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Voto: 7/10 Titolo originale: A History of Violence , uscita: 23-09-2005. Budget: $32,000,000. Regista: David Cronenberg.

Recensione story: A History of Violence di David Cronenberg (2005)

28/03/2022 recensione film di Marco Tedesco

A metà degli anni Zero, Viggo Mortensen, Ed Harris e Maria Bello erano i protagonisti di un abile thriller che ragionava sul sul significato dell'identità

Viggo Mortensen e Maria Bello in A History of Violence (2005)

David Cronenberg, il regista di film come Videodrome, La Mosca e Il Pasto Nudo, ha la reputazione di essere un po’ “eccessivo”. Potrebbe aver sorpreso ben più di qualcuno, quindi, scoprire nel 2005 la sua ultima fatica presentata in concorso al 58º Festival di Cannes, A History of Violence, fosse un’opera vicina al concetto di mainstream, per lo meno nel modo in cui racconta una storia lineare e tiene a bada i momenti potenzialmente più ‘bizzarri’.

Il film, che è sostanzialmente una meditazione sul significato dell’identità, non è esente da problemi. Sebbene ci sia poco da obiettare sui primi due atti, A History of Violence scivola lungo un percorso tangenziale durante l’ultima parte e questo passo falso finisce per ridurre l’efficacia complessiva della produzione. Detto questo, c’è resta molto da ammirare.

AHistoryofViolence.jpgTom Stall (Viggo Mortensen) è un cittadino modello, un padre ideale e un marito amorevole. I suoi due figli, Jack (Ashton Holmes) e Sarah (Heidi Hayes), si fidano di lui e sua moglie, Edie (Maria Bello), lo adora. Il divertimento non è scomparso dal loro matrimonio, come dimostra bene Edie quando indossa un completino sexy da cheerleader per sedurre Tom. Una sera, mentre l’uomo sta lavorando dietro il bancone della sua tavola calda, entrano due teppisti con in testa idee di stupri e rapine. Dopo una breve lotta, Tom prende la pistola da uno dei ladri e la usa per far fuori entrambi gli intrusi.

Viene subito accolto come un eroe e c’è – inevitabilmente – una copertura giornalistica globale dell’accaduto. Ed è proprio in TV che Carl Fogaty (Ed Harris) nota un volto familiare. Sulla base dell’evidenza dei suoi occhi, l’uomo che si fa chiamare Tom Stall sarebbe in realtà Joey Cusack, un ex killer di Filadelfia. Quindi, coi suoi scagnozzi al seguito, Carl si dirige verso la città di Millbrook, in Indiana.

Al centro del successo di A History of Violence c’è l’incertezza sul passato del protagonista. Quando si confronta con Carl, non solo nega deciso di essere Joey, ma afferma di non essere neppure mai stato a Filadelfia. Né la sceneggiatura né Viggo Mortensen ci offrono il minimi indizio se Tom e Joey siano effettivamente la stessa persona, o se Tom sia invece vittima di una sfortunata coincidenza. Poiché gli Stall devono affrontare quella nuova e pericolosa presenza nella loro vita, devono affrontare questioni di identità. Cosa rende ognuno di noi quello che siamo? È la nostra faccia o qualcosa nel profondo?

David Cronenberg tesse un incantesimo per oltre un’ora, ma si dimostra incapace di sostenerlo per l’intera durata della corsa. Come accennato, la necessità hollywoodiana di una risoluzione convenzionale lo porta fuori rotta durante l’ultimo terzo del film. Alcuni dei personaggi e delle relazioni più interessanti vengono così rimossi dallo schermo per consentire a A History of Violence di muoversi in una direzione diversa. Ma dal momento che la sceneggiatura è basata su un fumetto di John Wagner del 1997, è possibile che i realizzatori possano aver avuto poca libertà scelta sul percorso.

Anche i ragazzini hanno dei loro mini archi narrativi. Sarah ha paura dei mostri nel suo armadio ed è confortata da suo padre (che le dice che non ci sono mostri) e da suo fratello (che afferma che i mostri hanno paura della luce). Nel frattempo, Jack ha problemi con il bullo della scuola. In un primo momento, fa marcia indietro ma, sulla scia delle azioni “eroiche” di suo padre alla tavola calda, decide che il confronto diretto potrebbe essere la migliore linea d’azione. Il debole è allora diventato un vendicatore? Ancora una volta si torna a una questione di identità.

ed harris in A History of Violence (2005)Viggo Mortensen trova il tono perfetto per Tom. In questa performance (ignorata dall’Academy) vediamo un uomo buono e semplice che ha a cuore la sua famiglia e la sua comunità. Ma vediamo anche accenni di qualcos’altro: una personalità più oscura, più decisa. Durante la prima ora di A History of Violence, gli spettatori avranno probabilmente cambiato idea diverse volte sul fatto che Tom fosse Joey, e molto di questo ha a che fare con il modo in cui l’attore interpreta il ruolo.

Al suo fianco, Maria Bello è dinamite, il tipo di attrice che attira l’attenzione della cinepresa. Era dai tempi di The Cooler che non le era più stata offerta una parte succosa e impegnativa su cui lavorare. E, come cattivo, Ed Harris è a dir poco spregevole.

Insomma, A History of Violence può essere visto come un classico thriller, ma per molti versi funziona meglio durante i suoi momenti più tranquilli. Come lascia subito intendere il titolo, questo non è un film tranquillo. Contiene momenti di caos acuto e vizioso, e fioccano i cadaveri. Ma la sua vera forza sta nella sua complessità e nella profondità psicologica.

E, anche se si potrebbe non essere entusiasti su dove A History of Violence guidi il suo pubblico durante i momenti calanti, almeno offre un senso di chiusura e, nella scena finale, anche speranza. Rimane irrisolta, tuttavia, la domanda forse senza risposta se la natura e l’identità di una persona siano fissate oppure fluide.

Di seguito trovate il trailer internazionale di A History of Violence:

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