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Voto: 7/10 Titolo originale: アンチポルノ , uscita: 28-01-2017. Regista: Sion Sono.

Antiporno: la recensione del film di Sion Sono (Sitges 49)

14/10/2016 recensione film di Sabrina Crivelli

Irriverente e visionario, il nuovo lavoro del regista giapponese è tutt'altro che un semplice omaggio al roman porno classico

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Siono Sono è tra i suoi cultori conosciuto e apprezzato come un regista sopra le righe, si potrebbe definirlo un visionario, che in ogni sua pellicola ha dato vita a personaggi peculiari, strampalati e spesso molto disturbanti, e il suo ultimo lavoro, Antiporno, non fa certo eccezioni. Si tratta di una rilettura allucinata del genere nipponico pinku eiga, di cui sta tentando il rilancio insieme ad altri nomi celebri, quali Hideo Nakata, Akihiko Shiota, Kazuya Shiraishi e Isao Yukisada. Tuttavia, come d’altro canto l’ “anti” del titolo sembrerebbe suggerire, l’aspetto erotico (seppure soft, come in ogni roman porno) è relegato a mero pretesto, punto di partenza per una strutturazione diegetica, estetica e tematica ben più complessa e oscura.

roman-porno-rebootAl centro del contorto sviluppo c’è Kyoko (Ami Tomite), personaggio multiforme e ambiguo, al contempo scrittrice e artista, attrice e studentessa poco più che adolescente che vuole divenire pornodiva. L’azione si apre su di lei, che folle balla nella sua stanza / atelier, poi seminuda si assopisce su un letto blu cangiante. Donna problematica, instabile e disfunzionale, nonché romanziera, ricorda la protagonista di Strange Circus, film con cui è condiviso anche lo svolgimento non lineare, tra passato e presente, in un’indagine delle le origini delle deviazioni dell’età adulta in uno shock infantile.

In trip psicotico alla scoperta del ruolo femminile, della ipocrita e ambigua concezione del sesso e della visione della morte nella società giapponese, Amore e Thanatos sono anche qui inscindibili, in un discorso complessissimo e volte oscuro, enunciato da Kyoko nella sua eccentrica performance. Celata dietro l’immagine alienata e grottesca della protagonista, vi è dunque una accesa critica, condivisa in differenti declinazioni nella variegata filmologia di Sion Sono.

Tratto costante che accomuna l’ambiente famigliare violento in Himizu, l’oscura vicenda nei quartieri a luci rosse in Guilty of Romance, fino ai misteriosi suicidi che dilagano nelle classi liceali in Suicide Club, dietro all’apparente rispettabilità della società nipponica si cela un lato oscuro, una brutalità e una volgarità ipocritamente nascoste, ma che portano i suoi individui a sbroccare completamente, in atti lesivi del prossimo e di sé stessi. citare Godzilla e Mueum per critica società Giappone.

Anti-Porno-Sion-SonoIl messaggio però è ermetico, la ricezione resa ardua con molteplici escamotage dal visivo al narrativo. La realtà stessa, il tempo e il piano dell’azione sono confusi di continuo in un impianto stroboscopico: a un primo e più elementare livello abbiamo lo studio abitazione, spazio chiuso, claustrofobico e reso ancor più straniante dai colori elettrici, giallo e rosso, e del gioco di luci.

Un’ambientazione pop, stile ripreso nei quadri dell’autrice, che a loro volta raffigurano i personaggi del romanzo. Non solo, si tratta solo di un’anticipazione di un meccanismo nettamente più intricato, un gioco di compenetrazione metafilmico, in cui i personaggi diventano attori, in un processo che ricorda vagamente Over Your Dead Body di Takashi Miike. La quarta parete è infranta, vediamo il regista e la sua equipe, scopriamo che si tratta di un set e che tutto quello a cui abbiamo assistito era solo finzione.

Al contempo però l’artificio si fonde con il reale, in una duplicazione antitetica della Kyoko stessa, alcuni elementi concreti del suo passato – la sua squallida prima volta- sono proiettati come un video su uno dei lati dell’appartamento – set, che peraltro è il medesimo in cui dovrebbe essere disposta la troupe, che a volte svanisce, a volte ricompare. Infine anche i confini geografici sono annullati, la ragazza attraversa la soglia irreale tra il luogo delle riprese, la casa dei genitori, la scuola, il bosco dove ha perduto la verginità, poi il locale dove è tenuta l’audizione.

antiporno-2A questo punto sorge ovvio un dubbio, ma non dovrebbe essere un pellicola latamente erotica? Il pornografico esiste, seppure in una resa espressionista, nell’estetizzazione e insieme aberrazione del corpo femminile e dell’atto sessuale.

In manifestazioni fisiche limitate solo al femminile (davanti alla camera da presa ci sono solo donne e dietro solo uomini in una separazione netta) e orientata sul masochistico, viene quindi ritratto il sadico rapporto di Kyoto con la sua assistente, in dinamica psicologiche e un gioco di ruolo alla Sacher-Masoch in La Venere in Pelliccia.

Tuttavia, ancora una volta riemerge il fattore détournement, il dialogo tra le due viene replicato in più ciak simili, le stesse battute sono poi riproposte in una terza scena in cui si scambiano le parti e in cui al tono grottesco è sostituito un drammatico; infine, escono dal ruolo per divenire attrici e Kyoto, prima crudele e insensibile dominatrice diviene a sua volta l’oppressa.

Anti-Porno-Sion-Sono-2Inoltre, per confondere ancora di più una trattazione del tutto ermetica, in una concretizzazione delle ossessioni della protagonista, sono inserite in modo casuali inframezzi concettuali e freudiani in cui lei, seduta in una stanza bianca ricoperta da scritte rosse è circondata da un gruppo di donne e ragazzine, anche loro vestite di teli bianchi con ideogrammi rossi e neri.

Oppure, in un’esplosione cromatica che sa di dripping pollockiano, Kyoko si rotola nelle vernici, al fianco alla matrigna e al padre avvinghiati in un amplesso, ipocritamente repressivi e pure carnali, rappresentano l’origine delle deviazioni di lei. Pura anarchia visiva, allo stesso modo anche la colonna sonora è deviante, tra musica classica, lirica e sonate di piano (su tutte la celebre Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven) si alterna al rumore disturbante e asettico del movimento delle pale della ventola, amplificato, come un’allucinazione sonora che si alterna a quelle visive, in primo luogo della sorella morta suicida, creando un ulteriore elemento di dissonanza.

Simbolico e unico come solo un film di Sion Sono può essere, Antiporno è un lavoro stratificato e contorto, che più che inscenare il sesso ne indaga i reconditi nella psiche femminile e nella società giapponese, in un’operazione più intellettuale che erotica, ma anche ludica e irriverente.

Di seguito trovate il trailer: