Dossier – Storia dell’animazione per adulti (Parte I)
01/10/2016 news di Alessandro Gamma
Comincia un viaggio lungo un secolo alla scoperta di quei cartoon meno pubblicizzati presso il grande pubblico e spesso invisibili che hanno fotografato gli usi e i costumi della società con mezzi spesso sovversivi e provocatori
Breve introduzione al ‘sottogenere’
L’animazione è tipicamente pensato come un genere per bambini e famiglie – non c’è niente da fare su questo punto. I primi cortometraggi animati prodotti in Occidente si sono ispirati in gran parte ai fumetti, e si sono fatti via via più sofisticati attraverso forme teatrali come il teatro di figura e la pantomima – forme che hanno tradizioni antiche e per ogni tipo di pubblico in alcune società (in Giappone, per esempio), ma sono state pensate allo stesso modo come di interesse per i bambini in Europa e negli Stati Uniti. Anche prima che l’onnipresenza di Walt Disney solidificasse l’idea che l’animazione fosse materia per i bambini, “i cartoni animati per adulti” erano un concetto fondamentalmente di nicchia.
Non che i registi non abbiano cercato di cambiare questa situazione: la squadra dei Looney Tunes della Warner Bros ha notoriamente provato a condire i suoi corti ostentatamente orientati ai più giovani con gli animali parlanti con una sensibilità maggiormente sarcastica e con tocchi di cultura pop con lo scopo di attirare anche l’attenzione dei più grandi, e niente meno che Walt Disney in persona negli anni ’40 aveva immaginato Fantasia (che accoppiava sequenze animate astratte ed espressioniste alla musica classica diretta da Leopold Stokowski) come un tentativo per stabilire la capacità dell’animazione di trattare argomenti più sofisticati. Purtroppo per Walt, la grande parte del pubblico mainstream si scrollò dalla mente il film fino a quando la sua popolarità non si rinnovò negli anni ’70, soprattutto come esperienza psichedelica per chi andava in trip da acidi…
L’animazione per gli adulti ha prosperato però in televisione (soprattutto nei decenni seguenti al successo senza precedenti dei Simpson), e offrire un’animazione condita con un maggior grado di sesso, violenza o temi maturi si è dimostrato un modo molto affidabile per i produttori di cartoon al di fuori di Hollywood e / o degli Stati Uniti per distinguersi. Questi prodotti costituiscono ancora una minoranza della produzione animata complessiva tuttavia.
Anche in Giappone, ritenuto una sorta di mecca per questo sottogenere dal pubblico occidentale, il numero di film destinati apertamente a un pubblico adulto (al contrario di opere rivolte ai bambini più grandi e agli adolescenti il cui livello di violenza viene letto come “adulto” da noi) è relativamente piccolo – e scende ancora di più se si rimuove del tutto la pornografia dall’equazione.
In ogni caso, la causa dei combattenti dell’animazione per adulti è ancora viva e vegeta, come dimostra il prossimo Sausage Party di Seth Rogen ed Evan Goldberg – da noi il 31 ottobre – una commedia grottesca e decisamente vietata ai minori che aggiunge sesso, violenza e il vecchio umorismo etnico / politica alla formula cara alla Pixar di rendere protagonisti oggetti inanimati antropomorfi (in questo caso, un supermercato pieno di generi alimentari senzienti), insieme ad una elaborata satira allegorica sulla natura della religione, per davvero!
Per molti (in particolare il pubblico di giovanissimi) potrebbe essere la prima esperienza con l’idea che un cartone animato non significa necessariamente ‘per bambini’, ma è soltanto la raffica più recente di una tradizione che dai margini (quando non dall’underground) ha colpito ai fianchi l’animazione ‘classica’ per decenni. La seguente retrospettiva non vuole essere una guida definitiva al genere, né una sorta di ultima parola completa sull’argomento. Qui, piuttosto, ci concentreremo sulle pellicole chiave e su alcuni momenti della storia del cinema per illustrare il viaggio che l’animazione per adulti ha intrapreso dal pavimento della sala dei censori del Codice Hays al momento in cui un hot dog sboccato e in piena crisi esistenziale si è riuscito a sedere in cima al box office di Hollywood.
Gli albori
Mentre molti dei primi esperimenti nell’animazione (in particolare nel muto) costeggiavano la linea tra pubblico di bambini e adulti, la maggior parte (come detto in precedenza) vennero rivolti ai più giovani e alle famiglie; con la maggior parte delle eccezioni di rilievo che assunsero la forma di brevi pezzi satirici che giocavano sul fatto che il medium fosse proprio focalizzato su un pubblico imberbe o sullo slapstick pornografico realizzato per platee private. Il più famoso di questi ad essere sopravvissuto fino ai nostri giorni è Eveready Harton a Treasure Buried del 1929 (che trovate qui sotto), che raffigura il personaggio del titolo (un signore amabile dotato di un enorme pene prensile) spingersi sempre più in là per soddisfare il suo bisogno di un orgasmo, e si crede sia stato realizzato per una presentazione alla festa di compleanno del pioniere dell’animazione – e del fumetto (suo lo straordinario Little Nemo in Slumberland) – Windsor McKay.
Tuttavia, alcuni cartoni animati tradizionali apparentemente per famiglie prevedevano principalmente barzellette e battute indirizzate soprattutto a mamma e papà; tra i più famosi ci sono senza dubbio le avventure di Betty Boop. La bomba sexy in bianco e nero dalla voce stridula (quella dell’attrice Ann Little) uscita dalla fantasia dei fratelli Fleischer, apparve di frequente in situazioni “suggestive” e in vari stati di quasi nudità nei suoi primi film, e successivamente venne usata come facciata ed ‘esca’ in fumetti di carattere più generale, quando il regime di censura instaurato dal Codice Hays entrò in vigore a metà degli anni ’30. Apocrificamente, pare che questo sia costato a Betty il personaggio del suo fidanzato, Bimbo the Dog (Betty stessa era stata originariamente disegnata come una creatura dalle sembianze di cane), a causa delle preoccupazioni legate alle possibili implicazioni di ‘bestialità’.
Continua …
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