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Voto: 6/10 Titolo originale: 장산범 , uscita: 17-08-2017. Regista: Huh Jung.

The Mimic | La recensione del film di Huh Jung

10/07/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Rin-Ah Shin è la giovanissima e straordinaria nemesi in una ghost story coreana radicata nelle oscure leggende vernacolari locali

Perla horror da gustare su Netflix, The Mimic (Jang-san-beom), scritto e diretto da Huh Jung (The Cursed) rielabora in un turbinio di dolore, rimpianto e terrore la classica ghost story coreana, mantenendo un buon ritmo e una buona dose di mistero, seppure sul finale perda parzialmente un po’ di mordente.

The Mimic è collocato, come d’uopo, in un’ambientazione suggestiva e fosca al punto giusto. Nel fitto della foresta del monte Jang, una misteriosa grotta maledetta è sigillata da un rito, ma una notte, un losco individuo s’intrufola per nascondervi la vittima di un crimine, rompe il muro di mattoni e l’entità che vi abita da tempo immemore viene così liberata. Tutto ha inizio così. Caso vuole, lì vicino vanno a stabilirsi Hee-yeon (Jung-ah Yum), il marito Min-ho (Hyuk-kwon Park), la vecchia madre affetta da Alzheimer (Heo Jin) e la figlia in età scolare (Bang Yu-seol), nel tentativo di ricominciare una nuova vita e di superare la perdita di un figlio (nota drammatica non inconsueta nei prodotti coreani), scomparso anni prima. Dopo aver incontrato due ragazzini alla ricerca del loro cane, i protagonisti si addentrano nei boschi dietro la nuova casa e s’imbattono in una bambina sporca e malconcia, che Hee-yeon, impietosita, riporta a casa con sé, ma la piccola cela in realtà un terribile segreto; e la sua innocente apparenza inganna …

The Mimic, come altri horror asiatici di buona fattura e basati sulla tradizione e sull’immaginario autoctono, è capace di costruire l’orrore in maniera palpabile e di fornire spunti visivi e narrativi differenti a quello a cui siamo abituati. Tutt’altro che scontata o pirotecnica, questa è una ghost story che si dipana lenta, sviluppa l’emotività dei personaggi e la tensione non è la silloge di banali jumpscare, è costruita al contrario dal susseguirsi di sussurrii e ombre, che dall’antro maledetto si diffondono tutt’intorno. Allo stesso tempo, fondamentali sono la caratterizzazione e le dinamiche emotive, che costituiscono un elemento essenziale nello sviluppo della trama. Così, è anzitutto il figlio perduto di Hee-yeon, fantasma del suo passato che invade i suoi sogni e a volte anche la realtà, a costituire l’appiglio perché un’entità maligna faccia il proprio ingresso nella vita della madre inconsolabile e della sua famiglia.

Il male, qui, non ha il volto di uno spavento immediato che sa di fasullo, o del mostro dal volto biancastro e dagli occhi riversi che si trascina nelle tenebre, o ancora del posseduto che fluttua a mezz’aria mentre farnetica frasi scomposte e improperi blasfemi. Qualcosa di più immateriale e diabolico viene mostrato in The Mimic. Avanza strisciante, sono voci suadenti che provengono dagli dagli specchi, mani trasparenti che battono sui vetri, imprigionate in un oscuro limbo che cercano di uscire. E conducono i vivi in un luogo da cui non c’è ritorno. Mistero ordito con grande maestria, questo racconto del terrore fortemente radicato nel folklore coreano, con tanto di sciamanesimo e spiriti primordiali, ci introduce ad anime voraci e immortali che si nutrono delle umane debolezze e che attraverso il dolore, la rabbia, l’odio e la paura manipolano i protaginisti per ottenerne la forza vitale. Per attirare a sé la loro povera e sprovveduta vittima, queste maligne entità ricorrono a ogni tipo d’inganno, così da ottenere ciò che bramano.

Certo, ci sono alcune ingenuità in The Mimic che potrebbero a tratti far sorridere lo spettatore più smaliziato. Assistiamo a taluni passaggi non proprio chiarissimi, come il fatto che un sovrumano inseguitore prima sia imprigionato da una qualche forza non ben identificata e possa attraversare le barriere verso il nostro mondo solo grazie a specchi e vetri vari, poi sia invece libero di inseguire la sua preda giusto per creare tensione, infine, nel momento clou, sia di nuovo impossibilitato a muoversi a suo piacimento. Allo stesso tempo, lo sciamano demoniaco posseduto dallo spirito della tigre ha sembianze un po’ troppo eccentriche e posticce, soprattutto quando inizia a spuntargli addirittura una vaga peluria ferina.

Similmente, alcuni effetti speciali in CGI, come alcune fantasmatici riflessi negli specchi, non sono riusciti nel migliore dei modi. Forse, il vero problema è, come sovente capita, che anche qui in alcune sequenze Huh Jung mostri più di quanto dovrebbe, nella fattispecie nell’ultima parte del film; così facendo, però, in parte ne risente l’effetto complessivo. Tuttavia, ciò non vuol dire che l’impatto di alcuni piccoli difetti rovini in toto il risultato d’insieme; sono infatti soltanto quisquìlie che non affliggono più di tanto il valore generale di The Mimic. Ottimi infatti sono il ritmo, il canovaccio in generale, il concept alla base e, forse più di tutto, l’interpretazione della piccola e assai dotata Rin-Ah Shin, che incarna con un notevole numero di sfumature un’indefinita entità.

In conclusione dunque, Huh Jung dà una più che apprezzabile prova di sé nel suo secondo lungometraggio dopo il thriller del 2013 Hide and Seek (Sum-bakk-og-jil) e con The Mimic viene confermata ancora una volta, dopo i recenti Train to Busan (Busanhaeng) e Goksung – La presenza del diavolo (conosciuto anche con il titolo internazionale di The Wailing), come il cinema horror coreano contemporaneo sia decisamente fiorente.

Di seguito trovate il trailer: