allen e girata con perizia, che tra l’altro – vedasi la panoramica iniziale (foto qui sopra) e il finale aperto – si inserirebbe in un contesto ben più ampio che magari verrà sviluppato in futuro.
Di seguito il trailer di It Stains the Sands Red – Deserto Rosso Sangue:
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