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Recensione Story | Wanted: Vivo o Morto, Furia Cieca, Sotto Massima Sorveglianza: Rutger Hauer in tre film solo all’apparenza minori

06/09/2019 recensione film di Francesco Chello

Ripercorriamo tre titoli spesso dimenticati - o comunque non abbastanza celebrati - interpretati dall'attore olandese a cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, ricchi di spunti interessanti

Rutger Hauer in Furia cieca (1989)

In questo periodo mi è capitato di sbirciare tra i commenti ai vari articoli su Rutger Hauer. Ero curioso di capire come venisse ricordato sia dal fan che proprio dallo spettatore (più o meno avvezzo) in generale. Il ricordo chiaramente e inevitabilmente spesso si lega al titolo di un film, personalmente collego affetto e stima per l’attore olandese a molteplici pellicole, ed ero curioso di sapere quali fossero quelle che andavano per la maggiore tra il pubblico. Ed è lì che ti rendi conto che Rutger Hauer è uno di quegli attori che se parte la gara dei ricordi, il pubblico tira fuori così tanti titoli che nemmeno te l’aspettavi.

Perché dal giustamente inflazionato nelle commemorazioni Blade Runner, passando per Ladyhawk, The Osteman Weekend, i lavori con Paul Verhoeven e diversa altra roba (che la prima volta vi avevo promesso non mi sarei messo a elencare), si arriva ad una moltitudine di piccoli cult a cui il suo pubblico resta ancora legato. Come, ad esempio, Wanted: Vivo o Morto, Furia Cieca (Blind Fury) e Sotto Massima Sorveglianza (Wedlock), tre film accomunati dal genere d’azione e da un forte spirito anni ’80 (sebbene il terzo film sia del 1991, l’influenza è chiaramente quella), titoli che compongono la nostra terza tappa del ‘Rutger Tour’, giunta all’action dopo aver toccato fantascienza distopica (la prima parte del dossier), poliziesco, horror e thriller (la seconda parte).

wanted vivo o morto posterWanted: Dead or Alive è, a mio parere, il migliore di un trio che comunque (ed ovviamente) apprezzo molto nella sua totalità. Non si tratta di un primato legato ad una questione affettiva (almeno non solo), anzi da quel punto di vista qualche punto in più lo prende Furia Cieca (e dopo ci arrivo), ma per una consapevolezza rafforzatasi col tempo di visione in visione. Wanted: vivo o morto è il più maturo dei tre, maggiormente stratificato nella trama e nella narrazione, infila una serie di buone ragioni che adesso vado ad elencarvi.

A iniziare dal nostro uomo, un Rutger Hauer al top della forma, non a caso l’anno è lo stesso di The Hitcher – anche se, dopo una prima limited release sul finire del 1986, Wanted: vivo o morto viene distribuito a partire dai primi mesi del 1987. Il protagonista è un cacciatore di taglie, si presenta biondissimo, fa pesare il suo carisma portando in scena un personaggio fortemente badass. Un ruolo che offre più sfaccettature che naturalmente Rutger Hauer è bravo a sottolineare, perfettamente in parte, col tempo di dispensare battute ad effetto come mandare a fanculo la ricompensa in maniera … esplosiva.

Un background militare solo accennato portatore di skills sopra la norma, viene subito messo a fuoco da una sequenza introduttiva che sfrutta l’abusatissima situazione del minimarket (un cliché in quegli anni) in cui l’olandese fa pesare il suo fucile, nascosto inizialmente in auto sotto un sediolino per bambini. Tosto e determinato in un lavoro che sembrerebbe non concedergli tempo per gli affetti, a giudicare anche dal posto in cui vive, un vecchio magazzino in cui auto, moto, pesi ed una vera e propria armeria condividono il suolo con effetti personali più tradizionali.

Ma per la serie anche i duri hanno un cuore, arrivano puntuali una storia d’amore ed un’amicizia virile che non solo sono utili alla caratterizzazione del personaggio ma servono a veicolare momenti di forte intensità emotiva, rendendo strettamente personale la missione del protagonista.

Il particolare, sfizioso è che Nick Randall, il personaggio interpretato da Rutger Hauer, è il diretto discendente di quel Josh Randall interpretato dal mitico Steve McQueen in Ricercato vivo o morto, l’omonima serie TV western del 1958 – una piccola figata e, non so voi, ma io ho un debole per queste chicche. La cosa non è estremamente esplicita, c’è giusto una scena in cui Nick Randall racconta del nonno che a sua volta gli parlava delle gesta di suo padre, il bisnonno Josh appunto, mentre sullo sfondo si intravedono alcuni oggetti appesi alla parete, tra cui una vecchissima pistola.

Scena che, insieme ad altre, venne inspiegabilmente tagliata dalla versione arrivata al tempo in Italia, come dimostra il DVD nostrano che in queste sequenze manca di doppiaggio, facendo partire l’audio originale. Momenti decisamente rilevanti che, oltre ai cenni sul passato, approfondiscono la storia d’amore di Randall e che per motivi probabilmente futili (immagino una geniale iniziativa del furbissimo distributore italiano nel tentativo di sfoltire la durata rendendola più canonica) vengono assurdamente rimosse dal cut tutto italiano.

wanted vivo o morto film rutger hauerTornando a Wanted: vivo o morto, è vero che Rutger Hauer cazzuto bounty hunter basterebbe da solo a giustificare la visione ma la trama, come dicevo, riesce ad elevarsi tra terrorismo, intrighi e complotti ai danni di un Nick Randall che a un certo punto diventa una vera e propria esca umana, in una situazione in cui anche i buoni giocano sporco. Il film si mantiene teso, non cerca il ritmo caotico, il regista Gary Sherman dedica il giusto spazio alle varie fasi alternando riuscite sequenze d’azione ad altre addirittura drammatiche.

E poi c’è Gene Simmons dei Kiss, già villain in Runaway, che porta sullo schermo l’azzeccata nemesi di Randall. Uno spietato terrorista arabo con la passione per gli esplosivi (la bomba più fragorosa viene piazzata in un affollatissimo cinema in cui viene proiettato Rambo), nemico legato al protagonista da vecchie ruggini di guerra, trasformate in corso d’opera in vera e propria vendetta personale. Completano il cast Robert Guillaume, William Russ e Mel Harris, nei panni dei personaggi in qualche modo vicini a Randall. Wanted: vivo o morto arriva in DVD italiano nel 2003 per la DNC e nel 2006 edito da Eagle/Passworld, entrambi fuori catalogo ma non del tutto irreperibili.

Per il secondo step di questo nostro trittico ci spostiamo nel 1989, anno di Furia Cieca, nei confronti del quale nutro un piacevole ed affettuoso ricordo. E come me decine di fan di Rutger Hauer, come ho potuto constatare anche nei commenti di cui parlavo in apertura in cui Blind Fury risultava uno dei più citati tra i titoli cosiddetti più piccoli dell’olandese. Forse per i suoi ripetuti passaggi televisivi di quegli anni, probabilmente per il forte spirito di quel periodo che trasuda evidente durante la visione, sicuramente perché trattasi di un action divertente.

Remake abbastanza alla lontana di Zatôichi chikemuri kaidô del 1967, Furia Cieca unisce azione e buoni sentimenti, ironia e combattimenti. Sfrutta lo spunto certamente non nuovo dell’eroe che prende a cuore il ragazzino. Un eroe sicuramente non convenzionale nella sua cecità, un handicap trattato con una leggerezza sempre rispettosa. L’azione è in buone dosi, con svariati nemici fatti a fettine dal protagonista, si alterna a momenti di ironia così come di tenerezza, su tutti una scena finale emotivamente importante. Non mancano cattivi sopra le righe e un final villain (senza nome) affidato nientemeno che alla special appearance di Sho Kosugi, con cui si darà vita ad un gustoso duello conclusivo.

furia cieca poster filmParticolare che mi offre il gancio per elogiare ancora una volta Rutger Hauer che si approccia ai due aspetti determinanti del suo personaggio (la cecità, appunto, e l’uso della spada) con assoluta serietà e disciplina arrivando a parlare del ruolo come uno dei più impegnativi della sua carriera. L’attore indossa l’handicap con naturalezza e discrezione, evita di cadere nel goffo, non sarà l’Al Pacino di Scent of Woman, ma fa la sua figura in un contesto che comunque ha l’intelligenza di non prendersi eccessivamente sul serio. Per quanto riguarda, invece, le doti da spadaccino, Hauer fa ricorso al suo passato da schermitore non rinunciando, altresì, ad un nuovo allenamento in materia.

Ecco, io stimo tantissimo quegli interpreti che hanno un approccio così rigoroso e viscerale nei confronti di qualsiasi produzione affrontino, a maggior ragione nei casi di film di genere verso i quali l’intero sistema (sia produttivo che di pubblico) spesso manca di considerazione, ritenendo poco sfidanti certi ruoli così come la realizzazione di determinate pellicole. L’olandese, invece, si prepara seriamente al ruolo, prima affiancando Lynn Manning, judoka realmente cieco, e poi allenandosi duramente con la spada.

A far compagnia a Rutger Hauer troviamo il giovane Brandon Call, maggiormente noto per la sitcom Una Bionda per Papà, oltre a Terry O’Quinn e la compianta Lisa Blount, particina anche per Nick Cassavetes e Meg Foster, che aveva già lavorato con Rutger nel bellissimo The Osterman Weekend – altro film probabilmente sottovalutato per il solo fatto di essere considerato un Sam Peckinpah minore, come se fosse una colpa dover competere in un curriculum come quello di Bloody Sam. L’australiano Philip Noyce firma la sua prima regia americana, cogliendo subito il mood a stelle e strisce tipico di quella decade.

Il regista firmerà alcuni film anche più noti al grande pubblico rispetto a Furia Cieca, che ciononostante riuscirà a farsi volere bene da un buon numero di giovani cresciuti in quel periodo. Anche stavolta citazione per Rambo, che compare in un poster in camera del ragazzino, oltre che per Il Mucchio Selvaggio da cui vengono presi i nomi di Lyle Pike e Tector Pike. Furia Cieca avrebbe dovuto essere il primo di una trilogia (un sequel era già stato pensato) che a causa degli incassi non verrà mai realizzata. Il DVD italiano edito da Sony/CG è fuori catalogo e di difficile reperibilità.

E veniamo a Sotto Massima Sorveglianza, titolo italiano di Wedlock, che negli USA esce direttamente in TV e home video, mentre in diversi paesi riesce ad arrivare in sala – anche perché, per quanto il budget sia contenuto, non si avverte la sensazione di trovarsi di fronte a un direct to video. La produzione ha una gradita connotazione leggermente vintage. Il film è del 1991 ma, come accennavo in precedenza, siamo sull’onda lunga degli anni ’80, nel piatto gli ultimi residui di quel periodo.

Te ne accorgi dall’atmosfera, dalla musica elettronica di sottofondo, dal tipo di ironia che spezza con cadenza regolare i momenti più seri. E pure dalla pettinatura di Rutger Hauer in stile Enzo Paolo Turchi che ti aspetti Carmen Russo spuntare fuori da un momento all’altro. Ma al nostro replicante perdoniamo volentieri anche il carré, sempre per i motivi e l’affetto di cui ormai sapete.

Sotto massima sorveglianza (1991) rutger hauerAlla base di Wedlock c’è un’idea simpatica ed anche abbastanza sadica. Il personaggio di Hauer finisce in un carcere in cui viene sperimentata una nuova tecnologia anti-evasione: un collare carico di esplosivo (che ricorda un espediente simile presente ne L’Implacabile) il cui detonatore viene attivato nel momento in cui ci si allontana dalla prigione.

Ma il deterrente non finisce qui, il collare è collegato a quello di un altro detenuto ignaro di chi sia il secondo membro della coppia, quindi per evitare di esplodere i prigionieri non solo non devono evadere, ma devono badare che gli altri facciano altrettanto. Per rendere meglio l’idea allo spettatore viene mostrata pure l’esplosione di una coppia di detenuti, con tanto di momenti di panico pre-detonazione e, soprattutto, di doppia esplosione di teste inquadrata in primo piano in pieno stile Scanners.

Rutger Hauer interpreta Frank Warren, un esperto di elettronica che, pur essendo sostanzialmente un buono, si fa convincere dalla sua ragazza e dal migliore amico a partecipare ad un furto per il quale le sue capacità risultano indispensabili. I due lo tradiscono, gli sparano e fuggono. Warren, però, ha nascosto la refurtiva, dopo essere sopravvissuto viene arrestato ed inviato al “villaggio vacanze” (lo chiamano proprio così) di cui sopra. I suoi guai non sono finiti, tutti vogliono le mettere le mani sul bottino, of course.

L’attore olandese regge benissimo l’intero film, aiutato anche da un buon cast di comprimari. Pur non avendo già più una silhouette perfetta appare comunque in buona condizione – considerando anche i suoi 47 anni – e ben calato nella parte. Sembra impacciato quando deve sembrarlo, scaltro quando possibile, strappa più di un sorriso col suo particolare senso dell’umorismo, mena e fa fuori gente quando le necessità lo impongono. La co-protagonista è Mimi Rogers, bella e sensuale nella sua semplicità.

L’ex socio nonché cattivo di turno è interpretato da un James Remar ancora lontano dall’essere il saggio papà di Dexter ma, piuttosto, ha ancora il fare e la faccia da figlio di puttana di Ajax o Albert Ganz di hilliana memoria. Joan Chen, che aveva già lavorato con Rutger Hauer in Giochi di Morte e 2049 Ultima Frontiera, si aggiudica la parte della ex fidanzata psicopatica, mentre nel ruolo del viscido direttore troviamo Stephen Tobolowsky, caratterista che gli anni ’80 / ’90 sembra averli marchiati a fuoco sulla faccia. Nel cast – per 5 minuti e 2 battute – anche Danny Trejo, quando era ancora nella fase di carriera “toh, c’è pure quel messicano figo che fa sempre ruoli di contorno”.

Sotto massima sorveglianza (1991) posterAlla regia di questo simpatico filmetto troviamo Lewis Teague, onesto mestierante già autore di buoni titoli di genere come Cujo e Alligator. Lo so, lo so, Il gioiello del Nilo non era al livello de All’inseguimento della pietra verde, ma non si può avere tutto dalla vita. Teague mette in piedi una pellicola piuttosto scorrevole, priva di momenti morti e con alcune sequenze sicuramente indovinate.

Il film è diviso in più parti diverse tra loro ed assimilabili al luogo ed all’avvenimento. Si parte col prologo della rapina, che tra una sovraimpressione for dummies – “Somewhere in the future” – e alcuni aggeggi vagamente futuristici vorrebbe ammiccare ad un qualcosa di fantascienza. Pochi elementi, comunque, per poter ambire ad aggiungere sci-fi di fianco ad action e crime tra i generi di appartenenza, per cui anche se le convenzioni moderne impongono che “se lo dice Wikipedia è così” io voglio sfidarle sostenendo il contrario.

Si passa, poi, ad una mezzora buona di prison movie con alcune situazioni tipiche del filone che vanno dal detenuto bastardo amico del direttore all’isolamento simil tortura. Vengono buttate lì un paio di dinamiche che avrebbero anche consentito alla storia di svolgersi quasi completamente all’interno del carcere – che poi è quello che lo spettatore è portato a pensare se non conosce il resto della trama. Infine una nuova svolta, un ultimo atto completamente differente con evasione e conseguente fuga on the road e annessa caccia all’uomo.

La tensione è strettamente collegata alla questione collari ed è sicuramente gestita nel migliore dei modi; i due protagonisti rischiano più volte la decapitazione esplosiva, sai già che non moriranno ma Lewis Teague è bravo a tenerti comunque sul filo spostando l’interesse sul come e quando riusciranno a salvarsi di volta in volta. Il duo è braccato e in fuga continua, ma troverà comunque il tempo di innamorarsi e copulare, perché a quei tempi ci stava sempre bene che il personaggio principale si accoppiasse. Prima del confronto finale, con tanto di sparatoria ed esplosioni a cui non ci sogneremmo mai di dire no.

Nessuna citazione a Rambo stavolta, mentre compare Programmato per Uccidere sul tabellone di un cinema. Sotto massima sorveglianza non sarà nell’olimpo della filmografia di Rutger Hauer, tra quelli da citare a tutti i costi se tieni una conferenza sull’olandese, ma appartiene a quella categoria di film di genere a cui dedichi sempre con piacere 90 minuti della tua vita. Attualmente Sotto Massima Sorveglianza è disponibile in DVD italiano targato Eagle/Passworld.

In conclusione, Wanted, Furia Cieca e Sotto Massima Sorveglianza si aggiungono alla lunga lista di piccoli film da ricordare (o riscoprire, a seconda dei casi) in un curriculum come quello di Rutger Hauer probabilmente, come detto altre volte, sottovalutato. Ultimamente mi è capitato anche di leggere pareri ingrati (anche da parte di qualcuno del settore) che ironizzavano sull’ultima fase di carriera dell’attore, quella più ‘alimentare’ in cui il nostro olandese accettava anche ruoli in produzioni di dubbio gusto (alternandole, va detto, a collaborazioni con registi di nome), come se fosse il primo a cui capita una cosa del genere e, soprattutto, come se questa cosa potesse (o dovesse) in qualche modo sminuirne lo spessore e la carriera nella sua interezza.

Qualcuno ricorda Rutger Hauer solo per un paio titoli importanti, basta smuovere le acque e viene fuori che ha preso parte a un numero considerevole di cult o comunque di film benvoluti dal pubblico. Un interprete che riesce a stimolare la discussione in misura maggiore rispetto ad alcuni colleghi apparentemente più blasonati. E che di certo ha lasciato il segno nel mondo del cinema, specie in quello che a noi piace tanto.

Di seguito i trailer internazionali di Wanted, Furia Cieca e Sotto Massima Sorveglianza: