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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Black Mirror: Bandersnatch , uscita: 28-12-2018. Regista: David Slade.

Bandersnatch | La recensione del film di Black Mirror di David Slade

28/12/2018 recensione film di William Maga

Charlie Brooker torna su Netflix con un evento speciale pionieristico, un thriller sci-fi autoconsapevole e ponderato che prevede la partecipazione attiva dello spettatore

black mirror bandersnatch

Terminata la visione di Black Mirror: Bandersnatch – primo episodio interattivo (lo spettatore sceglie in tempo reale quale azione far intraprendere al protagonista) della serie antologica tecno-paranoico-fantascientifica creata da Charlie Brooker nel 2011 e distribuita ora in esclusiva da Netflix, che segue un giovane programmatore di nome Stefan Butler (Fionn Whitehead) intento a realizzare nel 1984 un videogioco chiamato proprio Bandersnatch e basato sull’omonimo – fittizio – librogame [un’opera narrativa che invece di essere letta linearmente dal principio alla fine presenta alcune possibili alternative mediante l’uso di paragrafi o pagine numerate che inducono il lettore a scelte diverse], è probabile che in molti avranno chiamato subito un amico non tanto per raccontargli le proprie sensazioni scaturite dalla visione, quanto piuttosto per chiedergli cosa abbia visto lui e scoprire in cosa le due visioni differiscano. Questa è la vera natura di un film dalla narrazione ramificata, in cui non è difficile immaginare che due individui / utenti abbiano avuto due esperienze completamente diverse.

Black Mirror Bandersnatch posterSpendendo circa 90 minuti su Bandersnatch (si può smanettare più a lungo sia chiaro) si possono trovare più o meno almeno cinque finali diversi raggiungibili attraverso una dozzina di percorsi alternativi (la mappa completa con tutte le possibilità). Alcuni di questi portano a vicoli ciechi, nel senso che si arriva prematuramente a una sorta di conclusione tendenzialmente insoddisfacente, proprio perché si capisce di aver preso la decisione “errata” (la sete di esplorare le altre possibilità e di scoprire ulteriori risvolti della storia la fa perversamente da padrone …).

Tecnicamente, non ci sono scelte sbagliate in Bandersnatch, semplicemente alcune offrono un’esperienza di intrattenimento più appagante rispetto ad altre. Ed è assai probabile che ci siano brandelli di storia che ancora qualcuno dovrà scoprire, sempre ammesso che non finisca per diventare stancante proprio per le sue stesse intrinseche dinamiche, più adatte a un pubblico di nerd o giovanissimi.

Il parere conciso può limitarsi a un: Black Mirror: Bandersnatch colpisce nel segno e non lascia indifferenti. L’interattività è soltanto una parte dell’equazione orchestrata dal regista David Slade (già alla regia dell’episodio Metalhead nella stagione 4 della serie), in quanto consente alla fantasia distorta di Charlie Brooker – in sceneggiatura – di sperimentare scelte narrative vertiginose e in qualche modo al passo coi tempi. Lui stesso ha recentemente ricordato che con l’episodio Playtest (stagione 3) aveva voluto inserire una “modalità da incubo” per spaventare gli spettatori, che avrebbero assistito a un finale diverso se lo avessero guardato una seconda volta. E con Bandersnatch, ora i tempi sono diventati a quanto pare maturi per avverare il suo desiderio. I finali sono qui addirittura una mezza dozzina, e ne esistono più varianti.

Ciò che rende Bandersnatch un interessante – e riuscito – esperimento è tuttavia che l’autore inglese non si è fermato a questo aspetto. A parte alcune citazioni più o meno velate (Akira di Katsuhiro Ōtomo e le pillole che Stefan deve prendere regolarmente; Donnie Darko con il coniglio, lo specchio ‘liquido’ e la teoria dei salti temporali e delle realtà parallele) o lampanti Easter Egg auto-referenziali – la società di videogiochi dove Stefan cerca lavoro ha lanciato un gioco chiamato “Metl Hedd” e sta lavorando ad uno chiamato “Nozhdyve”, entrambi creati dal geniale Colin Ritman (Will Poulter) e riferimenti agli episodi “Metalhead”e “Nosedive” di Black Mirror; la Dott.ssa Haynes (Alice Lowe), terapeuta del diciannovenne, lavora in una struttura che prende il nome dal pluripremiato episodio “San Junipero” della terza stagione -, Bandersnatch offre – tra le altre cose – anche spunti critici circa le storie avventurose, il libero arbitrio dell’essere umano e l’illusione di avere davvero il controllo della propria vita, e il panorama dell’intrattenimento. È un’opera altamente consapevole di sé, una condizione fondamentale che le permette di criticare e prendere in giro la sua stessa essenza: essere un mero pezzo di fiction interattiva disponibile su una piattaforma streaming.

C’è poi la centralità evidente della sua concezione ‘meta-‘, trattando di un programmatore di videogiochi che sviluppa un gioco di stampo avventuroso interattivo basato su un librogame, con la sua intera esistenza che diventa un’avventura interattiva per lo spettatore / burattinaio (ovvero noi). Charlie Brooker è però sufficientemente intelligente da aggiungere un ulteriore strato alla torta, infrangendo a un certo punto la quarta parete di Bandersnatch e stravolgendo così ulteriormente la narrazione elevando l’esperienza del pubblico, che può reagirvi ugualmente con simpatia o inquietudine.

black mirror librogame bandersnatchCerto, Black Mirror: Bandersnatch è lontano dall’essere il primo film interattivo della storia, come forse qualcuno potrebbe pensare lasciandosi andare a facili entusiasmi. Questa ‘variante’ è in giro, in un modo o nell’altro, da oltre cinque decenni (il film ceco Kinoautomat è del 1967), anche se è stata per lo più utilizzata nei videogiochi (Hideo Kojima è un pioniere), a causa della sua peculiare natura.

E sebbene invenzioni moderne come lo smartphone abbiano consentito un approccio leggermente più mainstream, con Bandersnatch diventa adesso un potenziale fenomeno di massa e, grazie alla portata di Netflix – attualmente oltre 130 milioni di sottoscrittori in 190 paesi del mondo – potrebbe non solo segnare una rinascita di questo tipo di narrazione, ma addirittura sfociare in un filone a sé stante e sdoganabile in praticamente ogni genere, dall’horror alla commedia romantica.

La teoria dei generi di cui parlano Christian Metz e Thomas Schatz afferma sostanzialmente che tutti i generi attraversano varie fasi della loro vita. In primo luogo, ne vengono stabili i codici e le convenzioni, quindi diventano iconici, dopo di che vengono derisi e alla fine si evolvono e iniziano a mescolarsi e confrontarsi con gli altri. Il celebre semiologo e critico cinematografico francese le ha definite sperimentali, classiche, parodistiche e decostruttive. Quest’ultima fase, è probabilmente la più importante. È ciò che Monty Python e il Sacro Graal (1975) è stato per la commedia, Schegge di follia (1988) per i film sulle scuole superiori e Frozen (2013) per le favole animate della Disney.

Will Poulter in Black Mirror Bandersnatch (2018)Sia Metz che Schatz propongono che i generi passino da uno stadio all’altro, ma questo è solo parzialmente vero. La moglie di Frankenstein (1935) è un clamoroso esempio che sovverte quella logica, mostrando che gli “stadi” di genere hanno e possono esistere parallelamente tra loro. E questo è particolarmente vero nella nostra era postmodernista.

Charlie Brooker ha affermato  che potrebbe aver “rovinato [l’interattività] a tutti” con Bandersnatch, e c’è della verità in queste parole. Il film evento di Black Mirror, può essere infatti visto come un mix di decostruzione e parodia. Certo, ci potranno essere altre storie interattive da raccontare – in altri “stadi” del genere -, ma chiunque cercherà di spingere oltre il medium dovrà necessariamente passare alla fase di ricostruzione d’ora in avanti.

Charlie Brooker è decisamente in anticipo sulla curva con Bandersnatch, ma ciò non significa che non ci siano margini di miglioramento. Una delle più grandi limitazioni creative dell’interattività è che bisogna tagliare una scena dopo che lo spettatore fa una scelta, poiché ci sono più opzioni per ciò che deve essere mostrato dopo. Questo è evidentemente uno scoglio per un regista che intenda girare un piano sequenza, e sarà interessante vedere come verrà superato in futuro tale ostacolo. C’è poi il problema dei punti morti, o almeno del renderli poco avvertibili, che farebbe percepire il risultato più vicino a quello di un film standard. Bandersnatch inserisce alcuni minuti di contenuti prima di mostrare lo split screen, ma inevitabilmente questo passaggio fa uscire dall’esperienza immersiva.

Se si accantonano questi piccoli difetti, Bandersnatch comunque funziona davvero bene, grazie al fantastico lavoro di tutti i soggetti coinvolti, che si tratti di scrittura, recitazione, direzione o montaggio. È un’esperienza pionieristica e autoconsapevole di televisione interattiva, infarcita di scelte che spaziano da quelle prive di significato (la scelta di un vinile o dei cereali per la colazione) ad altre dalla grande valenza e impatto per l’incedere della vicenda. In ogni caso, una visione di rottura.

Il nostro approfondimento su quanti finali ci sono, chi è Colin e come funziona il gioco e la mappa con tutte le scelte.

Di seguito il trailer internazionale (per meglio apprezzare le voci originali) di Black Mirror: Bandersnatch, nel catalogo Netflix dal 28 dicembre: