Voto: 6/10 Titolo originale: Achoura , uscita: 26-06-2020. Regista: Talal Selhami.
Achoura: la recensione del film horror di Talal Selhami sul Bougatate (NIFFF 2019)
12/07/2019 recensione film Achoura di Sabrina Crivelli
Il regista franco-marocchino torna sulle scene con una favola dark sulla perdita dell'innocenza un po' debitrice di IT, che ha il pregio di introdurre al pubblico occidentale un boogeyman del folkore arabo che mangia i bambini
Importante celebrazione religiosa annuale nel mondo islamico, specie nei paesi del Nordafrica, ad esempio in Marocco, durante la festa di Ashura i bambini si schizzano d’acqua a vicenda e si riuniscono attorno a un falò, danzando e indossando sovente maschere. È un momento di gioia, eppure anche in tale frangente il male a volte emerge dalla tenebra.
Proprio con questa ricorrenza si apre l’horror di Talal Salhami (Mirages), Achoura per l’appunto, che ci proietta inizialmente in un passato non ben definito nelle campagne marocchine. La piccola Bashira, insieme a un amichetto, in un tentativo di fuga, finisce nella ‘Casa dei Francesi’, fosca magione coloniale ormai abbandonata da tempo che cela un oscuro ospite, in famelica attesa di un innocente.
Stacco. Sono passati anni e siamo ai giorni nostri. Ali (Younes Bouab), un detective, sta indagando sulle misteriose sparizioni di bambini che nel tempo si sono susseguite. Sono ormai cold case, ma lui ne è ossessionato, e tale fissazione sembra averlo allontanato dalla moglie Nadia (Sofia Manousha) e dal figlio Yossuf.
C’è d’altra parte un’antica ferita ancora aperta, che gli impedisce di andare avanti e che risale alla sua infanzia, quando il fratello Samir (Omar Loft) scomparve nel nulla in oscure circostanze. E con l’avvicinarsi dell’Achoura, il passato sembra riaffiorare, insieme ai suoi spettri. Così Ali, Nadia e Stèphan (Ivàn Gonzàles) si ritrovano dopo ben 25 anni dal traumatico evento ancora una volta insieme per combattere la maligna entità in cui s’imbatterono allora.
Guardando Achoura in una proiezione notturna del NIFFF 2019 (peraltro con Talal Salhami in sala) la reazione del pubblico e le sensazioni sono state alterne. Da un lato, apprezzabile e fascinoso è il tentativo di portare sullo schermo una creatura maligna desunta dalla tradizione e dal folklore arabo, un boogeyman – il Bougatate – che divora i bambini e si nutre della loro innocenza.
Si tratta di una favola nera sulla perdita dell’innocenza dall’ambientazione affascinante, soprattutto quando va indietro a esplorare la fanciullezza di Ali, Nadia, Samir e Stéphan. I campi di grano, l’enorme edificio fatiscente in cui i bambini si avventurano nottetempo, uno strano e inquietante individuo che si ripresenta in più fasi della loro esistenza – e che non è affatto ciò che può sembrare -, le suggestioni sono molte. Interessante è la rielaborazione in chiave autoctona di alcune convenzioni di genere, come l’Uomo Nero, la casa maledetta e così via da parte di un regista francese che guarda al mercato occidentale e a un patrimonio culturale di cui conosce bene le coordinate.
Tuttavia, soprattutto per i cultori dell’horror, non può non saltare subito all’occhio il grosso debito con IT, capolavoro letterario di Stephen King di cui sono ripresi numerosi elementi della storia come la caratterizzazione del mostro infantifago. I punti in comune sono davvero moltissimi. Anzitutto, la narrazione è sviluppata tra presente e passato; un gruppo di ragazzini affronta un’entità sovrumana che poi, quando sono adulti, ritorna a cercarli. In Achoura, rispetto a IT, il legame tra i protagonisti e il predatore sovrumano non è chiarissimo, ma il risultato finale è comunque su per giù il medesimo.
E non è tutto: il fratellino di uno dei giovani eroi scompare, le dinamiche sono un po’ differenti, ma il trauma emotivo che ne discende è similmente essenziale nell’economia del racconto. Abbiamo anche una sorta di triangolo amoroso prepuberale. In ultimo, più importante di tutti, il Djin che mangia i bambini, dà la caccia a coloro che l’hanno sfidato e abita in una vecchia casa fatiscente da epoche remote è incredibilmente simile a Pennywise, almeno nell’idea (ma anche al Freddy Krueger di Nightmare, tanto che c’è pure la filastrocca …).
Certo, a parte una sua rappresentazione clownesca che passa repentina nei fotogrammi, le sembianze del mostro sono del tutto diverse da quelle del pagliaccio pluri-centenario, così come pure manca qui quasi completamente il sangue.
Eppure, lo stesso creature design non è esattamente inedito, ha qualcosa di già visto. Per coloro che hanno una qualche dimestichezza con la mitologia e i demoni giapponesi, la somiglianza con un Senza Volto, il Noppera-bō che ad esempio vediamo in La città incantata di Hayao Miyazaki, è immediata. Il capo bianco, che pare quasi una maschera, gli occhi corvini e il corpo immateriale nero che fluttua nell’aria non possono non ricordarcelo. Oppure al Lord Voldemort della saga di Harry Potter.
La derivatività quasi ingenua di Achoura si accompagna poi a una fotografia altalenante e a movimenti di macchina in molti casi piuttosto piatti, ai limiti della produzione televisiva (o dei film low budget giapponesi ispirati a qualche manga fantastico). Si tratta di un limite che affligge parecchio la creazione di una realtà che vuole essere sospesa tra concreto e fantastico, che avrebbe potuto imbastire scenari e atmosfere decisamente più suggestivi se solo fosse stata supportata da uno stile visivo adeguatamente cinematografico e grandioso (pensiamo a cosa ha saputo fare con materiale non dissimile Guillermo del Toro).
In definitiva, vantando una realizzazione degli effetti speciali e del Bougatate decisamente soddisfacenti, Achoura – sebbene presenti aspetti sicuramente derivativi – rimane una visione consigliata a chi va alla ricerca di produzioni horror ‘alternative’ che parlino di un folklore solitamente poco esplorato (un po’ come per il The Golem israeliano da poco arrivato su Netflix).
In attesa di capire quando verrà distribuito, di seguito trovate il teaser trailer internazionale (con sottotitoli) di Achoura:
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