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Voto: 6.5/10 Titolo originale: 2019 - Dopo la caduta di New York , uscita: 22-07-1983. Regista: Sergio Martino.

Un Oscuro Scrutare | 2019 – Dopo la caduta di New York di Sergio Martino

16/06/2018 recensione film di Lorenzo Di Giuseppe

Pur inglobando i clichè del cinema sci-fi USA primi anni '80, quello con Michael Sopkiw è un film che riesce a emergere come gioiellino nostrano del genere

2019 – Dopo la caduta di New York

2019 – Dopo la caduta di New York (1983) è un film diretto da Sergio Martino (sotto lo pseudonimo di Martin Dolman) e scritto da Ernesto Gastaldi (aka Julian Berry), sceneggiatore di numerosi spaghetti-western e noir che ha collaborato anche con Mario Bava e Lucio Fulci, e dallo stesso Martino. Il lungometraggio, girato con un budget di 750 mila dollari tra Roma, New York e l’Arizona, nonostante le critica nostrana abbia espresso pareri poco benevoli (per usare un eufemismo) nei suoi confronti all’epoca dell’uscita nei cinema, andò abbastanza bene al botteghino, soprattutto negli Stati Uniti, fino ad assurgere addirittura allo stato di cult, non solo grazie alle rivalutazioni di importanti registi contemporanei, su tutti Quentin Tarantino, ma anche per le sue qualità intrinseche.

In un 2019 distopico e post-atomico il mondo è diviso tra la Confederazione Americana e gli Eurac. I sopravvissuti della guerra nucleare non possono più riprodursi, poiché le donne hanno perso la fertilità a causa delle radiazioni e il genere umano sembra essere destinato all’estinzione. La Confederazione viene a sapere che a New York si trova l’ultima donna fertile e il Presidente incarica così Parsifal (Michael Sopkiw), un guerriero della strada, di recuperarla, promettendogli un posto sull’astronave pronta a partire per un altro pianeta. Nel suo viaggio il protagonista si imbatterà in replicanti, lotte all’ultimo sangue e fughe nelle fogne, fino a una conclusione al sapore dolceamaro.

E’ interessante notare anzitutto alcuni aspetti che più di altri caratterizzano la pellicola, a cominciare dal citazionismo quasi estremo presente praticamente lungo tutto il minutaggio, non da biasimare per la scarsa inventiva, ma a posteriori fulgido esempio di come al tempo in Italia i filmmaker riuscivano a ‘far propri’ i blasonati modelli americani, rielaborandoli in povertà ma con dignità. Si parte con la saga di Mad Max di George Miller, in particolare con Interceptor – Il guerriero della strada (Mad Max 2 – The road warrior, 1981) per l’ambientazione desertica, lo scontro con automobili modificate e l’abbigliamento del protagonista Parsifal.

Segue Blade Runner di Ridley Scott (1982) per la presenza dei replicanti tra gli uomini, qua con una connotazione prettamente negativa, essendo visti sì come macchine efficientissime, ma fredde, senza emozioni, incapaci di giudicare in base al contesto e alla situazione specifica e quindi imparagonabili agli uomini e perciò spesso criticate.

Vengono ‘omaggiati’ anche i praticamente coevi 1990 – I guerrieri del Bronx (1982) e il sequel Fuga dal Bronx (1983), entrambi diretti da Enzo G. Castellari, specialmente nelle scene in cui i personaggi si muovono tra le fogne, mentre la saga de Il pianeta delle scimmie viene ripresa attraverso uno dei clan che abitano New York. Ultimo in questa lista è 1997: fuga da New York (1981) di John Carpenter, uno di quei film che ha dato il via a un filone del post-apocalittico e che inevitabilmente diventa cult e ‘standard’ con cui misurarsi (come ammesso, più o meno …,  dallo stesso Sergio Martino).

Un altro aspetto singolare di 2019 – Dopo la caduta di New York è la presenza di certi rimandi al Medioevo: i costumi costituiscono una parte fondamentale di questo immaginario e infatti Parsifal (nome anche questo ben radicato nella cultura medievale, visto la sua derivazione dalla mitologia e dalle leggende del ciclo arturiano) indossa una giacca di pelle con parti esterne visibili in cotta di maglia. Poi, oltre ovviamente alla continua situazione di degrado morale e civile messa in scena nella città, la scelta dei cavalli, simil-elmi e balestre spara-laser per le guardie Eurac dimostrano ancor di più il peso di questo buio periodo storico all’interno del film.

L’intervento sui costumi da parte di Adriana Spadaro, conosciuta forse più per le collaborazioni su alcuni titoli del filone della commedia sexy all’italiana, si dimostra in tal senso efficace. Inoltre, l’inserimento di alcune sequenze splatter, ben realizzate nonostante i pochi fondi a disposizione, creano quella crudezza di linguaggio cinematografico che si adatta perfettamente al cinema di genere. La più nota è probabilmente quella in cui Russell (Romano Puppo), guardia del corpo di Parsifal dotata di un gancio meccanico al posto della mano, acceca uno dei capi degli Eurac facendo sgorgare copiosamente il sangue dalle sue orbite.

Gli effetti speciali vennero affidati alle cure di Paolo Ricci, della famosa casa Fx Ricci (al lavoro anche su Nostalghia di Andrej Tarkovskij), che si focalizza – oltre che sui pochi momenti grandguignoleschi – sulle esplosioni, sulle miniature della città distrutta e sul trucco dei personaggi. Menzione speciale anche per le incalzanti musiche degli ispirati Guido e Maurizio De Angelis.

Importante sottolineare la regia dinamica di Sergio Martino, in cui tutto è funzionale alla narrazione e nessuna inquadratura viene sprecata: un montaggio che taglia i momenti di noia che potrebbero appesantire la visione e predilige piuttosto le scene di azione e di movimento. Azzeccata poi la fotografia di Giancarlo Ferrando, impreziosita dalla scenografia di Antonello Geleng (Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato e Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci).

E’ il finale che può essere invece considerato la vera nota stonata di 2019 – Dopo la caduta di New York (assieme alla recitazione di alcuni attori). L’ultima scena, in un più unico che raro lieto fine per il sottogenere, vede Parsifal e l’ultima donna fertile rimasta sulla Terra partire con un astronave verso un altro mondo, mentre il pre-finale stucca un po’, risultando eccessivamente smielato a causa della morte di Giara (Valentine Monnier) e di come il protagonista manifesta il suo lutto, in contrasto con l’aridità di sentimenti e emozioni fino a quel punto mostrata. Menzione ulteriore la non-conclusione dei propositi di cattura dei fuggitivi dalla blindatissima New York da parte del capitano degli Eurac, Ania (Anna Kanakis), che viene inspiegabilmente dimenticata.

Piccoli difetti che non inficiano la visione nel suo complesso, ma anzi dimostrano come anche un film non perfetto possa diventare di culto – almeno per alcuni – per alcune scelte ‘originali’ e per un certo modo di intendere il cinema post-apocalittico da parte del suo regista.

Di seguito il trailer di 2019 – Dopo la caduta di New York: