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Titolo originale: They Remain , uscita: 28-01-2018. Regista: Philip Gelatt.

Recensione | They Remain di Philip Gelatt

01/06/2018 recensione film di Sabrina Crivelli

Rebecca Henderson e William Jackson Harper sono i due ottimi protagonisti di un horror indipendente ermetico e surreale, forse troppo concettuale per risultare piacevole

Secondo lungometraggio dopo The Bleeding (2011), They Remain di Philip Gelatt conferma il suo approccio intellettualoide e particolarmente ermetico al cinema di genere, che un pubblico avvezzo alla frequentazione dei festival certo potrà apprezzare, ma che risulterà probabilmente eccessivamente ostico per tutti gli altri.

La storia è ambientata in un non ben definito futuro – lo notiamo da ponderati alcuni tocchi ipertecnologici), due scienziati Keith (William Jackson Harper) e Jessica (Rebecca Henderson) si trovano in un bosco sperduto nel nulla del tutto isolati. Una indefinita multinazionale li ha assoldati per indagare i misteriosi fenomeni e i singolari comportamenti delle specie animali osservati nella zona e che sembrano in qualche modo essere legati a terribili eventi del passato riguardanti una setta e i suoi adepti. I protagonisti trascorrono dunque le loro giornate a raccogliere indizi e evidenze fisiche da catalogare in un laboratorio da campo, ma le loro perlustrazioni li portano a una scoperta sorprendente, un antico manufatto dopo il ritrovamento del quale pian piano si iniziano a verificare fatti sempre più sinistri ed inquietanti…

Tipico prodotto da festival di settore, è innegabile, They Remain è un thriller con derive surreali e orrorifiche dall’alto tasso di concettuosità. Anzitutto, non può che risultare indigesto per coloro che sono abituati ai ritmi serrati di molti horror commerciali. Il film di Philip Gelatt ha una narrazione meticolosa e dilatatissima, che si sofferma in maniera quasi ossessiva sui dettagli anche meno d’impatto. Un filo d’erba, una formica che si arrampica su una superficie scabra, i protagonisti che discorrono di argomenti all’apparenza futili, tutto è parte di un errare labirintico, di un flusso di immagini e parole non per forza finalizzate a immediati sviluppi diegetici. Un po’ come un’indistinta marea, ogni fotogramma ci porte sempre più al largo, finché non ci ritroviamo smarriti in lidi inquietanti e profondamente ansiogeni.

Quivi, dopo almeno metà del minutaggio, c’imbattiamo in oggetti totemici e misteriosi dagli arcani poteri, in derive psicotiche concretizzate da una regia e una fotografia stranianti e in singolari incursioni di un passato sinistro, di cui le distese verdeggianti e silenziose sono impegnate. Ottima è allora la tecnica a rendere questa sensazione di perdita dell’orientamento, ben trasmessa da una lata sfocatura dei contorni per le sequenze collocate nella contemporaneità, da un carattere visivo del tutto differente per ciò che concerne invece i passaggi che catturano i riti della setta che una volta abitava quei boschi. Particolarmente interessante è allora la scelta di utilizzare un’estetica da VHS per le sezioni incentrate sui membri del culto che poi, con una sorta di disturbo della video sono alternati al presente dei protagonisti, in particolare di Keith. Tale escamotage intelligente riesce a rendere bene l’idea di allucinazione, di interferenza mentale del punto d’osservazione da cui noi stessi fruiamo They Remain.

Si tratta dunque di un costrutto volutamente oscuro, che i due attori principali, per lunghi tratti gli unici in scena, concorrono a rendere ancor più disturbante. La loro mimica che diviene sempre più stralunata, i repentini cambi d’umore, le azioni ripetitive e compulsive e l’espressione persa di ambedue traducono perfettamente la lenta perdita della ragione richiesta dal ruolo che interpretano. E’ un crescendo estremamente lento ma costante, una deriva dell’anima, una singolare forma di possessione che conduce lo spettatore a un finale scioccante e violento, quanto sibillino.

Vero è che qualcuno potrebbe asserire – e non del tutto a torto – che They Remain sia in diversi passaggi astruso, poco comprensibile. Nulla è mostrato infatti in maniera compiuta, tutto è suggerito e con un non indifferente grado di ermetismo per giunta. Il risultato è pressoché indecifrabile, se si vuole affrontare il materiale – in molta parte pressoché imperscrutabile – con il solo ausilio della logica. Taluni potranno addirittura aggiungere che si tratti di poche idee e confuse, che ammantino una sostanza inesistente dietro a questo abbagliante velo di suggestioni nebulose. Insomma, per farla più semplice che si tratti del tipico caso di tutto fumo e niente arrosto …

Indiscutibilmente il livello di autocompiaciuta enigmaticità è tale da fare quantomeno prendere in considerazione tale ipotesi. Eppure, l’attenzione prestata ai particolari ci induce più a pensare a un lavoro ardito e destinato ex ante a un pubblico elitario; non  si può asserire che sia del tutto esente da pretenziosità, ma serba nella sua natura misterica comunque un suo fascino, che non può essere casuale o mera simulazione di un qualche contenuto. In conclusione, They Remain è un film parzialmente afflitto dalle snobistiche premesse, ma non per questo privo di valore per chi avrà la pazienza di approfondire.

Di seguito trovate il trailer ufficiale: