Voto: 6/10 Titolo originale: The Gracefield Incident , uscita: 21-07-2017. Regista: Mathieu Ratthe.
[recensione] The Gracefield Incident di Mathieu Ratthe
25/07/2017 recensione film The Gracefield Incident di Sabrina Crivelli
Banale a livello visivo e narrativo, l'horror dell'esordiente regista declina il mockumentary a un'invasione aliena senza alcuna originalità
Seppur con qualche variazione sul tema, The Gracefield Incident , scritto e diretto dall’esordiente Mathieu Ratthe, si inserisce a pieno titolo nella pletora di horror in stile mockumentary caserecci, da filmato delle vacanze, con tutti i cliché visivi e narrativi che tale scelta estetica consegue, risultando sovente alquanto scontato nei momenti in cui dovrebbe suscitar più spavento nello spettatore.
La storia è piuttosto elementare, un gruppo di ragazzi si dirige in un cottage disperso nei boschi per il weekend, ma un pericolo si cela nella lussuosa magione e nel circondario: dopo la caduta di un non ben identificato oggetto dal cielo, quello che pare essere un meteorite, una serie di oscure presenze terrorizza i giovani vacanzieri. Da La casa di Sam Raimi a Cabin Fever di Eli Roth, dal più scanzonato e meta-filmico Quella casa nel bosco di Drew Goddard fino al peculiare ed estroso Dead Snow di Tommy Wirkola, il capanno nella natura è un vero e proprio topos della cinematografia del terrore, siano poi i carnefici spiriti, infetti e alsaziani, zombie, o un colorito mix di tutte le categorie possibili, ovvio che gli alieni siano una minaccia altrettanto allettante. Nulla di nuovo, d’altra parte, poiché già nel 2002 con Signs M. Night Shyamalan allocava in un luogo sperduto una home invasion extraterrestre, allora ambientata in una fattoria e incentrata su una famiglia americana, ma il concetto cambia poi tanto?
Dunque, in uno scheletro già più volte sperimentato, anche per il medesimo sottogenere, The Gracefield Incident combina riprese finto-amatoriali e una location convenzionalmente inquietante a quelli che parrebbero violenti incontri del terzo tipo, come peraltro già è stato fatto per Phoenix Forgotten di Justin Barber (la nostra recensione), che è stato realizzato nel medesimo periodo, sempre in presa diretta e con una tecnica volutamente imperfetta e con cui condivide l’argomento, una presenza aliena che minaccia i protagonisti, sebbene con le debite differenze (lì vi è una vera e propria realizzazione di un finto documentario alla base della diegesi, qui si tratta solo di riprese dilettantesche tra amici). Come la tipologia a cui si afferisce vuole, dunque, la pellicola di Ratthe riprende in maniera abbastanza pedissequa una serie di moduli narrativi decisamente ritriti per descrivere le peripezie di quelle che parrebbero le vittime di creature dallo spazio assai malintenzionate nei loro confronti.
In un turbinio di eventi non proprio lineari vediamo infatti gli sventurati ragazzi, Elizabeth Blackburn (Laurence Dauphinais), Julia Gilbert (Juliette Gosselin), Jessica Donovan (Kimberly Laferriere), Alex C. Nachi (Trey Myers), Matthew Donovan (Mathieu Ratthe, ossia il regista / sceneggiatore) e Jonathan Mendez (Victor Andres Turgeon-Trelles), affrontare delle presenze inquietanti: prima un ristretto manipolo maschile vi si imbatte mentre esplora le lande boschive e le grotte circostanti, dopo aver visto un oggetto cadere dall’alto, poi i misteriosi interlocutori dagli arti lunghi e affusolati (la conformazione richiama vagamente quelli di District 9 di Neill Blomkamp) inizia a presidiare e a penetrare nella casa di legno, non si sa bene in che maniera, e ad aggirarsi per le stanze nottetempo, poi i protagonisti si alternano in uscite alla ricerca del disperso di turno, con ovvi epiloghi.
Particolarmente singolare è l’agire degli extraterrestri, che imponendo mani per trasmettere sibillini messaggi di morte, saltapicchiano qua e là, spalancano gli armadietti della cucina e generano interferenze nel televisore come i migliori Poltergeist; non proprio del tutto coerente, nello specifico, è l’utilizzo di indizi che rimandano alla classica haunted house per parlare di invasione extraterrestre e viene naturale domandarsi: perché delle creature dallo spazio dovrebbero lasciare aperte tutte le antine del mobilio in una stanza? Il rapimento alieno è di norma più efficiente e lascia minor traccia, almeno stando a quanto le plurime stagioni di X-Files ci hanno insegnato nel tempo.
Soprassedendo sul dettaglio, il resto è noia … Non mancano, come d’uopo, le corse sfrenate e senza meta nella vegetazione di notte, le riprese mosse e da PDV strani (quando la camera cade a terra ad esempio), le missioni kamikaze di donne urlanti alla ricerca dello scomparso di turno, nonché i monologhi piagnucolanti a lascito in caso di precoce dipartita, ossia tutto ciò che abbiamo già visto in The Blair Witch Project di Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez e nelle sue infinite filiazioni. Ci sono, però alcuni elementi quantomeno non stravisti: in primo luogo, dopo un incidente, Mathieu, incarnato con una buona dose di petulanza dal regista stesso come già specificato, ha perduto un occhio e decide in una casalinga (!) operazione di microingegneria oculare di ricreare una telecamera orbitale che sostituisca l’organo visivo, ovviamente escamotage per ricorrere al continuo POV delle riprese; peraltro si tratta di un espediente del tutto inutile visto che chiunque tra i personaggi, prima di muovere anche un solo passo, si munisce di una videocamera e la casa è dotata di un sistema di sorveglianza che farebbe impallidire quella del caveau di una banca svizzera.
Non solo, l’evento traumatico sopramenzionato è anche l’infausto spunto per tutta una sotto-trama lacrimevole, la perdita di un figlio e la crisi esistenziale che ne discende, che tuttavia è affrontata con estrema superficialità per gran parte del minutaggio, come d’altronde vale per tutte le psicologie messe in scena. A ciò si lega anche il finale edificante e davvero perplimente, su cui non ci si sofferma troppo per evitare SPOILER, ma che risulta fin troppo stucchevole, almeno per un horror di questo tipo.
Piuttosto banale a livello visivo, come nella vicenda narrata, privo di momenti particolarmente avvincenti o terrificanti, The Gracefield Incident riesce a fatica a generare in chi lo guarda qualche salto sulla sedia, ricorrendo a trovate scontate e indulgendo troppo nel patetico.
Di seguito il trailer:
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