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Voto: 7.5/10 Titolo originale: Too Old to Die Young , uscita: 10-06-2019. Stagioni: 1.

Too Old to Die Young (ep. 1-10): la recensione della serie Amazon di Nicolas Winding Refn

22/06/2019 recensione serie tv di Sabrina Crivelli

Il regista danese firma un'opera radicale, dilatatissima e anti-commerciale, una summa del suo cinema da cui non potrà tornare indietro

too old to die young serie teller

Un descensus ad inferos proiettato in un decadente scenario urbano post-contemporaneo, tale potrebbe essere la definizione di Too Old To Die Young, ultima magistrale e disarmante fatica realizzata per gli Amazon Studios di Nicolas Winding Refn. Di serie, difatti, è difficile parlare, nonostante la struttura seriale, poiché sarebbe quasi banalizzare unìopera che ha più dell’epos oscuro che del mero prodotto dalla narrazione parcellizzata destinato al piccolo schermo. Indigesto, superbo, decisamente anti-commerciale come solo il regista danese controcorrente sa essere, questa sua creazione è la vetta di tutta la sua ricerca, ne somma gli elementi e stilemi fondamentali, ed è difficile pensare a qualcosa dopo aver raggiunto un simile apice, o meglio un simile abisso. Ad aiutarlo nel copione, scritto a quattro mani, c’è Ed Brubaker, geniale sceneggiatore di fumetti vincitore di ben 6 premi Eisner (per CriminalThe Fade Out e altre testate Marvel).

Too Old To Die Young serie refn posterDue antieroi che si fronteggiano

Dopo una lunga panoramica su un murale dai colori scintillanti, l’occhio della telecamera si concentra su due uomini in divisa stanno parlando appoggiati all’auto di pattuglia parcheggiata all’angolo di  una strada buia e anonima di Los Angeles. “È come se non avessimo controllo sulle nostre stesse vite”, Larry (Lance Gross) dice a Martin (Miles Teller), mentre parla della sua amante, troppo pressante, Amanda (Callie Hernandez); è spaventato che gli possa rovinare la vita e che la moglie scopra tutto. Glaciale afferma che dovrà ucciderla, che solo la morte può mettere fine a ogni cosa. E in un certo senso è proprio così: la morte e il caos incombono su di lui, su di lei, come su ogni essere vivente in un mondo che rapido si sgretola.

Passa una manciata di minuti, Larry dà prova della propria immoralità prima facendo avance spinte, poi ricattando una giovane automobilista terrorizzata fermata per un controllo di routine. Poi, quasi una meritata nemesi prenda corpo dalla tenebra, un uomo repentino esce da una macchina, gli arriva davanti ed esclama: “Ehi agente, questo è per mia madre!”. Una serie di colpi di pistola rimbomba nella notte. L’assassino, Jesus (Augusto Aguilera), si allontana quindi celere nel buio.

In questa maniera, in pochi eppure intensi tocchi sono presentati i due poli opposti su cui si sorreggerà l’intero sviluppo di Too Old to Die Young. Martin e Jesus sono i due binari paralleli su cui corrono tutti i 10 episodi da oltre 60 minuti ciascuno (o forse quasi tutti). Sembra che le loro strade prendano direzioni differenti, che siano separati dal tempo e nello spazio (troviamo Jesus in Messico nel secondo episodio), ma sono palesemente legati da un inscindibile vincolo di morte e vendetta. L’unica incertezza è comprendere come la palese predestinazione verrà portata a compimento.

Antieroi fortemente complementari, simili nella loro freddezza e imperscrutabilità, eppure in qualche modo diversi, almeno nell’obiettivo finale, sono due killer spietati i perni dell’intera storia. Non c’è spazio per un protagonista del tutto positivo, per un paladino senza macchia, almeno non nell’universo oscuro di Nicolas Winding Refn, in cui la virtù è stata tanto logorata da lasciarci solo differenti sfumature di Male.

Too Old to Die Young nicolas refn serieD’altra parte non è certo un caso anomalo: il Julian in Solo Dio Perdona (Only God Forgives), oppure il misterioso pilota senza nome al centro di Drive (ambedue incarnati da Ryan Gosling) erano figure tutt’altro che limpide, individui che sopravvivevano ai margini della società di attività criminali. La loro disfatta seguiva una ‘naturale’ parabola discendente, chiara sin dalle premesse.

Ne sono ora l’esempio perfetto Martin, detective corrotto che lavora segretamente come killer per una cosca criminale e che frequenta la diciassettenne Janey (Nell Tiger Free, che abbiamo visto in Il trono di spade), e Jesus appunto, spietato membro di un cartello messicano nato negli USA che dopo l’assassinio della madre Magdalena (Carlotta Montanari) ne prende il posto alla direzione delle attività criminali. I due sono interpretati da Miles Teller (Whiplash) e Augusto Aguilera (Ice) che danno vita a una performance straniante, eccentrica e monocorde, risultando perfettamente allineati al minimalismo espressivo e recitativo che contraddistingue i personaggi maschili refniani. La direzione del proprio cast da parte del regista è indubbiamente un chiaro marchio di fabbrica.

I mille volti della morte e della distruzione

Allo stesso modo, la freddezza e la crudeltà, frutto di un mondo senza bontà o speranza, definiscono profondamente l’intera gamma antropologica che in Too Old to Die Young lenta si dipana. Figli dell’Apocalisse in attesa dell’ineluttabile epilogo, si susseguono i ritratti di soggetti surreali e cinici. In entrambe le realtà parallele da una parte all’altra del confine (tra Stati Uniti e Messico) assistiamo a un macabro carnevale umano nichilista. Da un lato, la società statunitense è popolata di adolescenti cocainomani come Janey (e non solo), cresciute da genitori disattenti e distruttivi.

Il padre di lei (William Baldwin), d’altronde, è un ricco ‘imprenditore’ dalla morale labile e dedito ad affari non proprio trasparenti (che a un certo punto parla addirittura con il fidanzato trentenne Martin della figlia minorenne delle prestazioni sessuali di quest’ultima, con tanto di mimo dell’atto e di commenti scabrosi sulle abilità amatorie di lei). Ci sono gang rivali che gestiscono ogni tipo di malaffare, e pornofili depravati che girano video hard di stupri (1×06).

Too Old to Die Young nicolas refn serieD’altro canto, la polizia è composta da soggetti corrotti che abusano del distintivo (Martin e Larry), oppure da agenti al limite della follia. I detective della omicidi (a cui Martin viene ‘prestato’ dopo la morte del collega) sono capeggiati da un tenente che dà alla nuova recluta un piccolo suggerimento: quando non sai che strada prendere, non seguire gli indizi, ma tira i dadi e l’universo sceglierà per te (1×03), o che inneggia “Fascismo, fascismo!” (1×04) insieme ai colleghi, o che infine mette in scene versioni blasfeme della Passione di Cristo (1×07).

Non stupisce quindi che la Giustizia, o meglio una sua forma sommaria e capitale, sia portata avanti nel’ombra da altri. Prima tra tutti è un’assistente sociale (delle vittime di crimini violenti) e Guru con sedicenti poteri mediatici (Jena Malone), che opera da vendicatrice in collaborazione con un instancabile sicario (John Hawkes) e con la quale Martin ovviamente entra quasi subito in contatto per l’assassinio di un molestatore (1×03).

Il Messico poi è assolutamente ‘terra di nessuno’ (l’immagine che ne risulta non è per nulla edulcorata o lusinghiera). La malavita organizzata inizialmente è presentata con un volto quasi inoffensivo: il patron locale, don Ricardo (Emiliano Díez), è un vecchio malato che adora il calcio e Pelé, che ama ricordare i vecchi tempi, che rimprovera sovente l’arrogante figlio Miguel (Roberto Aguire) e che ha un’adorazione per la sorella – e madre di Jesus – Magdalena, a cui sembra esser stato legato da un’intimità ben più che fraterna. Il capofamiglia, che ora si accompagna con la bella e tenebrosa Yaritza (Cristina Rodlo), ha stretto un patto con la polizia, che paga profumatamente per mantenere la pace sul territorio.

I forti imperversano sui deboli, eppure un misterioso giustiziere anche qui fa capolino, una ‘Sacerdotessa della Morte’ dicono le voci, che prende le difese delle donne vittime di soprusi, le giovani rapite alle loro famiglie e poi costrette a prostituirsi. Introdotto nel secondo episodio, questo è – come afferma secco Jesus – il futuro, “perché qui non ci sono leggi, ognuno fa quel che deve per sopravvivere”. Emisfero infero fatto di riti arcani, di tarocchi, di mistero e di atrocità, prende vita lungo è alternato all’ambientazione americana per poi estendere la propria influenza oltre al confine. Sono due configurazioni oscure che gradualmente si fondono, man mano che il cartello acquista forza e Jesus torna in America per riprendere in mano l’eredità della madre con una nuova sposa.

Too Old to Die Young nicolas refn serieSprofondando lentamente nell’oscurità

Che siano gli USA o il Messico, la rappresentazione che ne restituisce Nicolas Winding Refn è sospesa tra tangibile e metafisico, come a condurci in mondi paralleli, vicini a quelli reali sulla superficie, ma che a uno sguardo più attento hanno qualcosa di straniante, di sconcertante.

Pur non mancano spiazzanti momenti grotteschi (l’inseguimento in auto della 1×05 su tutti) Too Old to Die Young spazia allora in un iperrealismo magico dalla connotazione sinistra, in cui la miseria dell’uomo contemporaneo si concretizza nel vizio, nella droga, nelle declinazioni più perverse del sesso, nella disperazione e nella violenza.

Eppure l’immagine che la telecamera ci restituisce non è scabra, ma iper estetizzata. Capannoni dismessi in cui si girano squallidi film porno di infima qualità diventano cattedrali della perdizione grazie alla luce al neon rossa che illumina una ‘attrice’ mentre rassegnata subisce la sua violenta e sadica preparazione; oppure un grido al rallenti e una musica eroica accompagnano un colpo in testa. Il sangue, i cadaveri, i dettagli cruenti o grotteschi assumono tutta una nuova statura estetica, diventano i segni di un inedito vocabolario formale che ribalta le precedenti regole, le precedenti coordinate.

Ogni episodio di Toot Old to Die Young vanta un ritmo dilatatissimo, segue un criterio interno nel mostrare gli eventi e nel raccontarli. I movimenti di macchina si attardano in lentezze quasi esasperanti, per poi d’improvviso divenire celerissimi. Una delle vittime di Martin (1×03) è catturata mentre è pressoché nuda e sdraiata davanti al poliziotto. L’inquadratura si concentra su qualche centimetro di pelle alla volta; parte dal basso per poi salire, impercettibilmente, instancabilmente, e viene voglia quasi di spingere la mano che tanto ne frena l’incedere per arrivare dritti al punto. Poi, d’improvviso, uno scatto stacca e l’azione violenta e ipercinetica pervade il quadro. Lo stesso vale per il principio con cui sono costruite molte delle sequenze.

Non viene seguita la logica elementare e pragmatica a cui siamo abituati dal cinema americano, elementare, ma efficace e fruibilissimo. Al contrario, le scene sono create secondo un moto ondivago, erratico, gli elementi di dispersione dello sguardo portano lo spettatore a smarrirsi negli interni labirintici, negli esterni polverosi e battuti dal sole, oppure bui e illuminati da luci sintetiche intermittenti in una magistrale fotografia firmata da Darius Khondji (Seven, La città perduta) . Come nel migliore cinema del connazionale Carl Theodor Dreyer (e in Vampyr in primis), in Too Old to Die Young Nicolas Winding Refn non ricostruisce un tempo e uno spazio intellegibili, ma impossibili, in cui non ci si può che perdere.

too old to die young serie Refn 2019Allo stesso modo, è del tutto innovata la maniera in cui viene affrontato un prodotto seriale destinato al piccolo schermo. Del tutto anti-commerciale, il filmmaker non si preoccupa di disseminare in Too Old to Die Young tutti quei piccoli trucchi che portano il pubblico a legarsi comunemente a uno show televisivo tradizionale. Soprattutto non ci sono cliffhanger tra un episodio e l’altro. Al contrario, la narrazione è, soprattutto in principio, esageratamente rallentata, contemplativa (all’apparenza, spesso, senza motivo).

Non è certo una diegesi fondata sull’accumulo degli eventi, sull’azione, sull’indagine coinvolgente, sugli scontri all’ultimo sangue o su dialoghi incalzanti. Tutti gli ingredienti tipici di un thriller, meglio di un hard boiled alla James Ellroy, qui sono del tutto snaturati per divenire una rilettura epica, oscura e surreale, del genere e che indubbiamente risente dell’influsso di Ed Brubaker alla sceneggiatura. Ciò non vuol dire, però, che sia assente la suspense, un crescendo angoscioso, ma è più vicino a un inesorabile realizzarsi di un destino di morte, come quando si sta sprofondando nelle sabbie mobili. Infine, a completare la sensazione di smarrimento che sovente ci coglie, sono le musiche sintetiche e aliene di Cliff Martinez, collaboratore di lunga data di Nicolas Winding Refn.

In definitiva, l’unica nota non proprio convincente è il finale aperto che dà, più che in precedenza (non è una novità nella carriera del regista), la sensazione di incompleto, e che risulta fin troppo retorico, eroico e positivo per il mondo così privo di speranza nel quale eravamo stati scaraventati.

Di seguito trovate il trailer internazionale di Too Old To Die Young, nel catalogo Amazon Prime dal 14 giugno: