Voto: 7/10 Titolo originale: ??????? 0 , uscita: 29-08-2024. Stagioni: 1.
Terminator Zero: la recensione degli 8 episodi della serie anime (su Netflix)
02/09/2024 recensione serie tv ??????? 0 di Marco Tedesco
Dopo anni di sequel modesti e stanchi, il franchise ritrova ossigeno e forse trova una nuova via per raccontare una vecchia storia
I primi due film di Terminator sono considerati unanimemente dei capolavori, e per una buona ragione. Hanno introdotto personaggi iconici, frasi memorabili, musiche indimenticabili e alcune delle sequenze d’azione più spettacolari di tutti i tempi, oltre a un messaggio importante sull’eccessiva dipendenza dell’umanità dalla tecnologia.
Nonostante James Cameron si sia allontanato dalla regia per concentrarsi su altri progetti, il franchise di Terminator ha continuato a espandersi attraverso film, fumetti, romanzi, videogiochi e una serie TV.
Tuttavia, nessuno dei capitoli successivi è riuscito a raggiungere lo stesso livello di popolarità dei primi due lungometraggi. È comprensibile, quindi, che i fan e gli spettatori occasionali fossero scettici riguardo a una serie Netflix di Terminator in 8 episodi da 25 minuti che non presentasse i personaggi più amati e che era oltretutto animata.
Invece, proprio questi aspetti rendono probabilmente Terminator Zero il miglior capitolo del franchise dai tempi di T2: Il Giorno del Giudizio.
Terminator Zero di Mattson Tomlin, diretto dal giapponese Masashi Kudo, è ambientata in Giappone nel 1997 e segue uno scienziato di nome Malcolm Lee e i suoi tre figli, Kenta, Hiro e Reika. La morte della moglie di Malcolm lo ha portato a distaccarsi emotivamente dai suoi figli e a concentrarsi maggiormente sul suo lavoro alla Cortex Industries. Mentre la tata Misaki si occupa dei bambini, Malcolm interagisce con un programma di intelligenza artificiale che ha creato, chiamato Kokoro.
Ma perché Malcolm ha costruito Kokoro? Egli continua ad avere visioni di un futuro in cui il mondo sarà dominato dai robot e gli esseri umani saranno decimati. Crede che Kokoro possa prevenire questo futuro distopico.
Come di consueto nel franchise, un Terminator viene inviato indietro nel tempo dal futuro per impedire a Malcolm di attivare Kokoro e di porre fine al regno di Skynet prima ancora che inizi.
Inoltre, una soldatessa umano di nome Eiko viaggia anch’essa nel 1997 per combattere il Terminator e impedire a Malcolm di commettere un errore catastrofico.
Uno degli aspetti più interessanti di Terminator Zero è l’esplorazione degli eventi della saga da una nuova prospettiva. I personaggi sono imperfetti, il che rende facile relazionarsi con loro ed essere coinvolti nello loro vicende.
Kenta, in particolare, potrebbe irritare gli spettatori all’inizio, ma man mano che la storia si sviluppa, la sua rabbia diventa comprensibile. Eiko e Misaki sono ritratti con una combinazione di compassione e determinazione, mentre il Terminator della serie è paragonabile al T-1000 di Il Giorno del Giudizio per astuzia e risolutezza.
La struttura a episodi della serie permette poi di approfondire le discussioni sulla reale necessità di salvare l’umanità. A differenza dei primi film, in cui l’urgenza di fermare il giorno del giudizio era chiara e immediata, Terminator Zero si interroga se la razza umana meriti davvero di essere salvata, data la sua intrinseca imperfezione.
I dialoghi tra Kokoro e Malcolm sono particolarmente avvincenti. Sebbene il ritmo di alcuni episodi possa risultare lento, coloro che apprezzano i dibattiti filosofici piuttosto che l’azione incessante lo troveranno coinvolgente.
Il franchise di Terminator inizialmente aveva prosperato grazie al dramma umano, all’azione e all’orrore di sopravvivere a un’entità praticamente inarrestabile. Tuttavia, man mano che la saga progrediva, ha iniziato a concentrarsi maggiormente sulle complessità del viaggio nel tempo, il che l’ha resa più convoluta e meno interessante. Terminator Zero riesce a bilanciare la natura intricata di un viaggio nel tempo coi suoi inevitabili paradossi con confronti profondi sulla relazione tra passato, presente e futuro.
Queste riflessioni filosofiche sono abbinate a visuali mozzafiato e a momenti di furia intensi. A differenza della violenza edulcorata di alcuni dei film live-action successivi, l’animazione in Terminator Zero è elegante, cruda e di grande impatto. Gli animatori e i designer del suono hanno fatto un lavoro straordinario, rendendo le sequenze d’azione viscerali e memorabili.
Guardando Terminator Zero, sorge però una domanda interessante: perché ci è voluto così tanto tempo per spostare il franchise in Giappone? Il paese asiatico è ben noto per i suoi avanzamenti tecnologici e ha una lunga tradizione di storie di fantascienza (tra manga e cartoni animati) incentrate sull’ascesa delle macchine.
Eppure, ci sono voluti 40 anni per spostare il franchise dagli Stati Uniti alla terra del sol levante. È in qualche modo sorprendente, ma come si suol dire, meglio tardi che mai. La scelta non solo arricchisce la narrazione con una nuova ambientazione, ma apre anche nuove possibilità per lo sviluppo della trama e l’esplorazione di temi culturali legati alla tecnologia e alla IA.
Questo cambio di scenario è una boccata d’aria fresca per un franchise che, per troppo tempo, è rimasto legato alle stesse ambientazioni e ai medesimi conflitti e potrebbe essere l’elemento chiave per la rinascita di un franchise che negli ultimi anni ha sofferto a causa di decisioni creative alquanto discutibili.
In un panorama hollywoodiano in cui i blockbuster sembrano sempre più omogenei, Terminator Zero potrebbe rappresentare dunque l’anno ‘zero’, rimanendo comunque fedele alla formula che dal 1984 combina dosi di azione e discussioni filosofiche sul futuro dell’umanità quanto mai attuali.
Di seguito trovate il full trailer internazionale di Terminator Zero, nel catalogo di Netflix dal 29 agosto:
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