Voto: 7/10 Titolo originale: The Curse , uscita: 12-11-2023. Stagioni: 1.
The Curse (serie Paramount+): la recensione dei 10 episodi agevolati dalla A24
11/11/2023 recensione serie tv The Curse di Gioia Majuna
Emma Stone è la portentosa protagonista di un'opera satirica che si intinge nel soprannaturale e nell'assurdo per criticare la società
Se ricordate, Showtime ha concesso a David Lynch una piena licenza artistica per realizzare qualche anno fa il sorprendente e anticonvenzionale Twin Peaks – Il ritorno (l’approfondimento), e ha concesso ora (c’è anche lo zampino della A24) la stessa libertà a Nathan Fielder e Benny Safdie con The Curse, una serie in 10 episodi che è un po’ l’apice della comicità cringe, una bizzarra satira dei programmi di ‘miglioramento della propria casa’ (e, per estensione, dei reality TV) e un ritratto da incubo della disfunzione coniugale e dell’insicurezza individuale e professionale, dell’amarezza, del bisogno e dell’odio umani.
Non c’è modo di sottolineare adeguatamente la stranezza di questa storia fuori dal comune, né di preparare il pubblico alle sorprese che ha in serbo. Guidata da Emma Stone in quella che potrebbe essere la migliore interpretazione della sua carriera, è allo stesso tempo bizzarra al punto di far morire dalle risate e terrificante da far venire i brividi, e le due cose culminano in un finale di sconcertante follia.
Seguono vaghi SPOILER sulla trama, indispensabili per un’analisi puntuale
Creata come detto da Fielder e Safdie, che co-scrivono e dirigono anche numerosi episodi, The Curse appare inizialmente piuttosto semplice.
Whitney (Stone) e Asher (Fielder) sono i padroni di casa sposati di una serie della HGTV di prossima uscita, intitolata Flipanthropy, in cui mirano a rivitalizzare la fatiscente città natale di Whitney, Española, nel Nuovo Messico.
Il loro obiettivo è quello di costruire “case passive” che utilizzino le più recenti e presunte tecnologie a energia verde, dalle superfici esterne a specchio riflettente che le fanno sembrare un miraggio, ai controlli dell’atmosfera ermeticamente sigillati che mantengono la temperatura costante senza condizionatori d’aria e rendono l’ambiente simile a, come dice Whitney, “un thermos”.
In questo matrimonio, Whitney guida e Asher segue, e questo vale soprattutto per la loro missione ecologica, che si estende a una serie di iniziative – una caffetteria, un negozio di jeans – che hanno lanciato per dare un contributo alla comunità.
Whitney è l’incarnazione dell’attivismo liberale, il suo comportamento da ‘benefattrice performativa’ è espresso con una serietà che non riesce a mascherare il fatto che tutto ciò che fa è in realtà per farla sentire e apparire bene con se stessa.
La donna ne ha bisogno, visto che è la figlia di genitori (Corbin Bernsen e Constance Shulman) che sono stati tacciati dalla stampa di essere “grandi proprietari avidi”. Whitney si preoccupa soprattutto di come si presenta, sia che abbracci l’ebraismo del marito Asher, sia che offra un lavoro a Fernando (Christopher D. Calderon) alla caffetteria del posto, che in realtà è solo un negozio di oggetti di scena che Whitney e Asher finanziano personalmente.
In tutti i sensi, Whitney è una falsa che desidera così tanto essere amata e avere successo da comprare le stesse stronzate che sta vendendo, comprese le battute amorose che condivide con Asher, un partner i cui tratti principali sono la goffaggine all’ingrosso e la devozione convinta al coniuge.
Nathan Fielder (The Disaster Artist) è il solito personaggio ‘anormale’ anche in The Curse, sebbene inseriesca nella stranezza di Asher una notta rabbiossa di fondo che emerge nei momenti di tensione o di confronto. Ha anche un micropene e alcune insolite perversioni sessuali, che lui e Whitney trattano come niente di che, ma che contribuiscono alle tensioni che ribollono dietro la loro facciata allegra.
In quasi tutte le situazioni sociali – quando gli si chiede di pronunciare una battuta divertente durante una lezione di comicità, o quando è costretto a recitare una tiritera provata nel corso di un’intervista televisiva – l’uomo si presenta un imbranato riservato e inetto, ma abbastanza perspicace da riconoscere l’opinione che gli altri hanno di lui, e che ha interiorizzato la sua rabbia fino al punto di rottura.
A completare il trio di The Curse c’è Dougie Schecter (Safdie), amico d’infanzia di Asher che ha accettato di fare da produttore a Flipanthropy. Con i suoi lunghi capelli e il pizzetto, Dougie è eccentrico quasi quanto Asher, anche se a modo suo. Dalla tragedia per guida in stato di ebbrezza che lo ha lasciato vedovo alla sua abitudine passata – e presente – di fare il bullo con Asher, Dougie è una costantespina nel proverbiale fianco.
Ha il desiderio di allontanare Whitney e Asher per il bene del programma, poiché pensa che il conflitto sia ciò che fa funzionare il reality, e per i suoi motivi egoistici. Safdie fa di lui una sorta di “dietro le quinte” avvincente quanto i suoi compatrioti in onda, e veste i panni di Dougie con un sorriso sgarbato e allo stesso tempo carico di inquietudine, che si adatta perfettamente al resto dell’azione.
Come accennato, Gran parte di The Curse è una stravagante critica alla programmazione di HGTV e ai suoi ‘fratelli reality’, deridendo il genere come un mero campo di gioco per narcisisti manipolatori e doppiogiochisti che interpretano così vigorosamente ruoli fittizi davanti e dietro alle telecamere che la linea di demarcazione tra ciò che è genuino e ciò che è finto cessa di esistere.
Questo avviene in una miriade di modi, sia che si tratti degli sforzi di Dougie di mescolare le acque per creare drammi, sia che si tratti del tentativo di Whitney di fare amicizia con l’artista nativa americana Cara (Nizhonniya Austin) e di sfruttarla – uno dei tanti casi in cui cerca valorosamente di cooptare la cultura e le tradizioni indigene per i propri fini – sia che si tratti della decisione della produzione di assumere dei civili a caso per fingersi acquirenti dell’assurda abitazione di Whitney e Asher.
Prendere in giro le star dei reality per la loro assurda insincerità e affettazione è come sparare a un pesce in un barile, ma The Curse eleva la sua parodia attraverso la peculiarità sociopatica, in gran parte gestita dal premio Oscar Emma Stone in una magnifica interpretazione da protagonista, definita da sorrisi insinceri, con accenni di furia, disgusto per se stessa e dolore agli angoli della bocca (e negli occhi).
Oltre a ridicolizzare HGTV e a descrivere in modo incisivo i dettagli del matrimonio incasinato tra Whitney e Asher, The Curse funziona come un surreale spettacolo horror lynchiano. La serie è caratterizzata infatti da un ritmo aritmico; dalla regia di Fielder, che osserva tutto e tutti a distanza distaccata attraverso le porte e da dietro i vetri, le recinzioni e le strutture; dall’inquietante colonna sonora elettronica ultraterrena di John Medeski e da persistenti suggestioni sul soprannaturale – in particolare, una maledizione che Asher riceve dalla giovane Nala (Hikmah Warsame) in seguito a un inetto gesto di pseudo-carità.
La presunta maledizione di Nala finisce per coinvolgere Whitney e Asher con la sua famiglia, guidata da Abshir (Barkhad Abdi), e investe con una terribile cappa la narrazione. Se qualcosa di soprannaturale sia davvero in atto viene mantenuto oscuro per la maggior parte delle 10 ore di The Curse (da qui il titolo …), e mentre un’apparente risposta si materializza nel finale, l’episodio conclusivo è così sorprendente e stravagante che è destinato a ispirare il dibattito su ciò che è accaduto – dopo che gli spettatori avranno risollevato le mascelle dal pavimento.
Insomma, tra Nathan For You, The Rehearsal e quest’ultimo lavoro, Nathan Fielder si è ritagliato una nicchia come re della commedia fuori dagli schemi, creando opere tanto scomode e audaci quanto divertenti. Collaborando col brillante Benny Safdie e la formidabile Emma Stone, The Curse si rivela adesso un altro gioiello nella sua spiazzante corona.
Di seguito il trailer italiano di The Curse, nel catalogo di Paramount+ dal 10 novembre:
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