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Voto: 6/10 Titolo originale: Siberia , uscita: 13-07-2018. Budget: $2,000,000. Regista: Matthew Ross.

Siberia: la recensione del film di Matthew Ross (con Keanu Reeves)

24/07/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

L'attore è l'algido protagonista di un thriller esistenzialista e profondamente disperato, antitetico per toni e contenuto ai film di John Wick

Film singolare, Siberia di Matthew Ross (Frank & Lola) lascia spaesati per lo sviluppo della narrazione e degli eventi messi in scena, indulgendo in una dilatata sospensione, eppure una strisciante fascinazione ci avvolge mentre esploriamo il vuoto nichilista dei gelidi boschi siberiani e seguiamo l’illogico errabondare di Lucas Hill (Keanu Reeves), algido commerciante di diamanti alle prese con un crudele oligarca russo.

Tutto ruota infatti intorno al suddetto, uomo d’affari americano che si trova a San Pietroburgo per incontrare lo spietato Boris Volkov (Pasha D. Lychnikoff) per una partita di gemme. Tuttavia, Pyotr (Boris Gulyarin), socio di Lucas e colui che all’apparenza sembra essere in possesso della preziosa merce di scambio, è scomparso nel nulla, lasciando il protagonista in una situazione assai pericolosa e Volkov assai indispettito. Ovviamente Lucas parte alla ricerca dell’amico – e soprattutto dei diamanti – nelle sperdute lande siberiane dove abita il fratello dello scomparso per cercare di recuperare le pietre e, magari, di non essere ammazzato nel mentre.

Una volta arrivato a destinazione incontra la bella ed enigmatica Katya (Ana Ularu), proprietaria del bar locale con cui ha una fugace e intensa relazione. Gli eventi però degenerano quando il protagonista, incapace di trovare Pyotr o i diamanti, è costretto suo malgrado a tornare da Volkov e una serie di complicazioni rendono ancora più grave una situazione già in bilico.

Certo da Siberia rimarrà deluso chi avesse in mente il Keanu Reeves di John Wick (la nostra recensione del Capitolo 2) e fosse alla ricerca di qualcosa di simile, ovvero un action con molte sparatorie e non troppe riflessioni, che non si prende troppo sul serio. Non lasciatevi dunque trarre in inganno dalla presenza di Stephen Hamel, produttore del primo film della saga sul sicario in cerca di vendetta e autore della storia nel thriller ad alto contenuto drammatico di Matthew Ross, poiché quest’ultimo è decisamente diverso e molto più meditativo, più caustico e intimistico.

Pochi sono i momenti di azione pura, soprattutto concentrati nel finale e in qualche breve scazzottata, e assai dissimile è il personaggio incarnato dalla star hollywoodiana che, lungi dall’essere il killer imbattibile che con poche mosse sconfigge ogni avversario, non sempre ha la meglio, anzi … D’altra parte, il tono più serio – e intriso da una buona dose di nichilismo – si percepisce subito, fin da quando Lucas si trova a doversi tirare fuori come può da una serie di circostanze assai sfavorevoli, quasi fosse impelagato in un fattaccio un po’ alla Coen, seppure è assai lontano dalle trame articolatissime e dalla declinazione grottesca e scanzonata che emerge sovente la filmografia dei celebri fratelli.

In Siberia, al contrario, la trama è minimale e l’intrigo, all’inizio vagheggiato, è lasciato in secondo piano come se fosse solo uno spunto per esplorare altro. Strano ibrido, prepondera altresì la vicenda amorosa, dominata di lunghi silenzi, sibillini dialoghi e azioni dalle motivazioni non immediate per molto del minutaggio prendono il sopravvento.

Se l’ouverture sembra quindi anticipare un thriller in cui il protagonista va alla ricerca di un socio disperso per recuperare un prodotto di ‘vitale’ importanza, alle premesse non segue ciò che ci si aspetterebbe, bensì un’algida storia d’amore – o forse solo di sesso … – dall’esistenzialismo opprimente, che in diversi passaggi ci fa pensare più a un’indagine emotiva intrisa di decadentismo alla Il Diavolo Probabilmente di Robert Bresson più che a una successione di inseguimenti e colpi di pistola alla John Wick.

Tale peculiare approccio, l’estrema dilatazione, alcuni momenti non finalizzati all’azione, come una surreale caccia all’orso (del tutto immotivata a livello di sviluppo della diegesi) concorrono a delineare una film ermetico, in cui i sentimenti, le passioni, la paura e la rabbia sono espressi con un registro minimalista da personaggi che paiono apatici, o depressi (Keanu Reeves recita del tutto sotto tono, e non è un male), a tratti masochisti (in particolare Katya). Invece di uno spettacolo pirotecnico ed eroico vige un fosco pessimismo cosmico, misto a rassegnazione, che certo non intrattiene allegramente lo spettatore in cerca di leggerezza e che forse porterà al flop commerciale.

A caricare ulteriormente questo senso di pesantezza, questo spleen (che ricorda in parte il mood cronenberghiano di A History of Violence), sono alcune sequenze particolarmente torbide e scabrose (non per il gore, ma per concetto), nella fattispecie una in cui Katya e Lucas sono costretti a un agghiacciante ‘compromesso’ per non indispettire il minaccioso Boris Volkov (molti ne potrebbero essere urtati). In ultimo, il finale è repentino e desolante, lasciando basito chi guarda mentre si chiude su un sinistro dettaglio.

Non stupisce che un thriller come Siberia possa quindi suscitare riscontri negativi, è un film difficile e dominato da personaggi che suscitano pochissima empatia, la cui logica non è sempre cristallina e dallo sviluppo non proprio ritmato; eppure c’è un qualche oscuro fascino nichilista nell’insieme.

Di seguito trovate il trailer internazionale: