David Ayer torna dietro alla mdp per un'opera fuori tempo massimo e che disperde le buone idee in una durata insufficiente a svilupparle a dovere
Quando pensiamo a un “film con Jason Statham“, probabilmente la mente va a The Transporter, o a Crank, o persino a The Mechanic – action thriller relativamente poco impegnativi (ma piacevoli) che avevano compreso bene l’aspetto più fascinoso del loro protagonista: la sua capacità di dare e ricevere punizioni fisiche mantenendo un sarcastico senso dell’umorismo.
Ahinoi, i tempi di questo tipo di “film di Jason Statham” sono però ormai lontani. Ultimamente, i film di Statham hanno cercato di ‘reinventarlo’ come un moderno Steven Seagal: una macchina da guerra priva di personalità e dall’aspetto amorale che, come un orologio Timex, si fa prendere tranquillamente a calci ma continua a funzionare.
In The Beekeeper, esattamente come è accaduto per quasi tutto ciò che ha fatto nell’ultimo mezzo decennio, l’attore britannico è così a disposizione per incassare un assegno in cambio di un nome conosciuto dal grande pubblico.
Una delle stranezze del film è che la storia di fondo ha del potenziale. La sceneggiatura, tuttavia, (accreditata a Kurt Wimmer), è tremenda. I dialoghi puzzano di muffa e ogni logica finisce velocemente fuori dalla finestra. La metafora centrale, secondo cui l’Adam Clay di Statham è l’equivalente umano di una “letale ape regina”, è fastidiosamente abusata.
Ci sono alcune scene di combattimento discretamente coreografate e due belle esplosioni, ma questo tipo di show non è certo un motivo sufficiente per alzarsi dal divano e andare al cinema.
La storia ipotizza che Clay, un apicoltore solitario, sia in realtà un Apicoltore in pensione (con la “A” maiuscola) – l’agente d’élite di un’organizzazione clandestina che esiste al di fuori del governo e che ha il compito di ristabilire l’ ‘equilibrio’ quando questo è necessario.
Si tratta del solito cliché da thriller spionistico che ha alimentato innumerevoli altri film, ma che di solito viene applicato con un po’ più di intelligenza e molti meno spiegoni. The Beekeeper decide infatti che abbiamo bisogno di un monologo di cinque minuti (per bocca di Jeremy Irons) che tratteggia in modo estremamente dettagliato i parallelismi tra il Clay apicoltore e il Clay Apicoltore. A proposito di Irons, è uno dei tanti volti noti della vecchia scuola che fanno la loro comparsa (e prendono un compenso …). Gli altri sono Phylicia Rashad, Minnie Driver e Jemma Redgrave.
Mentre Clay è fuori a raccogliere il miele (non è una metafora), la sua amica e vicina di casa, Eloise (Rashad), scopre che il suo computer è stato infettato da un virus. Chiama quindi il numero dell’assistenza tecnica che appare sullo schermo e viene messa in contatto con il rapace Mickey Garnett (David Witts), il cui obiettivo è ottenere le sue password e prosciugare i suoi conti bancari.
Una volta compresa la realtà di ciò che le è stato fatto, Eloise si fa saltare le cervella. Clay trova il corpo proprio quando la figlia di Eloise, l’agente dell’FBI Verona Parker (Emmy Raver-Lampman), arriva a casa per fare visita alla madre. Dopo essere stato scagionato dall’omicidio, Clay decide che l’alveare ha bisogno di essere ‘riequilibrato’ e mette gli occhi prima su Mickey e poi sull’uomo che si cela dietro i suoi nefasti traffici, il playboy Derek Danforth (Josh Hutcherson).
Derek è protetto da alcune persone potenti: l’ex direttore della CIA Wallace Westwyld (Irons), l’attuale direttore della CIA Janet Harward (Driver) e la Cara Vecchia Mamma (Redgrave).
Di tanto in tanto vengono proposte idee valide, o almeno potenzialmente interessanti, che vengono rapidamente insabbiate quando il regista David Ayer si rende conto che non c’è modo di farne nulla, dati i vincoli di una durata di ‘appena’ 105 minuti.
Due decenni fa, quando David Ayer stava iniziando la sua carriera di sceneggiatore, scrisse un paio di film iconici: Training Day (che consegnò un Oscar a Denzel Washington) e Fast & Furious (il primo capitolo di un franchise che ancora galoppa).
La sua permanenza dietro alla mdp non è stata altrettanto proficua e, soprattutto negli ultimi tempi, lo ha portato a pessimi film e a scelte professionali peggiori. Come per un “film di Jason Statham”, si va a vedere un “film di David Ayer” sperando in una sorta di ritorno indietro nel tempo. Una collaborazione Ayer/Statham nel 2005 avrebbe potuto essere eccitante. Una collaborazione tra i due nel 2024 è qualcosa da evitare, in termini sia di tempo che di denaro da investirci.
Di seguito trovate il trailer di The Beekeeper, nei cinema dall’11 gennaio: