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Titolo originale: Arnold , uscita: 07-06-2023. Stagioni: 1.

Arnold: la recensione della docuserie che racconta il mito di Schwarzenegger (su Netflix)

19/06/2023 news di Francesco Chello

L’anima è quella di una meritata operazione celebrativa, ma col pregio aggiuntivo di rivelarsi approfondimento molto più acuto, interessante, umano e sincero di quello che si potrebbe pensare. La vita (in tre parti) di un uomo sopra la media, che ci racconta i propri successi ricordandoci di essere pur sempre un uomo

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Arnold Schwarzenetflix. Sì, lo so cosa state pensando. Che ho coniato una tagline geniale, dovrei darmi all’ufficio stampa. Magari lo faccio, ma a patto che sia in Florida. A sTampa Bay. H-A! Oggi mi vengono una dietro l’altra. Ma andiamo al dunque prima che il direttore mi bruci la scrivania.

L’abbinamento tra Schwarzy e il colosso dello streaming è quanto mai attuale, a servirmi la gag su un piatto d’argento è la concomitanza di due produzioni originali Netflix incentrate sulla superstar di origine austriaca ed uscite a distanza di appena tredici giorni una dall’altra. Lo scorso 25 maggio c’era stata la release di FUBAR, serie action comedy in otto episodi con Arnold Schwarzenegger nel ruolo da protagonista – che, strano ma vero, non ho ancora visto (la recensione).

Il 7 giugno è la volta di Arnold, documentario biografico in 3 parti diretto da Lesley Chilcott, ovvero il nostro argomento del giorno. In sostanza, tra top 10 e suggerimenti, il faccione di Arnie è praticamente sempre presente sulla homepage della piattaforma con la N rossa.

Sono un figlio degli anni ’80 e amante di un certo cinema. E’ praticamente scontato dire che quello di Arnold Schwarzenegger sia uno dei nomi del mio cuore. Motivo per cui ho appreso con entusiasmo l’idea di uno special televisivo dedicato alla sua vita. Se il primo approccio da ragazzino mi ha permesso di mettere le basi per essere fan dell’attore (e dell’action hero), crescendo ho approfondito (ed apprezzato) il personaggio a trecentosessanta gradi.

arnold documentario netflix 2023 posterTrovo che la riuscita di un documentario passi per il giusto equilibrio tra la forza dell’argomento proposto ed il modo in cui viene raccontato. Non è così facile realizzare un buon prodotto documentaristico, non basta avere soltanto una delle due.

Ecco, per quanto riguarda la prima quota siamo in una botte di ferro. Altro che argomento forte, Arnold Schwarzenegger è uno di quei personaggi bigger than life. Un uomo capace di raggiungere l’apice in tre (grandi) settori differenti, quando uno solo di questi sarebbe bastato a farne già una persona fuori dal comune, in pratica un terzo della sua vita sarebbe sufficiente al raggiungimento dello status dell’uomo di successo.

La tagline (quella vera) è perfetta: ‘One man, three lifetimes‘. Lo sport, il cinema, la politica. Senza considerare tutto ciò che rientra nella sua orbita, dalle capacità imprenditoriali all’impegno sociale che comprende lotta al razzismo, all’inquinamento ed il riscaldamento globale, il sostegno alle disabilità (e le special olympics). Partendo dal nulla di un piccolo paesino austriaco, armato di fame, ambizione, determinazione, intelligenza, lungimiranza.

Mente, corpo, anima. E carisma come se piovesse. Per nutrire quel sogno americano di cui diventa manifesto. Insomma, il materiale a disposizione è di quelli importanti e – per arrivare finalmente a rispondere alla domanda che si pone solitamente chi legge una recensione – sì, il meccanismo narrativo è all’altezza della situazione.

In soldoni, Arnold è un prodotto decisamente riuscito.

Per quanto l’anima sia quella di un’operazione celebrativa dall’impianto esaltatorio e dal sapore quasi apologetico (e non che questo sia un difetto se, come me, siete fan della quercia austriaca), siamo al cospetto di un documentario che si rivela molto più profondo, interessante, umano e sincero di quello che si potrebbe pensare. Voglio dire, fosse stata anche solo una (meritata) celebrazione per me andava già bene, ma la sensazione è che ci sia il coraggio di andare oltre, di stilare un bilancio in cui tra un successo e l’altro c’è spazio anche per errori, rimpianti, dolore, malinconia, delusione, tristezza.

Per buona parte del tempo, Arnold è quasi un trattato motivazionale sul credere in sé stessi, sul non mollare, sull’ottimismo, sul perseguire i propri obiettivi, sull’ambizione, sul coltivare i propri sogni, ma nei momenti chiave c’è posto per coscienza, maturità e consapevolezza.

Arnold è diviso in tre parti, una per ogni macrosettore in cui Schwarzy ha lasciato il segno. Tutte con la A, come l’iniziale del suo protagonista. L’Atleta, che racconta gli anni da campione di bodybuilding e l’ascesa dall’anonimato alla gloria. L’Attore, che approfondisce la carriera da star del cinema e la conquista di Hollywood. L’Americano, che affronta la coraggiosa entrata in politica ed il doppio mandato da Governatore della California.

Narratore d’eccezione è lo stesso Arnold Schwarzenegger, che ripercorre la propria vita raccontandone le varie fasi, a volte a favore in camera, altre in voice over, altre ancora mentre sfoglia nostalgicamente un album dei ricordi o mentre si trova alle prese con alcune delle sue passioni come gli animali o i veicoli di grossa taglia.

Il suo è un dialogo, ma col pubblico, non si sente mai la voce di un interlocutore (o di un intervistatore), con intermezzi equilibratamente cadenzati dedicati a interviste e testimonianze di personaggi di vario tipo che hanno incrociato il suo cammino. Cambiando tono a seconda dell’argomento, che sia esaltato, orgoglioso, serioso, talvolta ironico – mi ha steso la pausa (con sorriso) che fa dopo aver detto che O.J. Simpson (candidato al ruolo del Terminator) non era credibile come killing machine.

arnold documentario netflix 2023 (2)Una scrittura narrativamente scorrevole, capace di alimentare l’interesse del fruitore, solleticandolo nei momenti topici. Sullo sfondo di un montaggio dinamico che ricorre all’inserimento di più espedienti in modo da non appiattire le tre ore totali su un unico schema.

Innanzitutto molto materiale di repertorio, ma non la solita roba inflazionata, bensì filmati d’epoca di vario tipo (interviste, dietro le quinte, foto, occasioni pubbliche ma anche momenti rubati); inserti non banali, contributi video assolutamente interessanti, piazzati con pertinenza a ridosso del racconto di turno, in maniera puntuale per sottolineare concetti e sfumature o anche semplicemente dare forma alle parole di quel frangente.

In altri casi, l’apporto visivo viene fornito da splendide panoramiche di luoghi cari all’austriaco. Da Thal a Graz, passando per il lago Thalersee. Monaco e la Germania, Londra, il Sudafrica. E gli States, ovviamente. A completare il comparto delle immagini troviamo spezzoni da ricostruzione fittizia, con attori (di cui non vediamo il volto) che danno vita a determinati punti del racconto.

Una vita assurdamente piena. Arnold Schwarzenegger la racconta con comprensibile orgoglio. Sono diversi i concetti al centro della sua narrativa, ma c’è una parola in particolare che torna spesso, su cui insiste con convinzione tante volte quante quelle in cui compare con l’inseparabile sigaro in bocca. La visione. ‘La mia visione non prevedeva che mi arrendessi, ma che scalassi quella vetta’. L’insolito talento di vedere le cose chiaramente e per quello ritenerle sempre in qualche modo raggiungibili. Fare sì che le visioni diventino realtà oltre i sogni. Utilizzarle per alimentare il proprio fuoco interiore.

L’infanzia in Austria, quando il giovane Schwarzenegger sente di non volere la vita canonica dei suoi compatrioti, che sembrava avessero fretta di finire la scuola per sposarsi e metter su famiglia. Sentire di essere nato nel posto sbagliato (ma mai rinnegato). La conferma arriva quando al cinema scopre l’Ercole di Reg Park. Una folgorazione. Da lì al bodybuilding il passo è breve.

Non prima di una parentesi nell’esercito come carrista. Il trasferimento in Germania, a Monaco, dove conosce Albert Busek e l’italiano Franco Columbu, che diventa uno dei suoi migliori amici di sempre. La scoperta del cameratismo. E ancora, Londra e la conoscenza di Wag Bennett. Il primo titolo di Mister Universo a soli 20 anni.

Con l’idolo Reg Park ci istaura addirittura un’amicizia, il culturista inglese lo invita in Sudafrica ad allenarsi con lui, lo accoglie in famiglia (la moglie Mareon, ballerina, lo consiglia sull’esecuzione di pose più aggraziate), i due arriveranno persino a gareggiare (con spirito assolutamente amichevole) in un’edizione di Mr. Universo con vittoria di Schwarzenegger a cui non sembra vero di essere diventato parte attiva di quello che poteva restare soltanto un sogno. E che vede la sua naturalissima evoluzione nel trasferimento in America che diventa tappa fondamentale di tutto ciò che Arnie è stato ed è tuttora.

arnold documentario netflix 2023Negli States conosce Joe Weider, esordisce in una competizione con un secondo posto che sarà salutare per le sue ambizioni, lo riporta con i piedi per terra permettendogli di capire l’importanza del mettersi in discussione, del coltivare costantemente la propria fame. E’ così che infila una serie pazzesca di successi sportivi, alla fine della corsa saranno 13 i campionati mondiali di bodybuilding vinti (5 volte Mr. Universo, 7 Mr. Olympia ed una Mr. Mondo), senza contare i successi in manifestazioni continentali o juniores. Che portano alla decisione di ritirarsi dalla disciplina, di farlo al top della forma e della fama nell’ambiente.

Ad attenderlo una nuova sfida, ancora più ambiziosa: il cinema. Ma lui non voleva semplicemente essere un attore, voleva diventare una star. Essere il migliore in un altro campo dopo aver raggiunto il tetto del mondo nel precedente. Tornando chiaramente sul discorso della visione, stavolta di essere una stella del cinema. Non gli interessava lavorare pur di farlo, magari in produzioni di serie B che gli avrebbero volentieri aperto la porta.

La questione non erano i soldi, per lui che era diventato milionario (grazie anche alle sue capacità imprenditoriali e di investimento) prima ancora di diventare attore. Dopo la falsa partenza di Ercole a New York del 1969, di cui comprende metà del copione, comparendo come Arnold Strong (e venendo doppiato per problemi di dizione), ma togliendosi almeno lo sfizio di essere per una volta Ercole come il suo idolo Reg Park chiudendo idealmente un cerchio magico.

Il Golden Globe come miglior attore esordiente in Stay Hungry (Il Gigante della Strada del 1976), il documentario Pumping Iron del 1977. La svolta nel 1982 quando supera lo scetticismo di Dino De Laurentiis (con cui inizialmente non aveva feeling) e, su insistenza di John Milius, diventa Conan il Barbaro, ruolo che recita senza controfigura tra sofferenza, dedizione ed impegno psicofisico.

Nel 1984 l’incontro con James Cameron che gli affida uno dei ruoli iconici della sua carriera, quello del T-800 in Terminator (ripreso poi nei vari sequel), circostanza in cui ha il merito di proporre una battuta che diventerà immortale (e suo motto, buono per tutte le occasioni) come il mitico ‘I’ll Be Back’.

La rivalità con Sylvester Stallone – in seguito suo grande amico, presente anche tra le interviste del documentario – perché avere un ‘nemico’ era uno stimolo enorme per lui che nella competizione trovava la propria linfa vitale. Cult come Commando, Predator, The Running Man (L’Implacabile), Raw Deal (Codice Magnum), Total Recall (Atto di Forza) – alcuni dei quali soltanto accennati in un documentario che non intende analizzare la filmografia titolo per titolo, ma sviscerare le tappe più significative del suo curriculum filmico.

arnold documentario 2023 netflix schwarzyNel 1987 incrocia la strada di Ivan Reitman che gli offre la possibilità di tentare l’azzardo comedy, perché – come ci ricorda lo stesso Arnie – ‘quando una cosa sembra troppo adatta a te è il momento in cui devi lasciarla’, ed ecco che Twins (I Gemelli) si rivela l’ennesimo trionfo al box office. Il successo planetario di Terminator 2, la botta (e la delusione) del flop inatteso di Last Action Hero, l’immediata risalita con True Lies.

Fino al punto in cui si rende conto di non poter più conquistare altri traguardi, ed inizia a covare l’idea di cambiare di nuovo settore. Mi riferisco alla politica, una scelta estremamente coraggiosa in cui aveva tutto da perdere, a cominciare dai soldi considerando che avrebbe potuto tranquillamente continuare a fare film con cachet da 20 o 30 milioni di dollari. ‘Tutti i soldi che avevo li dovevo all’America, era arrivato il momento di dare qualcosa indietro’.

Manco a dirlo, si torna a parlare di visione, in questo caso spiegando la differenza sottile ma sostanziale con l’ossessione (che evidentemente porta ad effetti opposti). Col supporto della moglie prende la decisione di candidarsi, l’annuncio è un colpo di scena dal sapore cinematografico nel corso dello show di Jay Leno in cui nessuno (presentatore compreso) sapeva cosa stesse per dichiarare.

Lui che della comunicazione è sempre stato un re, comprende la necessità di penetrare nel cuore della gente e non solo nella mente. Arnie si dimostra Governatore ambizioso, privo di quelle tare di chi politicante ci nasce, in due mandati mette in pratica politiche di ogni tipo che nemmeno in 25 anni di governo. Iniziative per l’ambiente (Obama riprenderà gli standard delle emissioni della California), focus su minoranze e diversità, difficoltà come la crisi degli incendi. Non piacerà a tutti, questo è fisiologico in certi ruoli. Ma nel complesso, quello del politico si rivela un ulteriore traguardo raggiunto.

Ho voluto fare questa sorta di recap della vita di Arnold Schwarzenegger, non tanto per spoilerarvi un documentario che potete (anzi dovete) gustarvi con calma su Netflix. Quanto piuttosto per andare a incastrare (e contestualizzare meglio) una serie di momenti emotivamente significativi che diventano pregi dell’opera e che per questo avevo premura di sottolineare, specie nell’ottica di un giudizio più completo sul prodotto Arnold.

Come detto in apertura, il grosso dell’operazione ha il sapore celebrativo/motivazionale, ma la voglia di affrontare determinati momenti e argomenti (che potevano anche essere strategicamente omessi) denota coraggio ed umiltà, portando il documentario sul cosiddetto next level.

A partire dagli anni della giovinezza, in cui traspare un rapporto con la famiglia in un certo senso freddo, un padre poliziotto autoritario reduce da una Guerra Mondiale che gli aveva lasciato una sindrome da stress post traumatico, la depressione e la tendenza ad affogare in un bicchiere di troppo i momenti più bui.

arnold documentario 2023 netflixUn fratello più grande di un anno con cui sentiva una competizione non necessaria. Due persone che nel giro di un anno (nel mentre della prima parte del periodo americano) rappresenteranno i primi lutti di una vita che non poteva essere solo rose e fiori. Lutti che saranno elaborati soltanto nel tempo – colpisce il modo malinconicamente comprensivo in cui Schwarzy parla della fragilità del fratello (schiacciato dal peso di un’educazione che invece aveva reso Arnold più forte) e dei problemi e della freddezza apparente del padre – quando in un primo momento l’austriaco sembrava mostrare un distacco quasi surreale, narrativamente rilevante la sovrapposizione dell’intervista dell’epoca in cui il giovane Arnie ne parla quasi come fosse un incidente di un percorso che in quel momento non poteva fermarsi, e la sua versione contemporanea che prova compassione per sé stesso e per quel dolore compreso realmente soltanto dopo.

La relazione con la madre recuperata in un secondo momento, quando la donna ormai rimasta sola (ed ancora in terra austriaca) inizia a vivere maggiormente il figlio e la sua vita americana, la ricerca dell’approvazione materna. La doppia (delicata) operazione al cuore, con annesse paure e una pausa di un anno dal lavoro. L’amicizia vera, sincera, viscerale con Franco Columbu, che lo raggiunge anche negli USA dove si sentiva solo pur avendo centinaia di persone attorno, il dolore per la sua scomparsa del 2019.

L’uso di steroidi durante le competizioni, quattro mesi all’anno (per un apporto che lui colloca intorno al 5% della prestazione) sotto controllo medico. La cittadinanza americana nel 1983, traguardo vissuto con maggiore emozione rispetto ai successi sportivi o lavorativi. L’amore della vita con Maria Shriver, nipote dei Kennedy. Il romanticismo della proposta di matrimonio sul lago Thalersee, l’importanza e l’appoggio della donna nelle sue decisioni importanti, i quattro figli.

Ma anche il divorzio, a causa del figlio avuto da una relazione extraconiugale con la domestica Patty Baena, episodio che ancora oggi apre palesemente una ferita negli occhi di Schwarzenegger che non si sottrae davanti al potenziale imbarazzo, ma anzi fa mea culpa senza cercare alibi, parla di errore imperdonabile (e della sofferenza che può aver causato) sembrando sinceramente pentito, si è assunto da tempo le proprie responsabilità nel mantenimento e nella relazione col ragazzo.

Una fase di vita di cui parla in termini di nuova dimensione del fallimento, quello sentimentale, il più importante. E ancora, le accuse di molestie tirate fuori dai media durante la campagna elettorale, di fronte alle quali si scusa per comportamenti inappropriati ma non lesivi o illegali.

arnold documentario netflix schwarzyLa gioia dell’elezione, messa di diritto tra quelle più importanti della sua vita. E quando alla fine potrebbe gongolarsi nella definizione di self made man affibbiatagli da praticamente chiunque, ecco che viene fuori l’umanità e l’umiltà di un uomo che non dimentica il proprio percorso e che sostiene fermamente di non voler essere chiamato in quel modo, ricordando che se non fosse stato per le persone che in quel percorso lo hanno accompagnato più o meno consapevolmente non sarebbe mai diventato l’Arnold Schwarzenegger che conosciamo.

La riconoscenza nei confronti del pubblico, del grande seguito, dell’influenza che può aver avuto sulle persone. La speranza di lasciare il ricordo di un individuo capace di fare la differenza. Prima di congedarsi con un ‘rimettiamoci al lavoro’, simbolo di una persona che non abbassa la guardia nemmeno nella terza età tra impegni recitativi, sportivi (ideatore dell’Arnold Classic), imprenditoriali, sociali e politici (da statista anziano).

In definitiva, se non fosse abbastanza chiaro, Arnold è un documentario che mi sento di consigliare. Che siate fan di Schwarzy della prima ora o neofiti del personaggio. La vita e le conquiste di un uomo sopra la media. Che ci racconta le proprie imprese. Trovando il tempo per ricordarci che resta pur sempre un uomo, che di questi tempi – di degrado socioculturale di una società votata quasi esclusivamente all’apparenza – mi sembra un messaggio niente male.

Di seguito il trailer ufficiale di Arnold: