Voto: 4.5/10 Titolo originale: Terminator 2 , uscita: 17-03-1989. Regista: Bruno Mattei.
Riflessione: Terminator 2 di Bruno Mattei, ovvero come plagiare James Cameron e farla franca
25/06/2018 recensione film Terminator 2 - Shocking dark di Sabrina Crivelli
Riguardiamo il misconosciuto B-movie del 1989, che copia sfacciatamente intere sequenze e dialoghi di Terminator e Aliens - Scontro Finale
Se, come affermava il britannico Charles Caleb Colton, “L’imitazione è la più sincera delle adulazioni”, allora Bruno Mattei – aka Vincent Dawn – nel suo Terminator 2 (sic!!), anche conosciuto con il titolo internazionale di Shocking Dark o Terminator II ha nel 1989 manifestato il complimento definitivo a James Cameron. Difatti, il B-movie italiano attinse a piene mani non da uno – quello del titolo, bensì da due dei più noti film fanta-horror degli anni ’80 diretti dal regista canadese.
Non era inusuale che i registi di cinema di genere nostrani prendessero ampia ispirazione dai grandi successi coevi come 1997: Fuga da New York, Alien, Lo squalo o Mad Max. Tra gli esempi meglio riusciti ci sono veri e propri cult quali Scontri stellari oltre la terza dimensione (Starcrash) e Contamination di Luigi Cozzi, oppure 1990 – I guerrieri del Bronx di Enzo Castellari e 2019 – Dopo la caduta di New York di Sergio Martino.
Tuttavia, Terminator 2 si staglia a un livello del tutto differente, raggiungendo nuove assolute vette. Difatti non si tratta più di evocare le atmosfere di un blockbuster o dell’altro, ma di prendere ‘a prestito’ intere sequenze e ricrearle pari pari senza troppi complimenti.
D’altro canto è palese che il film di Bruno Mattei non solo si proponga come clamoroso sequel del capolavoro cameroniano del 1984 (curiosamente anticipando Il Giorno del Giudizio, che sarebbe arrivato nei cinema solo nel 1991), creando una non indifferente confusione nello spettatore, ma peschi anche a piene mani dalla trama di Aliens – Scontro Finale (il nostro dossier a riguardo), riproponendolo pressoché pedissequamente, salvo che al posto di una missione spaziale la storia era ambientata interamente sulla Terra, a Venezia per essere precisi.
In un futuro imprecisato, l’ambiente è contaminato da un virus implacabile e l’umanità vive rintanata nel sottosuolo. Quando un gruppo di mutanti inizia a imperversare nei tunnel, la evocativamente auto-nominatasi Megaforce viene inviata a indagare.
Il manipolo è composto tra gli altri da una replica di Vasquez – ossia Koster (Geretta Geretta), la dottoressa civile Sara Drumbull (una Haven Tyler che molto somiglia alla Ripley incarnata da Sigourney Weaver) e dal bel tenebroso Samuel Fuller (Christopher Ahrens). La spedizione è finalizzata a una missione di salvataggio in un avamposto scientifico finanziato dalla fosca Tubolar Corporation, a seguito di un inquietante video messaggio. Si susseguivano poi, in uno sviluppo surreale e non esattamente sensato, scienziati pazzi, creature aliene e una giovanissima sopravvissuta, Samantha (Dominica Coulson). Ci sono perfino interi scambi di battute strappati in maniera pedissequa dal classico del 1986, come il seguente tra la scienziata e la ragazzina:
“Mamma diceva sempre che i mostri non esistono, invece non è vero” […]
“Però promettimi che rimarrai sempre con me”.
“Promesso. Non ti lascerò nemmeno un minuto”.
“Croce sul cuore”.
“Potessi morire”.
Vi ricorda qualcosa?
E c’è di più: ricordate quando Hicks (Michael Biehn), Hudson (Bill Paxton) e Ripley sono in attesa dell’assalto degli Xenomorfi e guardano il localizzatore, sul cui schermo compaiono i puntini luminosi in arrivo verso la loro posizione, ma non riescono a vedere nulla lì davanti?
Eppure la spia segnala all’impazzata un avvistamento imminente … e infine scoprono che le creature dal sangue acido si muovono non nei corridoi ma nei condotti di areazione al di sopra delle loro teste? Ebbene, Bruno Mattei rigira qui tale sequenza praticamente passo per passo. Avete inoltre presente quando Bishop (Lance Henriksen) sta procedendo alla dissezione di un Facehugger morto, per un breve istante sono inquadrati i suoi occhi, e abbiamo la sensazione che sia folle almeno quanto Ash (Ian Holm) nel primo Alien? Possiamo ritrovare tutto, con una lieve variazione su tema, proprio nel matteiano Terminator 2.
L’unica differenza rilevante, quindi, è sostanzialmente data dal fatto che qui l’azione non è collocata su LV-426, bensì in una Venezia post-apocalittica, dove la laguna è ormai priva di vita marina perché un’alga tossica aveva ha eliminato tutto l’ossigeno nell’acqua.
Così, nell’anno 2000, la secolare città è rimasta solo una landa desolata e inaccogliente, mentre i sopravvissuti sono stipati in strutture sotterranee, esattamente come i terrafondatori di Aliens – Sconto Finale lo erano in una base spaziale.
Una creatura mutante quindi si infiltra nel sistema di tubature, accedendo all’interno del complesso, eliminando tutti a parte la novella Newt, incarnata dalla Coulson. Una volta che il cast arriva a destinazione, il film si scrive praticamente da solo, forse anche perché il copione è stato in effetti già scritto circa 4 anni prima da James Cameron.
Perfino lo strano predatore, qui semplicemente un mutante, è un gigantesco insettoide non poi così distante dagli Xenomorfi come idea, a eccezione fatta che in questo caso ha occhi scarlatti e si diverte a scaraventare controfigure giù dalle passerelle sospese. Gli effetti speciali, ovviamente pratici, sono infine da film ultra low-budget, esattamente come le parti di script non plagiate e le battute, spesso non esattamente raffinate.
Tra una sceneggiatura indegna, un’ambientazione posticcia e una viscida creatura affetta da esoftalmo, Terminator 2 risulta tanto incredibile da essere quasi poetico, ai margini del sublime.
D’altra parte l’eroico regista, che collabora anche qui come in molti altri casi col fido Claudio Fragasso, ha realizzato più di 40 film nella sua lunga e prolifica carriera e tutti altrettanto eccentrici. Dopo aver trascorso buona parte degli anni ’70 e ’80 intento a girare pellicole erotiche come Porno Holocaust (1981) – insieme a Joe D’Amato – Mattei decise infatti di dedicarsi all’horror (tra i titoli più noti c’è Rats – Notte di terrore del 1984, anch’esso ispirato a Fuga da New York e Mad Max).
Allo stesso modo, Fragasso ha all’attivo, come sceneggiatore, una “ricca” filmografia tra cui non brillano Monster dog – Il signore dei cani (da lui diretto), Hell Of The Living Dead (considerato uno dei peggior film di zombi di tutti i tempi), il già citato Rats e Blade Violent – I violenti, tutti diretto dall’amico Bruno Mattei. Nel 1990, Fragasso co-sceneggerà e dirigerà Troll 2, altro ‘numero 2’ di rara dozzinalità.
Tornando però a Terminator 2 (o Shocking Dark o Alienators, com’è noto in Giappone), chi lo abbia visto sa che è davvero impossibile sorvolare a cuor leggero su svariati momenti. Sembra davvero di essere davanti a un Aliens – Scontro Finale dilettantesco, ambientato in una timeline alternativa e girato in una dimensione in cui James Cameron non è mai nato.
Eppure al contempo questo déjà–vu da incuboè irresistibilmente affascinante e incredibilmente divertente. Molti dei cloni di Alien sono infatti più truci, foschi e cruenti, ma il film di Bruno Mattei, non avendo i fondi sufficienti per effetti speciali di un certo livello, finisce per risultare più simile a un episodio medio di Doctor Who. Così il nido degli alieni è ricostruito con poco più di un pugno di appiccicoso arnamentario carnevalesco – pensate alle finte ragnatele che circondavano i castelli posticci nei vecchi film horror della Hammer.
A ciò si somma che gli sventurati attori che incarnano la creatura mutante indossano un costume così pesante che riescono a muoversi a malapena. E poi c’è Samuel Fuller, essenzialmente l’omologo di Carter Burke (Paul Reiser) in Aliens, ovvero il rappresentante della Tubolar Corporation che ha chiaramente una certa idea di ciò che sta realmente accadendo. A un certo punto, sta giocherellando con un computer e cercando di scoprire le origini delle terrificanti creature, quando professa soddisfatto:
È incredibile. Geniale. Bastardi. Ce l’hanno fatta, l’hanno fatto! È praticamente il DNA! Anzi, è un enzima simile al DNA completamente ridisegnato dal computer. Un capolavoro. Un capolavoro di ingegneria genetica. La cibernetica applicata alla tecnologia molecolare: non è vivo finché non trova qualcosa in cui vivere.
Insomma un perfetto spiegone! Se il cuore del mistero è reso cristallino in una manciata di secondi, a rimanere un enigma è invece Fuller stesso. I suoi movimenti sono così rigidi a causa della cattiva recitazione o sono intenzionali? Non dovrebbe battere le palpebre di tanto in tanto?
Vero tocco di genio, la vera natura del personaggio viene allora a un certo punto rivelata e … Samuel è un cyborg simile al Terminator di Arnold Schwarzenegger! Infatti il robot annuncia di essere “la creatura più perfetta mai costruita dalla Tubular Corporation”. Se poi, come la dottoressa Drumbull, anche voi vi siete chiesti perché non abbia eliminato prima i suoi compagni di spedizione, avrete una risposta a dir poco fantastica:
Perché stavo aspettando il momento giusto. Vale a dire: ora.
Dunque, abbandonata l’apertura in pieno stile Aliens, Terminator 2 comincia a emulare in maniera ragguardevole il capolavoro di Cameron del 1984 (e a giustificare il suo titolo —) divenendo un ibrido ancora più stravagante. Quella che inizia come la versione girata da una troupe di scolaretti del film dell’86, improvvisamente prende una svolta netta nell’ultima mezz’ora, quando i cloni di Ripley e Newt sono inseguiti da Samuel, ormai divenuto a tutti gli effetti l’emulo del T-800!
A questo punto, la comparsa di una macchina del tempo non sembrerebbe poi così improbabile … E nemmeno ci stupisce allora la scena in cui la Dott.ssa Drumbull attacca il Terminator brandendo una bottiglia rotta e gli provoca una ferita al volto rendendo visibile il suo occhio da cyborg sotto la pelle … Vi ricorda niente?
Se qualcuno, arrivato a questo punto, si sta ancora chiedendo quale sia lo scopo della Tubular Corporation, non può che rimanere tuttavia deluso.
Ormai è palese che non vi sia logica alcuna dietro il malvagio disegno della compagnia, e l’unica cosa che ci è concesso sapere è che ha distrutto deliberatamente Venezia in modo che il valore dei suoi beni immobili, artistici e museali potesse in qualche modo aumentare, peraltro convinta di uscirne perfettamente pulita (come veniamo a sapere dalle parole di Samuel).
Per quanto si susseguano strambe trovate narrative ed estetiche, e nonché il plagio continui senza soluzione di continuità, ciò non vuol dire che Bruno Mattei e Claudio Fragasso non abbiano prestato attenzione ai minimi dettagli. E’ affascinante osservare il modo in cui Terminator 2 cerca di riproporre in chiave italica e pauperista l’anima noir tecnologica dei capolavori di James Cameron.
Il duo avrà anche scarseggiato parecchio in fantasia, ma non si può certo dire che non abbia fatto i propri compiti a casa nello studiare a fondo i modelli alla base. E si tratta di citarne anche i minimi particolari. Ad esempio, Samuel calpesta un’automobilina telecomandata, facendo eco alla sequenza in cui il T-800 incarnato da Schwarzenegger passava sopra un piccolo camion giocattolo in Terminator.
Oppure, quando i soldati della Megaforce s’imbattono nella giovane sopravvissuta, Samantha, anche lei morde la mano di uno di loro, proprio come Newt faceva con quella di Hicks in Aliens. Individuare tutte queste piccole citazioni diventa quindi un’operazione geek particolarmente esaltante, per la serie, “trova le differenze”. Un’operazione tutt’altro che oziosa.
Inevitabilmente, la flagrante violazione del copyright di Terminator 2 (è rimasto inedito fino al 2018 negli Stati Uniti) e il livello della produzione più in generale, realizzata praticamente dentro uno scantinato umido, hanno reso assai ridotte le sue possibilità di un ampio successo commerciale internazionale.
Né, viste anche le capacità attoriali dubbie, gran parte del cast è poi stato scelto per progetti migliori: per Haven Tyler, la novella Sarah Connor / Ripley, per Dominica Coulson, che interpreta la nuova Newt, e per Bruce MacFarland, che interpreta il colonnello, questa è stata la prima ed ultima esperienza davanti alla macchina da presa.
Uno dei pochi attori che invece ha avuto una carriera ‘regolare’ è stata Geretta Geretta, avendo preso parte anche a Rats e a Dèmoni di Lamberto Bava. Poi c’è Clive Richie, che compare brevemente nei panni di uno scienziato urlante e che ha partecipato nel 1994 a Dellamorte Dellamore di Michele Soavi, per poi proseguire come doppiatore in film d’animazione come Titanic – La leggenda continua del 2000. Per quanto riguarda infine Bruno Mattei, ha continuato a realizzare film sia erotici che del terrore fino alla sua morte, avvenuta nel 2007.
Di seguito trovate il trailer internazionale che vi da subito un’idea del livello generale:
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Fonte: DoG