Voto: 8/10 Titolo originale: 天使のたまご , uscita: 22-12-1985. Regista: Mamoru Oshii.
L’Uovo dell’Angelo: la recensione dell’anime ‘perduto’ di Mamoru Oshii e Yoshitaka Amano
03/12/2025 recensione film L'uovo dell'angelo di William Maga
Il capolavoro del 1985 inedito in Italia torna a nuova vita in tutta la sua abbacinante profondità

In L’uovo dell’Angelo di Mamoru Oshii, una bambina corre tra le rovine di una città sommersa, avvolta da un vestito a righe color confetto e da una massa di capelli bianchi che sembra quasi proteggerla. Sotto il grembo custodisce un grande uovo, fragile e luminoso, come fosse l’ultima cosa viva rimasta al mondo. Tutto intorno, palazzi sventrati, statue inclinate, un sole meccanico che ruota in cielo come una macchina di guerra esausta. È un incubo immobile, ma anche una preghiera visiva, sospesa fra la rovina e la grazia.
Nel mezzo di questo paesaggio appare un ragazzo, con un’arma enorme a metà fra fucile, spada e croce. È lui a pronunciare una delle pochissime battute del film: «Tieniti dentro le cose preziose, o le perderai». Quella frase, semplice e definitiva, è la chiave dell’intera opera. L’uovo dell’Angelo non racconta una storia lineare, ma un enigma spirituale: un viaggio dentro il silenzio, l’attesa e la perdita.
La trama è minima, ma densa di simboli. Una bambina senza nome vaga per una città deserta portando un uovo che crede appartenga a un angelo. Un ragazzo la incontra, spinto da un sogno in cui un enorme uccello depone un uovo. I due si osservano, si studiano, imparano a fidarsi, percorrendo insieme un mondo in rovina: edifici sommersi, boschi pietrificati, strade che terminano nell’acqua. Lui vuole conoscere, lei vuole solo proteggere. Intorno a loro, un esercito di ombre: soldati che inseguono enormi pesci-ombra, come se la guerra non fosse mai finita. È un mondo che sopravvive solo nella sua parte morta, una reliquia della civiltà.
Oshii e Yoshitaka Amano costruiscono questa realtà con una maestria visiva quasi pittorica. Ogni inquadratura è un’incisione espressionista: architetture deformate, scale che non portano più da nessuna parte, vetrate infrante da cui filtra una luce malata. L’acqua è ovunque: piove incessantemente, ristagna nelle strade, riflette l’ombra di statue e macchine arrugginite. È come se il diluvio biblico non fosse mai finito. Quando il ragazzo racconta alla bambina una versione alterata della storia di Noè – dove la pioggia non smette e l’umanità resta per sempre confinata sull’arca – il film svela il suo senso più profondo: la fede come condanna e memoria di un mondo che ha smarrito la grazia.
L’uovo dell’Angelo è una parabola religiosa, ma attraversata da un’inquietudine laica. Le sue immagini uniscono la mistica cristiana alla ferita del Giappone postbellico. Le statue sospese in sfere luminose, la croce trasformata in arma, il cielo rosso come ferro fuso evocano un universo in cui la tecnica ha divorato lo spirito. Le poche macchie di colore vivo — il vestito della bambina, i riflessi delle vetrate — sono i resti di una luce ormai spenta.
Il restauro in 4K ha restituito nuova vita a questo mondo crepuscolare, accentuando il contrasto tra i neri profondi e i blu acquatici, e lasciando emergere i dettagli che prima restavano nascosti: i volti senza tratti dei soldati, le ombre dei pesci, le geometrie sommerse. Ogni fotogramma pulsa come una reliquia sacra. Anche la colonna sonora, curata da Yoshihiro Kanno, è parte integrante dell’esperienza: cori lontani, echi metallici, un ronzio costante che sembra il respiro stesso della città. Non accompagna la storia: la sostituisce, diventandone la voce.
Al centro del film c’è il fragile equilibrio fra fede e conoscenza. La bambina incarna la fiducia pura, il desiderio di proteggere senza comprendere; il ragazzo rappresenta la ragione inquieta, la curiosità che vuole svelare il mistero anche a costo di distruggerlo. La loro relazione è un duello silenzioso. Lei nutre l’uovo come una madre; lui lo teme, lo interroga. Quando infine, in una delle scene più dolorose e simboliche, il ragazzo rompe l’uovo mentre lei dorme, l’opera tocca il suo vertice tragico. È un gesto di impazienza e di violenza, la materializzazione di quel bisogno umano di “sapere” che finisce per annientare ciò che dovrebbe custodire.
La bambina, sconvolta, si lascia cadere nell’acqua, mentre il mondo intorno cambia forma. La città si rivela una nave capovolta, relitto di un’umanità dimenticata. Non importa più cosa contenesse l’uovo: conta che la possibilità stessa di credere sia stata infranta. Eppure, in quella perdita, qualcosa rinasce. Dal mare emergono altre isole, altre uova, come se la speranza fosse una forza che non si può sopprimere. Non è consolazione, ma una domanda che continua a pulsare.
Oshii non costruisce un simbolismo da decifrare, ma un’esperienza sensoriale. Il film non vuole essere compreso: vuole essere sentito. È una meditazione sull’origine e sulla fine, sul bisogno di credere e sulla paura di farlo. Maschile e femminile, protezione e distruzione, fede e disincanto convivono come due facce dello stesso desiderio di sopravvivenza.
A quasi quarant’anni dalla sua uscita, L’uovo dell’Angelo resta un capolavoro di animazione sperimentale e una riflessione senza tempo sull’essere umano. Nella sua muta poesia, anticipa le ossessioni che Oshii svilupperà in Ghost in the Shell: la perdita dell’identità, la ricerca di un’anima in un mondo tecnologico, il confine fra corpo e spirito. Ma qui, nel bianco dell’uovo, in quel gesto di cura e di distruzione, tutto si riduce all’essenziale: la fragile capacità dell’uomo di custodire ciò che non comprende.
Proteggere l’uovo, come la bambina, significa proteggere il mistero stesso del cinema – la sua possibilità di mostrare senza spiegare, di evocare senza nominare. L’uovo dell’Angelo è un film che si guarda come si ascolta un salmo dimenticato: un viaggio nell’abisso della fede e nella nostalgia di una redenzione che forse non arriverà mai, ma che continua, silenziosamente, a respirare sotto la superficie delle immagini.
Di seguito trovate il trailer italiano di L’Uovo dell’Angelo, nei cinema dal 4 al 10 dicembre:
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