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Riflessione | Il Festival di Cannes fa bene a bandire i film di Netflix dalla competizione principale?

26/03/2018 news di Redazione Il Cineocchio

Per il 2018, la manifestazione francese non permetterà - al contrario dello scorso anno - al colosso dello streaming di competere per la Palma d'Oro. Una decisione giusta o una scelta poco lungimirante?

L’anno scorso, il Festival di Cannes, considerato da molti il più prestigioso Festival del suo genere al mondo, ha fatto il passo decisivo per consentire ai film originali Netflix di essere proiettati in competizione. Il fanta-dramma ambientalista diretto da Bong Joon-ho Okja e il dramma familiare di Noah Baumbach The Meyerowitz Stories debuttarono infatti nella sezione più importante, permettendo loro di competere per la Palma d’Oro. Sebbene nessuno dei due film abbia vinto alcun premio, entrambi hanno ricevuto un caloroso riscontro di critica, contribuendo specialmente a consolidare il servizio di streaming tra le forze ‘alternative’ da non sottovalutare nel mondo spietato del cinema internazionale.

In quanto film di Netflix, si sono trovati tuttavia al centro della tempesta mediatica che ha coinvolto l’intera manifestazione, insieme a una difficile domanda: opere del genere, dovrebbero essere in primo luogo ammesse nel Concorso principale di Cannes?

Saltiamo in avanti al presente, con Cannes che si sta preparando ad annunciare la nuova line-up. Se le speculazioni si inseguono, possiamo essere certi però che stavolta Netflix non bisserà la prova dello scorso anno, poiché il direttore artistico del festival, Thierry Frémaux ha già annunciato che il servizio di streaming non sarà più idoneo a competere per l’ambìto premio finale. In una recente intervista con Le Film Francais, Frémaux, che è responsabile della selezione del Festival fin dal 2007, ha spiegato così la sua decisione:

L’anno scorso, quando abbiamo selezionato questi due film, ho pensato che avrei potuto convincere Netflix a distribuirli poi nei cinema. Sono stato presuntuoso, hanno rifiutato … I rappresentanti di Netflix hanno adorato il red carpet e vorrebbero essere presenti con altri film. Ma capiscono che l’intransigenza del loro modello è ora l’opposto del nostro. Dobbiamo tener conto dell’esistenza di questi nuovi e potenti giocatori: Amazon, Netflix e forse presto Apple. Difenderemo l’immagine di Festival incline al rischio, che mette in discussione il cinema e dobbiamo essere al tavolo [delle trattative] ogni anno .

Il ragionamento dell’alto esponente di Cannes nel vietare ai film di Netflix la competizione principale – possono invece ancora competere fuori concorso e in altre categorie come Un Certain Regard – sono piuttosto sensati, eppure sembra che, escludendoli, il Festival francese stia deviando dal percorso che il cinema sembra aver intrapreso da qualche tempo.

Come la maggior parte dei festival cinematografici, Cannes è tanto un mercato per l’industria di settore quanto una serie di proiezioni in anteprima per pubblico e critica. Studi, produttori e registi portano i loro film al festival nella speranza di ottenere finanziamenti e distribuzione. Netflix e altri servizi simili come Amazon hanno dimostrato di essere giocatori molto potenti in quel gioco, acquisendo titoli per somme considerevoli durante i festival. In quest’ottica, Cannes potrebbe essere una buona idea per Netflix. Tuttavia, i grandi studi cinematografici che portano i film al festival quando hanno già un distributore, affollando così il mercato di quelli che invece hanno ancora bisogno di tanta attenzione, con ovvi aspetti negativi.

Bisogna poi considerare che il ‘sistema cinema’ francese opera anche su un livello fondamentalmente diverso rispetto alla maggior parte delle nazioni in termini di distribuzione dei film. Il governo transalpino ha varie leggi in atto per supportare sia la produzione cinematografica che le sale locali. Le vendite di DVD sono proibite per quattro mesi dopo la proiezione del film nei cinema, garantendo così ai proprietari entrate solide. Questo modello rappresenta un passo importante nel sostenere l’esperienza cinematografica, viste le difficoltà del box office internazionale (Italia inclusa). Come si può intuire, è anche un modello completamente opposto a quello in streaming proposto da Netflix. Come Frémaux ha detto nella sua intervista, ha cercato di spingere i vertici Netflix a distribuire poi nelle sale i loro film, andando però in tal modo contro al loro business plan: realizzare film e trasmetterli in streaming esclusivamente per convincere le persone a iscriversi al servizio. Qualcosa che di certo non funziona quando realizzi una pellicola, la fai uscire nei cinema e poi devi aspettare quattro mesi prima di poterla mettere a catalogo sul tuo sito …

In ogni caso, si può comunque considerare ai limiti del ‘miracolo’ il fatto che nel 2017 ben due titoli targati Netflix fossero approdati nella sezione più importante e teoricamente ‘elitaria’ della manifestazione francese. Se ricordate, a ogni regista, attore e produttore presente sulla Croisette venne chiesto un pare sulla ‘questione Netflix’ (e curiosamente qualche giorno fa Steven Spielberg stesso ha detto la sua sullo spinoso argomento) ma, indipendentemente da ogni considerazione in merito, Netflix, in molti modi, vinse semplicemente diventando il simbolo dell’anti-establishment. Non avrebbero giocato secondo le regole ‘arcaiche’, quindi sono stati puniti. Quale migliore pubblicità avrebbero potuto chiedere?

Sul lungo termine, precludere a Netflix – o ad Amazon e altri – la partecipazione al concorso principale potrebbe tuttavia essere una mossa sbagliata. Il servizio si è dimostrato un giocatore importante – nonché in espansione – all’interno del mondo del cinema attuale, investendo importanti somme in praticamente ogni genere e attirando spettatori di ogni età. Un film come The Meyerowitz Stories potrebbe non incoraggiare le masse di nuovi abbonati, ma ha sicuramente contribuito a definire Netflix come uno studio disposto a sostenere film ritenuti troppo rischiosi o non sufficientemente efficaci per il mercato indie (e ha anche incoraggiato Noah Baumbach a firmare con loro per un altro film esclusivo). Questo approccio non convenzionale ha conquistato molti personaggi, tra cui un certo Martin Scorsese. Il suo ultimo film, The Irishman (125 milioni di dollari di budget, Robert De Niro e Al Pacino tra i protagonisti)) sarà infatti un’esclusiva di Netflix. E questo è proprio il tipo di opera che Cannes solitamente si sforza di includere nella propria line-up, ma ora semplicemente non è più consentito. Se nel prossimo futuro – cosa peraltro non così chimerica – sempre più autori decideranno di dirigersi verso l’esclusiva streaming, scegliendola al posto dei distributori più tradizionali, per il Festival di Cannes sarà certo un problema e ciò non farà altro che danneggiare il suo prestigio. Con sommo gaudio della Mostra del Cinema di Venezia, che al momento non si è espressa ma che appare decisamente meno intransigente e lungimirante.

Insomma, non pare ci sia il rischi imminente che Netflix decida di cambiare il proprio modello di business, e sicuramente non per andare incontro a Cannes. Il colosso americano non ha nulla da perdere dall’essere bandito dalla manifestazione francese, che al contrario potrebbe finire con l’apparire irrimediabilmente arcaica mentre il cinema avanza verso un’era veramente digitale. La loro decisione resta comunque comprensibile e ammirevole nel modo in cui rimane fedele al modo classico di intendere il cinema (per non parlare della legge locale), ma con Netflix che continua a raccogliere sempre più utenti e talenti dalla sua parte, riconsiderare la propria posizione potrebbe avere un senso.

Fonte: SC