Voto: 5/10 Titolo originale: Black Mirror , uscita: 04-12-2011. Stagioni: 8.
Black Mirror stagione 5 | La recensione dei tre nuovi episodi della serie Netflix
06/06/2019 recensione serie tv Black Mirror di William Maga
È lo 'specchio nero' di Charlie Brooker a essersi fatto più luminoso oppure è il mondo reale che è diventato più cupo?
A un anno e mezzo dalla quarta (la recensione) e a pochi mesi dallo spiazzante film interattivo Bandersnatch (la recensione), Netflix ha messo a catalogo i 3 nuovi episodi da oltre 1 ora ciascuno che costituiscono la quinta stagione della serie Black Mirror e nei quali lo sceneggiatore e produttore Charlie Brooker si arrischia in una mossa radicale: l’ottimismo. Più o meno.
Ma procediamo con ordine nella nostra analisi.
5×01 – Striking Vipers aka Il sesso in spazi virtuali non è una cosa veramente nuova, ma qui diventa realtà. Ed è terrificante.
Il primo episodio della stagione 5 di Black Mirror vede protagonisti Anthony Mackie (Avengers), Yahya Abdul Mateen II, Nikki Beharie, Pom Klementieff (Guardiani della Galassia) e Ludi Lin nell’ennesima riflessione circa il nostro fragile rapporto con la tecnologia. Due migliori amici, il padre sposato Danny (Mackie) e il playboy single Karl (Mateen II) si riavvicinano dopo anni grazie alla versione aggiornata e ottimizzata di un vecchio videogame alla Tekken dal titolo Striking Vipers appunto. Si connettono a distanza utilizzando la funzione di realtà virtuale del gioco (un bel po’ simile, se non proprio la stessa, immersiva VR vista nell’episodio della quarta stagione “USS Callister”). Innamorato dalla sofisticazione del gioco al realismo – ogni pugno e Hadouken fa male, ogni soffio d’aria sembra reale – i due uomini iniziano a fare sesso nei panni dei loro avatar preferiti (Lin e Klementieff). I loro corpi fittizi scolpiti e perfetti non sono dissimili dai quelli visti in molti popolarissimi picchiaduro come Street Fighter, Mortal Kombat o Dead or Alive.
SPOILER minori. Anche se l’episodio offre qualcosa di simile a un lieto fine mucciniano, almeno rispetto agli standard di Black Mirror (ma nemmeno lontanamente paragonbabile a quello di “San Junipero”), ci sono un sacco di implicazioni spaventose in Striking Vipers. A un certo punto, Karl rivela di aver provato a fare sesso anche con altri giocatori, suggerendo fondamentalmente che lui e Danny non sono soli. Ovvero che c’è una fiorente comunità dedita ad attività sessuali dentro a Striking Vipers. Se ricordate, molti giochi online, in particolare quelli pubblicati nei primi anni 2000, proponevano di vivere una “seconda vita” in uno spazio in cui apparentemente non c’erano conseguenze. Titoli come come Second Life e Final Fantasy XIV hanno portato alla luce comunità BDSM in cui i giocatori si sforzavano di soddisfare bisogni che il sesso nel mondo reale non poteva soddisfare.
È fantastico che ci siano spazi sani, seppur inaspettati, dove le persone abbiano potuto finalmente esplorare le loro identità, ma ci sono molte domande a cui quei videogiochi non hanno dovuto rispondere e che Black Mirror, per necessità, evita di esplorare (ci saranno anche giocatori minorenni? è considerabile incesto tra giocatori della stessa famiglia? uno spazio del genere potrebbe consentire una prostituzione più sicura? e nel caso specifico di Danny, si tratta davvero di tradimento?).
Second Life, ad esempio, può contare ancora – secondo dati del 2018 – su 60.000 persone che ogni giorno si loggano da tutto il mondo. Una nicchia in sostanza, che certo non è rappresentativa di ciò su cui vorrebbe far riflettere l’episodio. A dire il vero, Black Mirror qui non sembra esattamente ‘sul pezzo’ o al passo coi tempi, anzi. Ci sarebbero argomenti ben più pressanti riguardanti i fattori economici dei ‘bottini’ (o loot box) o i live streamers che flirtano coi movimenti politici estremisti rispetto a videogiochi che promettono ‘semplicemente’ l’ingresso in un paese delle meraviglie senza limiti con cui staccare per qualche ora dalla vita quotidiana.
Alla fine sappiamo solamente una cosa su questo mondo: i due protagonisti non possono traslare la loro relazione sessuale e videludica nella vita reale. Il loro tentativo di baciarsi ‘dal vero’ è senza passione. Per una qualche ragione, sono i loro avatar a compiere la magia. Ma questo non specifica comunque esattamente cosa Danny e Karl siano diventati. Ci sono così tante domande, ma in fondo non sarebbe Black Mirror se non ce le domandassimo.
5×02 – Smithereens (James Hawes) aka L’episodio che dice quello che Mark Zuckerberg non dirà mai.
Il CEO di una multinazionale del settore high-tech (interpretato da Topher Grace), in poche concise frasi, afferma ciò che nessun amministratore delegato / fondatore di Facebook, Twitter e YouTube si sognerà mai di pronunciare ad alta voce in pubblico. Il messaggio di Black Mirror qui è chiaro, seppur ovvio: i giganti della tecnologia non si preoccupano di noi, si preoccupano solo dei soldi.
Ma torniamo un secondo indietro. Smithereens racconta la storia di Chris (Andrew Scott, Sherlock), un uomo tormentato che vive nella Londra di oggi che un giorno rapisce uno stagista di un gigante dei Social Media chiamato appunto Smithereen (fondamentalmente un sostituto di Twitter o Facebook). Poi, puntando una pistola contro la vittima, chiede di parlare con il CEO della compagnia, il guru della tecnologia Billy Bauer (Grace).
In un primo momento, sembra che il personaggio di Scott sia guidato esclusivamente dall’odio per i Social Media e la tecnologia moderna in generale, ma una volta che riesce ad ottenere Bauer al telefono, rivela la sua vera motivazione. Non rovineremo il drammatico colpo di scena dell’episodio, ma è abbastanza potente da far scattare qualcosa nello stereotipato CEO, che decide di interrompere un ritiro di 10 giorni (ogni riferimento alla serie Silicon Valley della HBO non pare casuale) per negoziare una delicata situazione con ostaggio.
Billy Bauer inizia il suo discorso sottolineando come gli obiettivi originari della sua compagnia erano molto più umili (suona familiare?), ma che poi, tutto è cambiato. La società si è in sostanza evoluta in una macchina da business impegnata giorno e notte a fidelizzare gli utenti, ‘drogandoli’ per spingerli a volerne ancora e ancora, come succede col gioco d’azzardo. E il CEO è arrivato ora ad essere soltanto un mero fantoccio impotente di facciata.
Almeno Bauer ha la lucidità di riconoscere di aver perso il controllo della sua compagnia, e un attimo dopo arriva a giurare di essere sul punto di allontanarsi dall’impero che ha fondato. Nel mondo reale, i nostri ‘signori della tecnologia’ sembrano invece assolutamente convinti di poter ancora essere una forza per il Bene comune. Anche se scienziati e co-fondatori han suonato il campanello d’allarme, Mark Zuckerberg e co. continuano a sostener di essere gli unici a poterci salvare dal caos che loro stessi hanno generato (anche se chissà cosa dicono a porte chiuse …).
Nel frattempo, studi scientifici hanno confermato che App come quelle di Facebook e Instagram attivano veramente il rilascio di dopamina che induco l’utente a connettersi a intervalli regolari, e sono progettate per far sì che accada il più frequentemente possibile. Anche l’ex presidente di Facebook, Sean Parker, ha ammesso che il social network sta deformando il nostro cervello. Smithereens mette quelle stesse parole nella bocca di un amministratore delegato di un’azienda del settore, ed è sconvolgente ascoltarle, anche se nel contesto di un fiction televisiva antologica.
Gli episodi più memorabili di Black Mirror sono di solito quelli che scrutano a fondo nel futuro, come “15 milioni di celebrità” o “San Junipero”, in cui il mondo è stato fondamentalmente deformato da alcune nuove tecnologie. Ma più spesso, i momenti più potenti dello show provengono dal ritrarre la società così com’è ora per rivelare quanto siamo già diventati deformi.
Questo è esattamente ciò che fa Smithereens collegando un uomo distrutto col CEO della Silicon Valley che ne ha causato la distruzione. Sarebbe belle credere che se Mark Zuckerberg o Susan Wojcicki si trovassero di fronte a una situazione simile, la loro facciata si scioglierebbe per rivelare al di sotto un essere umano vero e pieno di rimorsi. Ma in questo senso, il mondo di Black Mirror potrebbe essere più virtuoso del nostro. È lo ‘specchio nero’ che è diventato più luminoso oppure è il mondo reale a essere diventato più cupo? La risposta giusta è, probabilmente un po’ entrambe le cose.
5×03 – Rachel, Jack and Ashley Too (Anne Sewitsky) aka Il robot giocattolo che ha più personalità di mille Alexa
SPOILER. Una ragazza di nome Rachel si è recentemente trasferita in una nuova scuola con sua sorella Jack e suo padre, e ha difficoltà ad adattarsi. Le due ragazze affrontano la recente morte della madre in modi differenti. Jack si dà al grunge ed è ossessionata dalle canzoni preferite della genitrice scomparsa. Rachel si sente sola e si concentra invece sulla pop star glitterata Ashley O (una Miley Cyrus in una prova a un passo dall’autobiografico), i cui testi sono così incredibilmente positivi da far sperare che a porte chiuse sia anche lei un bel po’ infelice (il modello sembra Taylor Swift …).
Lo scopriamo subito dopo l’introduzione di Ashley Too, un simpatico piccolo robot domestico che si rifà al personaggio pubblico di Ashely O per fornire alla sua giovane proprietaria consigli utili per il trucco, lezioni di ballo e soprattutto un’amico che non si lamenta mai. All’inizio, Ashley Too non sembra niente di eccezionale. È molto carina a vedersi, con le sue faccine buffe e il suo atteggiamento ottimista, ma non sembra qualcosa degno di stare in Black Mirror. Con l’evolversi dell’episodio però, apprendiamo che la zia di Ashley O ha drogato per anni la cantante e che intende usare tecnologie avanzatissime di scansione del cervello e del corpo per digitalizzare e cybernetizzare il brand Ashley O.
Questa terrificante raffigurazione dei meccanismi commerciali dietro all’industria discografica ci regala un biopic molto più sconvolgente di Bohemian Rhapsody e Rocketman messi insieme, in cui una manager senza scrupoli si preoccupa più dei soldi che del benessere psicofisico della sua protetta. Fan dei suddetti film, o di A Star Is Born, questo è l’episodio di Black Mirror per voi (senza contare che Miley Cyrus ricanta a suo modo ‘Head like a hole’ dei Nine Inch Nails).
Dopo il colpo di scena che coinvolge la ‘dormiente’ Ashley Too di Rachel, l’episodio si trasforma da cupo commento sui mali del mercantilismo occidentale a un esagerato, esilarante esempio di transumanesimo.
L’Ashley Too ‘sbloccata’ è scioccante quando parla per la prima volta, e diventa più divertente a ogni secondo che passa rivelandosi una Intelligenza Artificiale sagace e sboccata, in missione per allearsi con il suo Io organico in modo da poter vendicarsi della zia cattiva. Rachel, Jack and Ashley Too inizia portando lo spettatore a pensare che tutta l’operazione si concluderà in un disastro, ma il lieto fine che otteniamo è invece piuttosto benvenuto – e sorprendente – vista l’usuale dose di pessimismo e desolazione elargiti da Black Mirror.
Non solo questa storia fa desiderare che la Alexa di Amazon possa un giorno ambire a una programmazione più adulta e senza filtri, ma poiché Ashley Too ha una mobilità limitata ma un viso e delle braccia espressivi, la si sente molto più realistica. Quanto siamo davvero lontani dal digitalizzare personaggi famosi dentro a piccoli robot? È così che raggiungeremo l’immortalità?
In definitiva, a vari livelli, i tre episodi di questa nuova stagione ruotano tutti intorno a storie in cui le nuove tecnologie potrebbe non essere la cosa peggiore al mondo. A volte queste aiutano persino a capirsi meglio a vicenda o a creare connessioni inaspettate. Certo, il livello di approfondimento generale è quanto meno abbozzato (specie considerata la non esigua durata di ciascun segmento), l’originalità non è un punto cardine e qualcuno si sentirà tradito, o deluso, ma per una serie che negli anni si è fatta un nome appoggiandosi al nichilismo, c’è qualcosa di innegabilmente incoraggiante nell’osservare Black Mirror abbracciare l’audacia della speranza.
Di seguito trovate il trailer internazionale della stagione 5 di Black Mirror, nel catalogo di Netflix dal 5 giugno:
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