Home » Cinema » Horror & Thriller » Recensione | The Devil’s Doorway di Aislinn Clarke

Titolo originale: The Devil's Doorway , uscita: 13-07-2018. Regista: Aislinn Clarke.

Recensione | The Devil’s Doorway di Aislinn Clarke

16/07/2018 recensione film di Redazione Il Cineocchio

L'horror irlandese che ci porta dentro una delle tristemente note Case Magdalene per ragazze 'perdute' spreca le intriganti premesse per l'abuso di cliché del genere e per un finale registicamente troppo confuso

Quando viene girato un horror indipendente irlandese sulle nefandezze compiute da un gruppo di suore in un fosco convento in cui venivano aiutate donne “sfortunate”, l’amante del cinema del terrore non main stream non può che sentirsi solidale, almeno nei propositi del progetto, a The Devil’s Doorway e in qualche modo sostenere a scatola chiusa la regista esordiente Aislinn Clarke per averci provato, se non per il risultato finale. Ancor più, l’interesse aumenta – in particolare in chi scrive – quando al preambolo vengono aggiunti un tocco di satanismo, misteriose scomparse di neonati, probabilmente infanticidi, nonché un presunto miracolo che in realtà cela qualcosa di assai più sinistro. Si tratta quindi di un mix vincente, sulla carta, per gli estimatori di questo tipo di prodotto, ma il modo piuttosto banale in cui viene sviluppato il concetto rende impossibile un giudizio pienamente positivo a riguardo, seppure esistano delle scusanti, in primis il budget visibilmente limitato.

L’ambientazione indubbiamente ha i suoi pregi: la vicenda (presentata naturalmente come ‘ispirata a una storia vera‘) è collocata in una delle molteplici ‘Case Magdalene‘, istituti religiosi retti da suore per soggetti di sesso femminile ritenuti “immorali” di cui erano disseminate l’Irlanda e l’Inghilterra nel XIX e XX secolo. Quivi venivano rinchiuse, orfane o spesso addirittura dalle famiglie stesse, giovani donne ritenute peccaminose secondo la rigida morale comune, adolescenti incinta e ragazze in generale scomode e costrette a lavorare a ritmi frenetici come lavandaie, nell’ottica di espiare le loro presunte colpe. Operaie non retribuite e sfruttate, il loro operato permetteva notevoli profitti … Partendo da tale contesto, The Devil’s Doorway aggiunge un tocco di oscurità in più al panorama già di per sé piuttosto fosco, presumendo che in una di queste strutture venga celato un segreto indicibile. Siamo negli anni ’60 e il film principia con un presunto miracolo: la Vergine che piange sangue. Una lettera anonima smuove le alte sfere, che inviano così padre Thomas (Lalor Roddy) e il giovane padre John (Ciaran Flynn) a indagare sulla sua autenticità. Dotati dunque di una macchina da presa, per documentare il tutto, i due religiosi iniziano a intervistare le suore e le donne ospiti dell’istituto, nonché a esaminare la statua miracolosa. Tuttavia, man mano che le ricerche procedono, emergono numerosi elementi funesti, John inizia a esperire fenomeni paranormali piuttosto inquietanti, e i due vengono a scoprire una terrificante verità legata a un’adolescente, tenuta nei sotterranei, incatenata.

Le premesse in The Devil’s Doorway sono quindi promettenti, non v’è dubbio, e la prima mezz’ora circa, quella che ci introduce all’ambigua Case Magdalene e alla sua altrettanto losca madre superiora lascia presagire buoni sviluppi. Funziona – seppure ormai abusata e stantia – la scelta del found footage e dello stile scabro da mockumentary, forse perché declinati a un’insolita estetica rétro con tanto di “bruciature di sigaretta” e imperfezioni sulla pellicola. Eppure, quando si arriva al dunque, a concretizzare le premesse, crolla tutta l’impalcatura per un insieme di eccessivo ricorso a cliché ritriti e alla troppa confusione nel portare a termine quanto inizialmente solo suggerito.

Difatti, da un lato, una volta che finalmente si comprende che l’istituto ha terrificanti scheletri nell’armadio (…), assistiamo a una classicissima e ben poco inventiva combinazione di spettrali bambini fantasma alla 1921 – Il mistero di Rookford (The Awakening) e al solito repertorio dell’individuo posseduto, con tanto di levitazione, ansimi vari, frasi urlate in lingue morte, aggressioni inaspettate e forza spropositata, che ha da sempre contraddistinto i numerosissimi emuli del seminale L’Esorcista di William Friedkin. Il tutto si chiude poi con una sconvolgente rivelazione – e l’idea al centro di The Devil’s Doorway sarebbe anche buona -, se non fosse che a quel punto, dove tensione e atmosfera dovrebbero raggiungere l’apice dell’agghiacciante (ci troviamo all’interno di cunicoli in stile catacomba), la regia erratica alla The Blair Witch Project si fa sentire fin troppo, privando il tutto dell’impatto emotivo necessario. Rimangono le solite corse confuse, le immagini mosse e le sagome che appaiono fulminee, ma di cui nemmeno si intuiscono bene i contorni, il tutto condito da qualche urlo e dal rumore di passi e scricchiolii vari. Insomma, se vero è che mostrare troppo non premia, mostrare così poco non può che lasciare altrettanto insoddisfatti. Altra occasione sprecata, è la non troppo celata critica agli ordini religiosi e alla Chiesa stessa, in più passaggi affermata dal vecchio e disincantato padre Thomas, che però si limita qualche secca affermazione e poco più, risultando piuttosto superficiale e poco approfondita, come d’altra parte uno degli aspetti più intriganti di tutti, ovvero le messe nere.

In conclusione, non è giusto bocciare in toto The Devil’s Doorway, un po’ per il ritmo sempre alto, per le ottime interpretazioni di Lalor Roddy e Ciaran Flynn, per i discreti (un po’ troppo ‘moderni’) dialoghi in sceneggiatura e per la storia alla base, affascinante e poco nota da queste parti almeno. Purtroppo, ciò che in principio affascina non trova adeguato compimento e, anzi, soprattutto per quel che concerne le scelte estetiche, è la causa principale della deludente conclusione, non tanto a livello narrativo, ma per la resa formale troppo farraginosa e già vista.

Di seguito trovate il trailer originale: