Voto: 4.5/10 Titolo originale: Monkey Man , uscita: 03-04-2024. Budget: $10,000,000. Regista: Dev Patel.
Monkey Man: la recensione del film d’azione scritto e diretto da Dev Patel
04/04/2024 recensione film Monkey Man di Raffaele Picchio
Il travagliato esordio alla regia dell’attore è un'opera caotica e confusionaria che guarda esplicitamente a John Wick e The Raid, ma che risulta incapace sia si offrire lo spettacolo coreografico irrealista del primo che di dare corpo alla sanguigna ferocia del secondo, affossandosi sulle sue altissime ambizioni
Storia travagliata quella di Monkey Man. Nonostante campeggi gigantesco sul poster il nome della “gallina dalle uova black” Jordan Peele come produttore del film in questione, in realtà Monkey Man è il parto sofferto, travagliato ed estremamente voluto da Dev Patel, che in prima persona come attore, regista, sceneggiatore e quant’altro ha desiderato portare a termine questo progetto inizialmente acquisito da Netflix per il direct-to-streaming e poi acquistato appunto dalla Monkeypaw Productions (forse per affinità di nome?) per distribuirlo al cinema.
Ma che cos’è questo Monkey Man, venduto come un “John Wick a Mumbai”? Intanto è giusto precisare che il simpatico e bravino Dev Patel è inglese nato in Inghilterra e – volente o nolente – fin dai suoi esordi è stato un po’ per il cinema “l’indiano d’occidente”.
E Monkey Man è un po’ il rimarcare questo concetto, perché Dev Patel fondamentalmente vuole portare tutto il misticismo, le contraddizioni e la cultura dell’India più profonda in quello che fondamentalmente è il linguaggio dell’action contemporaneo occidentale forgiato proprio da John Wick (anche esplicitamente citato nelle battute del film) e The Raid.
Roba appunto che Bollywood con un prodotto del genere non sa neanche se pulirsi le scarpe, ma che per noi sempre curiosi di nuove mazzate e aperti a ogni contaminazione si preannunciava anche piuttosto interessante.
Purtroppo per lui, i Grandi Dei non sono stati dalla parte di Dev Patel: prima il Covid e il lockdown l’hanno costretto a cancellare tutti i set indiani obbligandolo all’ultimo a spostarsi su un’isoletta thailandese per concludere le riprese; poi gli incidenti fisici che lo hanno immobilizzato a lungo, fino ad arrivare a problemi legati a vari fondi bloccati, lasciandolo infortunato e disperato e costretto a ricorrere addirittura al suo iPhone per continuare a girare e scongiurare così di veder crollare tutto quanto sul più bello.
Dispiace seriamente quindi vedere che tutta questa tenacia alla fine non possa essere ripagata da un sincero applauso anche di incoraggiamento, perché per quanto ci si possa sforzare di vederci del buono, non funziona praticamente nulla in questo ambizioso esordio e le disgrazie subite sono colpevoli solo fino a un certo punto.
La storia di base è semplicissima e vede il nostro tormentato protagonista senza nome (Dev Patel appunto) che racimola soldi partecipando a incontri simil clandestini presentati da un invasato Sharlto Copley (piuttosto inguardabile, come del resto tutti i ruoli secondari), dove i combattenti incarnano animali e se le danno di santa ragione in corpo a corpo truccatissimi.
“Lui” è l’uomo scimmia Hanuman, simbolo di forza e di coraggio ridotto in questa malata città indiana di fantasia a farsi massacrare per il dileggio del pubblico.
Riesce quindi a farsi assumere come cameriere in un ristorante frequentato dal gotha, ovviamente corrotto, della rappresentanza spirituale e politica del paese e ci vorrà ben poco a capire che il suo obiettivo è di vendicarsi proprio del capo della polizia che frequenta l’ultimo piano di questo “Rectum al contrario”.
L’uomo scimmia mette subito in pratica il proposito, ma fallisce miseramente e fa scoppiare un casino atroce uscendone mezzo morto e braccato ovunque alla stregua di un terrorista.
Come da prassi del genere, dovrà ripensare tutto da capo ritrovando la forza in se stesso e nella sua spiritualità con l’aiuto di un gruppo di deliranti e ridicolissimi monaci transessuali reietti e invisi al governo.
La prima cosa che salta all’occhio fin dai primi minuti è che questo “John Wick a Mumbai” si prende decisamente sul serio rispetto al suo nume tutelare, tanto che per quasi tre quarti d’ora buona il film che sembrerebbe volerci presentare Dev Patel sia qualcosa di più sottile e programmatico rispetto al carnaio di spari e botte che ci si aspettava dai trailer.
L’elementarissimo plot, pur condito da qualche scazzottata, sembra allora più un pretesto per mettere in scena una sorta di complesso affresco critico e sociale, tanto che man mano si va avanti quello che inizialmente sembrava solo una “spezia etnica” per insaporire Monkey Man inizia a diventare un’ingombrante ammasso di informazioni complesse e – in effetti – mai approfondite.
Mentre l’uomo scimmia porta avanti i suoi telefonatissimi passi verso l’obiettivo finale, il worldbuilding che prova a creare Dev Patel inizia a collassare su se stesso senza mai diventare veramente affascinante: le divisioni tra musulmani e induisti, le classi sociali chiuse, la polizia corrotta, il potere di una religione falsa, diventano una zavorra che mai per un secondo riesce ad essere interessante da seguire.
E le cose non fanno che peggiorare quando da metà film in poi il protagonista improvvisamente molla gli ormeggi dei toni “compassati” e seriosi di Monkey Man in favore di una realtà più “astratta” che mal si sposa col contesto generale, al punto che lungo le due ore di durate non si capisce se lo spettatore dovrebbe divertirsi o prendere invece queste cose come un discorso serissimo (sociale? politico?Boh, non è chiaro a nessuno), trovandosi in entrambi i casi in assoluta difficoltà.
Non aiutano poi personaggi da pernacchia che compaiono ed appaiono senza alcuna vera ragione (la prostituta dal cuore d’oro, il criminale che si ravvede …), se non per ingolfare ancor di più una narrazione che sembra non voler partire mai, con l’apice assoluto toccato da questa setta di “ribelli” che, tuttavia, lasciano perlopiù esterrefatti.
Purtroppo l’altro aspetto, probabilmente ancora più grave, su cui Monkey Man crolla miseramente e delude senza appello alcuno è proprio la goffezza della messa in scena dell’azione che in un lavoro che guarda dritto tanto alle coreografie esagitate di John Wick quanto alla ferocia di The Raid diventa un qualcosa di imperdonabile.
Nel film di Dev Patel non si capisce mai chi colpisce chi, o chi sta facendo cosa, anche nelle situazioni più semplici di uno contro uno. L’orgia di micro stacchi impazziti su un incessante tappeto drill-trap sparato a mille è qualcosa capace di sfiancare ben prima di arrivare al tanto agognato showdown finale.
E se nella prima parte, quella più preparatoria e compassata, questo aspetto sembrerebbe marginale, da quando le cose si fanno più complesse e l’azione diventa predominante su tutto la situazione diventa veramente insalvabile.
Basterebbe prendere per esempio la lunghissima e inguardabile sequenza di fuga notturna in macchina e tuc-tuc per capire tutto quello di sbagliato che c’è, anche se il crollo definitivo avviene purtroppo proprio quando Monkey Man tira tardamente fuori l’artiglieria pesante, ovvero nella royale rumble finale, in cui viene riproposta una pallidissima ridda di momenti e di morti rubate di peso da tutto quello che è uscito fino ad ora nel genere (oltre i film di Gareth Evans e Chad Stahelski si possono facilmente individuare frammenti di La notte su di noi, Io sono nessuno e altri) in cui goffamente Monkey Man mostra tutti i suoi invalicabili limiti e l’incapacità sia di offrire una vertiginosa e spettacolare ‘stunt-fest’ alla John Wick, sia di immergere le mani fino in fondo alla brutalità ai limiti dell’horror del dittico con Iko Uwais.
Viene miseramente a mancare alla fine anche tutto il cote indiano di spiritualità e critica politica, dove tutto l’impianto “culturale” che Dev Patel urla impazzito lungo Monky Man alla fine cede il passo alla più “occidentale” e stravista delle esperienze, in un momento storico di sovraccarico di offerta in cui se non hai nulla di particolare da offrire di concreto finisci nel dimenticatoio senza appelli.
Insomma, Monkey Man è un po’ come il suo protagonista: sfacciato e arrogante si butta nella mischia pronto a fare un gran casino solo per poi uscirne con le ossa rotte, incapace di capire che se volesse davvero arrivare all’obiettivo forse sarebbe meglio urlare di meno e costruire di più. Peccato, sarà per la prossima volta.
Di seguito trovate il trailer italiano di Monkey Man, nei nostri cinema dal 4 aprile:
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