Voto: 6.5/10 Titolo originale: MobLand , uscita: 30-03-2025. Stagioni: 1.
MobLand, stagione 1: la recensione dei 10 episodi della serie crime di Paramount+
23/06/2025 recensione serie tv MobLand di Gioia Majuna
Guy Ritchie reinventa il gangster drama con Tom Hardy ed Helen Mirren in un prodotto brutale e sofisticato

MobLand è una serie televisiva britannica prodotta da Guy Ritchie e diretta in parte da lui stesso, che riesce a rifondare le regole del gangster drama contemporaneo pur rimanendo saldamente ancorata alle sue radici classiche.
Ambientata in una Londra oscura e stratificata, la storia segue la guerra intestina tra due famiglie criminali, gli Harrigan e gli Stevenson, offrendo uno sguardo spietato su potere, lealtà e degenerazione morale.
A colpire dei 10 episodi della prima stagione è soprattutto il tono: crudo, violento, privo di qualsiasi desiderio di compiacere, MobLand rifiuta ogni forma di romanticismo gangsteristico e si impone come una riflessione brutale sulla corruzione dell’animo umano. Tom Hardy interpreta Harry Da Souza, il “fixer” per eccellenza, un personaggio enigmatico e silenzioso che incarna perfettamente la figura dell’uomo d’azione spietato ma lucido, uno stratega che sembra sempre dieci passi avanti agli eventi.
La sua performance è magnetica, fatta di sguardi, silenzi e improvvisi lampi di ferocia, ed è il vero centro di gravità della serie. Helen Mirren nei panni di Maeve Harrigan è una matriarca machiavellica e subdola, una vera regina bianca del crimine che, come un’Iago shakespeariano, muove i fili nell’ombra spingendo la sua famiglia verso il caos. Pierce Brosnan, come Conrad, coniuga fascino decadente e instabilità, offrendo una delle sue interpretazioni più ambigue e memorabili degli ultimi anni.
Se l’impianto narrativo non presenta grandi originalità, ciò che eleva MobLand è la sua esecuzione: ogni dettaglio è calibrato con precisione chirurgica, dai dialoghi affilati alla regia nervosa, dalla fotografia cupa ai costumi che raccontano da soli la gerarchia sociale dei personaggi.
Le dinamiche interne agli Harrigan riflettono il disfacimento di un impero, tra figli problematici, mogli calcolatrici, nipoti psicopatici e legami mai realmente consolidati. È una famiglia che implode mentre combatte una guerra esterna e una guerra interna, come in una tragedia greca traslata nel crimine contemporaneo.
Le scene d’azione non mancano, anzi, sono violente, improvvise, sempre funzionali al racconto, ma MobLand brilla di più nei suoi momenti di calma apparente, dove le tensioni psicologiche si caricano come molle pronte a scattare. La serie non cerca di reinventare il genere, ma lo plasma secondo un’estetica raffinata e una costruzione narrativa stratificata: è un noir familiare e sociale dove ogni personaggio porta con sé i segni del trauma, della perdita e della colpa.
L’alchimia tra i protagonisti è uno dei punti di forza assoluti: Hardy, la Mirren, Brosnan e Paddy Considine creano un gioco di specchi narrativi dove nessuno è ciò che sembra e la moralità è un concetto svuotato di senso.
L’influenza di Quel lungo venerdì santo, Carter e Peaky Blinders è evidente, ma MobLand si distingue per l’equilibrio tra tradizione e modernità, portando in scena un gangster drama che abbandona l’eccesso stilistico di Ritchie per abbracciare una tensione più secca, essenziale, quasi teatrale.
Persino il lato più “soap” della narrazione – amori, tradimenti, rivalità – viene gestito con intelligenza, trasformandosi in strumenti per esplorare le dinamiche del potere e della manipolazione. A tratti, sembra una tragedia familiare più che una serie crime.
Nonostante alcune derive prevedibili e una certa ridondanza nelle figure secondarie, MobLand si rivela una delle proposte televisive più solide del 2025, capace di soddisfare sia gli amanti del crime puro che coloro che cercano un dramma psicologico più sofisticato. La regia alterna ritmo serrato a momenti sospesi di tensione, la colonna sonora accompagna con intelligenza senza mai sovrastare, e il montaggio sostiene l’atmosfera con eleganza.
Il risultato è una serie che si lascia guardare, analizzare, discutere. Non è una rivoluzione, ma è il perfetto esempio di come si possa raccontare una storia già vista rendendola ancora necessaria. In definitiva, MobLand non è solo un prodotto da binge-watching, ma un racconto sull’abisso, sulla decadenza, sulla disperazione. È un’opera nera, claustrofobica e avvincente che porta il segno riconoscibile dei suoi autori, ma che trova anche una voce autonoma e potente. Chi cerca una narrazione gangster con anima, cervello e ferocia, troverà qui pane per i propri denti.
Di seguito trovate il trailer internazionale di MobLand:
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