Victoire Du Bois è una giovane scrittrice che combatte una tremenda forza demoniaca nei convincenti 8 episodi scritti e diretti da Samuel Bodin
Netflix, di tanto in tanto, cela dei piccoli e oscuri tesori nel suo nutrito palinsesto, come Marianne, serie originale horror francese creata da Samuel Bodin (che l’ha personalmente diretta e ne scritto la sceneggiatura insieme a Quoc Dang Tran). I suoi 8 episodi, che oscillano sapientemente tra inquietante e grottesco, vedono protagonista una moderna anti-eroina, la scrittrice Emma Larsimon, incarnata superbamente da Victoire Du Bois (Chiamami col tuo nome), che viene richiamata da un’oscuro segnale al suo paesino natio, Elden, per affrontare una forza maligna da cui era sfuggita anni prima.
Un gesto estremo della nuova arrivata riporterà quindi la scrittrice a far ritorno spaventata alla casa dei genitori e, soprattutto, ad affrontare i demoni del passato, da cui le pagine da lei scritte prendono spunto.
Marianne non è il solito prodotto teen horror d’importazione stereotipato che si basa su facili spaventi e su dinamiche tardo adolescenziali ritrite. È, invece, una serie stratificata e poliedrica, che riesce a toccare ogni sfumatura del racconto e a delineare con cura (ma senza mai cadere in eccessi da melodramma) ogni suo personaggio, prima tra tutti la complessa e affascinante Emma.
Ironica, capricciosa e irritante, sembra spesso che una vena profondamente autodistruttiva domini le sue azioni. Eppure, quando la sua spavalderia e l’indisponenza raggiungo i massimi apici, qualcosa in lei la salva, creando inevitabilmente empatia col pubblico. Certamente, la performance della volitiva Victoire Du Bois perfettamente concretizza una giovane sopra le righe, che in realtà è assai meno egoista e distaccata di quanto voglia far credere al mondo.
Si tratta della signora Daugeron, resa in maniera incredibilmente inquietante da Mireille Herbstmeyer (Fin d’été). È lei inizialmente l’epicentro del demoniaco che dilaga per le strade del paese di pescatori che si affaccia sul mare. Che sia smaccatamente minacciosa, o falsamente gentile, ogni sequenza in cui compare fa venire i brividi.
Siamo stati abituati negli anni da Hollywood a una concezione e una estetica della possessione piuttosto pirotecnica ed eccessiva. Se pensiamo ad esempio uno dei capostipiti che ha determinato poi l’idea vulgata del diabolico, ossia quella al centro del seminale L’esorcista di William Friedkin, quanto stiamo affermando risulta immediato. Come avveniva per la giovane Regan MacNeil (Linda Blair), siamo assuefatti da tempo immemore a indemoniati che proferiscono frasi blasfeme e versi gutturali con voci arcane, che fluttuano a metri da terra, aggrediscono preti ed esorcisti vari, si contorcono mentre assumono sembianze sempre più mostruose e così via. Ovviamente, nessuno mette in dubbio il valore del capostipite del 1973 (altro discorso vale invece per gli infiniti cloni …). Tuttavia, il Maligno e i suoi servitori devono sempre e per forza manifestarsi in una forma così eccentrica? In Marianne, la risposta è no.
La possessione così assume più i contorni della perversione, che non – se non di rado – di una forza sovrumana che travalica le leggi della fisica. La signora Daugeron e le altre incarnazioni della strega hanno allora il piglio terrificante del Diavolo beffardo, che cela dietro una parvenza normale un’efferatezza infernale. Bizzarro e mostruoso, è la declinazione minacciosa di grottesco che ne definisce l’essenza luciferina.
Assistiamo così ad un crescendo, che combina i meccanismi narrativi dell’indagine, alle parentesi a ritroso all’origine del tutto, all’adolescenza (dall’episodio 1×05), alle molteplici manifestazioni sinistre dello spirito che salta da un corpo a un altro e che attraverso la prosa di Emma riesce a propagare la sua malefica azione a luoghi altrimenti irraggiungibili. Il suo operato pare inarrestabile, l’inganno il suo mantra, mentre per le stradine e sulle alte scogliere di Elden (in realtà le riprese sono realizzate nella bretone Doëlan), o nell’inquietante faro che incombe sull’abitato e sul litorale, si susseguono inspiegabili eventi. Piccoli e sinistri amuleti fatti di carne, capelli e denti segnalano e diffondono la maledizione.
Insomma, a Marianne non manca nulla. Abbiamo una tensione costante, un mistero oscuro che ammanta una tranquilla cittadina marittima, il senso di pericolo incombente, alcuni momenti davvero cruenti, un certo humor nero che a volte stempera, a volte incrementa, la suspense e una serie di personaggi sfaccettati – e bravi interpreti – che ci traghettano lungo gli 8 episodi fino al finale, aperto, della serie. Una cavalcata tanto coinvolgente da guidarci fino alla soluzione dell’arcano e allo scontro finale senza che nemmeno ce ne sia accorti. Se non è questo un grande pregio …
Di seguito trovate il trailer in versione italiana della serie originale, già da qualche giorno nel catalogo di Netflix: