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Voto: 6/10 Titolo originale: Lupin , uscita: 08-01-2021. Stagioni: 2.

Lupin – Parte 2 (serie Netflix) | La recensione dei restanti 5 episodi

12/06/2021 recensione serie tv di Gioia Majuna

Omar Sy si prepara allo scontro finale col villain Pellegrini, tra momenti action, accenni di melò e comicità bambinesca

lupin parte 2 netflix serie Omar Sy

Sperav(am)o che Assane Diop (Omar Sy) fosse tornato a Parigi a quest’ora. La prima parte della nuova serie Lupin (la recensione) si era se ricordate conclusa con il suo antieroe parigino insolitamente preso dal panico, all’inseguimento di suo figlio che era stato rapito in Normandia. Questi nuovi 5 episodi riprendono esattamente da dove si erano interrotti i precedenti. Il rapitore del quattordicenne Raoul (Etan Simon) sta correndo attraverso le sonnolenti città transalpine mentre Diop e la furiosa madre del ragazzo, Claire (Ludivine Sagnier), perlustrano ogni strada del paese. Sia il rapitore che Diop si trovano curiosamente a dover affrontare gli stessi ostacoli però: nessuno intende aiutarli a causa del colore della loro pelle.

Tutti gli inseguimenti in macchina, le esplosioni e i vari colpi di scena disseminati sono certo un intrattenimento avvincente, ma ciò che rende Lupin anche un prodotto intelligente – e attuale – è che affronta, tra le righe, anche una tematica decisamente seria. Omar Sy ha spesso fatto riferimento a come l’intento generale fosse non solo di volersi, e voler, divertire e intrattenere il pubblico, ma anche contemporaneamente di smascherare e attaccare il razzismo profondamente radicato nella società francese (e non solo), un luogo in cui alcune persone “sono semplicemente invisibili”. Diop, che è franco-senegalese, sfrutta allora la questione a suo vantaggio, facendola franca derubando le alte sfere, sapendo che passerà facilmente inosservato.

lupin serie Netflix parte 2 netflix posterC’erano grandi aspettative per il ritorno di Lupin dopo oltre cinque mesi di ‘vacanza obbligata’. La prima parte dello show è stata lunga appena cinque episodi, una scelta ponderata (aka inspiegabile) tesa ad accrescere il desiderio di sapere cosa sarebbe successo che ha probabilmente incuriosito o spazientito gli abbonati. In ogni caso, è stata vista da circa 70 milioni di utenti nel corso dei primi 28 giorni dall’arrivo nel catalogo di Netflix, diventando la serie in lingua non inglese più vista nella storia della piattaforma, battendo Chiami il mio agente.

In molti sono rimasti affascinati da Diop, un sofisticato ladro di gioielli, che fa sembrare sexy le coppole e che ruba per vendicarsi della morte di suo padre Babakar. Fa brutte cose, ma c’è una ragione precisa, il che porta in qualche modo lo spettatore dalla sua parte. Durante la crescita, il genitore gli diede un libro di storie su un furfante gentiluomo chiamato Arsène Lupin. Lupin, in Francia, è un nome bello grosso; è la controparte d’oltremanica di Sherlock Holmes: il ‘papà’ di Lupin, Maurice LeBlanc, che ha scritto quelle storie nei primi anni del 1900, ha persino creato una specie di fan fiction su un detective di nome Herlock Sholmes. Ci sono stati molti adattamenti della sua storia nel corso del tempo ed è diventato famoso nel lontano Giappone con un manga (e poi coi cartoni animati) incentrato su suo nipote, Lupin III.

In questa versione seriale, Diop vede l’audace e soave ‘ladro gentiluomo’ come un’ispirazione e come lo Sherlock di Benedict Cumberbatch si avvale delle tecnologie contemporanee per aggiornare il mito classico. Quando era un ragazzo, suo padre, un immigrato senegalese, fu incastrato per aver rubato una collana dal suo ricco datore di lavoro, il leggendario Hubert Pellegrini (Hervé Pierre), e poi si suicidò in prigione. Così Diop ora si è proposto di ottenere giustizia, nel classico modello di Robin Hood di rubare ai ricchi per dare ai poveri.

Ogni episodio ha una trama a sé stante, ma è secondaria rispetto all’arco narrativo più ampio della storia narrata, su come Diop è diventato quello che è e sulle sue relazioni nel presente. Come nella prima parte di Lupin, ci sono malinconici flashback della sua giovinezza negli anni novanta e Mamadou Haidara è affascinante nei panni di un giovane Diop che si innamora facilmente, qui con la sua amica che suona il violino. Questo dettaglio è importante: è ‘quel tipo’ di show, in cui il protagonista ricorda momenti emotivamente pregni del proprio passato e li dosi abilmente senza soluzione di continuità.

Da adulto è invece fissato con Juliette (Clotilde Hesme), la figlia di Pellegrini, che non conosce l’intero ‘quadro’ del padre e lavora al suo fianco nella sua fondazione. La famiglia Pellegrini di facciata è impeccabile infatti, gestendo una fondazione per la diversità culturale e la giustizia sociale che in realtà maschera corruzione e controllo sulle forze di polizia. Hubert Pellegrini ricorda vagamente una versione in miniatura del Saul di Homeland e trama costantemente nell’ombra (ed è cattivo perché fuma sigari ostentatamente grandi e ha occhi porcini che brillano di avidità …), mentre Juliette e Diop diventano più intimi. In effetti, ci sono fasi in cui la loro relazione porta la serie nel territorio della commedia romantica, con giri in Vespa per Parigi e sentite discussioni sulla Senna.

Detto questo, Lupin mostra il meglio di sé quando si svolge nella capitale. Parte della gioia della visione deriva dal vedere la città e c’è una intrigante sottotrama che coinvolge il Musee d’Orsay. Lo sceneggiatore della serie, George Kay, è britannico e ha partecipato alla scrittura di Killing Eve. E si trova proprio un po’ dello spirito di Killing Eve, specialmente nelle scene in Normandia, che ricordano – per chi l’avesse vista – gli episodi in cui Eve cerca di nascondersi da Villanelle nella campagna inglese.

lupin parte 2 netflix serie Soufiane GuerrabA differenza di Villanelle, però, Diop è infallibilmente posato. Tanto è il magnetismo di Omar Sy da suscitare accese discussioni nel web sul fatto che possa essere lui il prossimo James Bond (e c’è un riferimento per niente velato qui, tra smoking e motoscafi …). Si può ben capire allora perché il suo miglior amico, il cagnolino J’accuse, salti sempre dritto tra le sue braccia appena può. La sua relazione con Raoul è invece il motore emotivo della serie – anche Raoul è ossessionato da Arsenio Lupin, ma ci sono dei punti oscuri nella sua conoscenza di ciò che fa davvero suo padre, e Diop affronta un conflitto interiore per questo motivo.

Il resto del cast fa il suo lavoro con professionalità, con l’agente di polizia nerd Guedira (interpretato da Soufiane Guerrab), che emerge come il Lestrade del protagonista, uno stimato nemico insomma. Le varie trame restano abbastanza avvincenti, sebbene faccia capolino talvolta una linea comica che appare vagamente fuori luogo, che resta comunque confinata a limitati ambiti (l’implausibilità del rapimento di Raoul o i travestimenti assurdi che nemmeno Hannibal Smith dell’A-Team …). Altro punto che può far storcere il naso è che – anche concentrandosi – i dettagli più fini non sempre tornano (su tutti, può essere difficile capire razionalmente come Assane Diop riesca ad uscire da alcune situazioni particolarmente spigolose).

Se si riesce a sorvolare e non ci si aspetta nulla più che qualche ora di intrattenimento senza pensieri, Lupin – il cui gran finale è ambientato al teatro dell’opera Théâtre du Châtelet, dove nel 1911 fu portata in scena la prima rappresentazione teatrale delle vicende di Lupin – offrirà una visione potabile.

Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Lupin – nel catalogo di Netflix dall’11 giugno:

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