L'ennesima bambola indemoniata è al centro del terzo sconclusionato capitolo di una saga horror indonesiana di cui non si sentiva decisamente il bisogno
La bambola indemoniata è nel tempo diventata una vera e propria icona horror, molte ne sono le declinazioni, da quella grottesca al centro di La bambola assassina (Child’s Play) – e dei suoi numerosi seguiti – creata da Don Mancini al più recente Annabelle (corredato anch’esso di sequel) di John Leonetti. Le saghe con al centro un maligno giocattolo spiritato non sono dunque una novità, anzi, in generale si tratta di un filone già fin troppo esplorato, basato su meccanismi narrativi e su un’estetica piuttosto convenzionali e ritriti, risultando così prevedibili non solo per chi è cultore della cinematografia del terrore, ma perfino per chi non ne è grande conoscitore. Lo stesso discorso è valido per Sabrina, film dell’orrore proveniente dalla remota Indonesia da poco approdato direttamente nel catalogo Netflix diretto da Rocky Soraya e scritto da Fajar Umbara e Riheam Junianti.
Stacco. Vanya (Richelle Georgette Skornicki) ha appena perso i genitori e viene adottata dagli zii Maira (Luna Maya, già protagonista in The Doll 2) e Aiden (Christian Sugiono). La bambina è introversa e sempre triste, così i genitori addottivi cercano di rallegrarla regalandogli vestiti, un Ipad, infine una bambola (Sabrina per l’apppunto) che pare in effetti migliorare in maniera esponenziale il suo umore. Fatto sinistro, la ragazzina dichiara tutta felice di giocare con la madre comparsa. Non solo, il giocattolo che tanto la rende felice inizia a comparire nei posti più strani, pare muoversi da solo, apre e chiude gli occhi e agisce in maniera sempre più inquietante. Segue una vacanza al mare all’insegna del paranormale, dopo la quale Maira e Aiden decidono di chiedere l’aiuto di Laras, persuasi che uno spirito con intenti non esattamente benigni li stia perseguitando. La medium rivelerà loro il segreto dietro alla presenza infestante e cercherà di rispedirla nell’aldilà…
Tuttavia, in una libera reinterpretazione del celebre strumento per le sedute medianiche, nell’horror di Rocky Soraya è usato un un cartoncino quadripartito, su cui è scritto “Charlie … Charlie” (nome che bisogna ripetere per iniziare la consultazione), e una matita che lo spirito fa ruotare in base alla risposta. Ovviamente si tratta di un viatico per il Male. Inoltre, come in Ouija, in principio l’entità non si può vedere direttamente, ma diversamente dal predecessore a renderla visibile non è la superficie trasparente al centro della Planchette (l’indicatore con cui vengono date le ‘risposte’ sulla tavoletta), ma un gioco per iPad! Purtroppo per lo spettatore, però, questo è tutto ciò che c’è da salvare…
Analogamente, le psicologie dei personaggi sono tutt’altro che curate, non tanto per una cattiva interpretazione del cast – che fa quello che può con il materiale a disposizione -, ma per la stereotipizzazione discendente da un copione piuttosto deludente. Così abbiamo soggetti monotematici, maschere senza sfumature, come l’orfana sconsolata, la matrigna buona, la medium visionaria. A ciò si somma un tocco di melodramma familiare – anche quello non particolarmente elaborato nel dettaglio – con tanto di gelosie tra fratelli, sotterfugi e perfino un patto demoniaco. In questo ricorda parecchio May the Devil Take You.
Si sentiva il bisogno di un altro horror su una bambola demoniaca, ennesimo capitolo di una saga non proprio entusiasmante, direttamente dall’Indonesia? Probabilmente no, ma tant’è.
Di seguito intanto il trailer internazionale del film: