Voto: 4.5/10 Titolo originale: Aquaman and the Lost Kingdom , uscita: 20-12-2023. Budget: $205,000,000. Regista: James Wan.
Aquaman e il Regno Perduto: la recensione del film di James Wan che chiude il DCEU
22/12/2023 recensione film Aquaman e il regno perduto di William Maga
Jason Momoa è al centro di un sequel che affoga nella CGI, povero di idee e di verve
Aquaman e il Regno Perduto (Aquaman and the Lost Kingdom) è l’ultimo sussulto del lungo e sfortunato DC Extended Universe (DCEU) della Warner Bros, che presto verrà riavviato da James Gunn e Peter Safran come DC Universe (DCU).
Di conseguenza, non c’è alcun motivo per ‘investire’ nel sequel sempre diretto da James Wan del blockbuster marino del 2018 (la recensione). Non c’è alcun motivo per prestare particolare attenzione a questo seguito sontuosamente frenetico e cacofonico, la cui trama non ha alcun senso, le immagini sono hollywoodianamente sgargianti e le interpretazioni sono del tipo legnoso generato da un mucchietto di attori di talento che fingono di muoversi sott’acqua e interagiscono con creature fantasiose su set cosparsi di green screen.
Si tratta di un addio al franchise così insoddisfacente che non si verserà nemmeno una lacrima per la sua scomparsa.
Aquaman e il Regno Perduto è assurdamente ‘denso’ e belligerantemente ‘impegnato’. Peggio ancora, è tremendamente insignificante. Ambientato anni dopo il suo predecessore, ritroviamo Arthur Curry (Jason Momoa), alias Aquaman, ormai saldamente insediato sul trono di Atlantide, nonché sposato con Mera (Amber Heard), dalla quale ha da poco avuto un figlio. Le cose non potrebbero andare meglio per l’eroe, che si divide tra la vita sulla terraferma e quella in mare, tranne che per il fatto che è intensamente annoiato dai suoi doveri reali e preferisce combattere nefasti pirati, come fa durante la scenda d’apertura.
Fortunatamente per lui, la sceneggiatura di David Leslie Johnson-McGoldnick (basata su una storia concepita insieme a Wan, Momoa e Thomas Pa’a Sibbett) introduce consigli dei ministri e fazioni politiche in guerra in stile prequel di Star Wars, per poi ignorarli del tutto a favore della resa dei conti tra Aquaman e il suo vecchio nemico David Kane (Yahya Abdul-Mateen II), altrimenti noto come Black Manta.
Nonostante la sconfitta subita per mano di Aquaman, Black Manta non ha abbandonato la sua ricerca di vendetta nei confronti del membro della Justice League, che detesta per aver ucciso suo padre.
Per avere la meglio sul supereroe, va quindi alla ricerca di una tecnologia atlantidea che gli permetterà di ripristinare la sua tuta elettrica. Con l’aiuto del Dott. Stephen Shin (Randall Park), la trova ovviamente, insieme a un Tridente Nero che lo fa diventare posseduto dal creatore dell’arma stessa, Necrus (o Sauron …), che ricorda uno scheletro demoniaco di Re Tritone e che un tempo era il sovrano del settimo regno degli oceani, da tempo perduto.
Maneggiare il Tridente Nero rende Black Manta molto più forte e molto cattivo. Inoltre, lo costringe a saccheggiare depositi segreti da cui rubare l’Oricalco, una sostanza magica che alimenta la sua nave e che, quando viene bruciata, rilascia gas serra (ed è verde!) che stanno rapidamente accelerando i disastri climatici globali – qualcosa che Necrus brama, poiché è intenzionato a uscire dalla sua prigione magicamente congelata da eoni.
Tutto ciò che è sott’acqua in Aquaman e il Regno Perduto sembra – e suona – come un incrocio tra La Sirenetta e Avatar (in particolare una band composta da musicisti con la faccia da pesce …), con abbondanti infarinature aggiuntive rubate a Star Wars e Il Signore degli Anelli.
La narrazione, invece, si rifà a uno tra i meno riusciti film del Marvel Cinematic Universe, Thor: The Dark World del 2013, facendo sì che Aquaman combatta questa minaccia ecologica collaborando a malincuore con il malvagio fratello Orm (Patrick Wilson), diventato molto magro durante il periodo trascorso imprigionato in un regno desertico, ma che diventa ben più robusto una volta ricollegatosi alle acque.
Orm è ovviamente ancora amareggiato per essere stato detronizzato dal fratellastro e brontola molto sulla loro collaborazione. È Patrick Wilson, però, che dovrebbe essere risentito per la situazione, visto che lo script gli offre solo bocconi di dialoghi banali e niente di divertente da dire, compresa una battuta sul fatto che Aquaman lo abbia ingannato per fargli mangiare degli scarafaggi.
Aquaman e il Regno Perduto decora ogni fotogramma con un migliaio di dettagli in CGI, ma uno più scadente dell’altro; le sue città gargantuesche, le antiche rovine, la flora e la fauna fluorescenti e le creature e costruzioni marine sono eccessivamente elaborati e piuttosto fuori luogo.
Raramente James Wan si concede una pausa sufficiente a riprendere fiato, e ancor meno per far strappare un sorriso con le sue gag sparse qua e là, la più penosa delle quali riguarda un cefalopode esperto di spionaggio. A intervalli regolari, sembra che informazioni cruciali siano state lasciate sul pavimento della sala di montaggio e sostituite da dialoghi goffi, e le scene sono spesso affrettate fino all’incomprensibilità.
È irragionevole aspettarsi un grande dramma da un prodotto come questo, ma l’incapacità di James Wan di mettere in scena una qualsiasi schermaglia passabilmente lucida (men che meno appagante) rasenta lo sconfortante.
Dalla colonna sonora bellicosa di Rupert Gregson-Williams alle immagini in 3D di Don Burgess, scialbe e irreali, l’estetica di Aquaman e il Regno Perduto è sgargiante e grossolana, e travolge tutto, soprattutto le interpretazioni del cast.
Quando Jason Momoa soffia con noncuranza la schiuma da una lattina di Guinness appena aperta, rivela l’unico momento autentico dell’intero film; per il resto, è reso come un banale e corpulento benefattore con solo fugaci tracce della vertiginosa energia da guascone che originariamente rendeva il suo Aquaman un brioso contrappeso alla cupa serietà del DCEU.
La personalità è fortemente carente in tutto il film, con Yahya Abdul-Mateen II che fa il broncio, Amber Heard relegata in secondo piano e Dolph Lundgren che indossa una stupida armatura e muggisce in modo stupido. Ancora più imbarazzante è il fatto che, nei panni di Atlanna, madre di Aquaman e Orm, Nicole Kidman presti le sue sembianze a un avatar digitale che compie le sue grandi imprese da dura. Quando le viene permesso di recitare, consiglia ai suoi figli di prendersi cura l’uno dell’altro perché, sapete, la famiglia viene prima di tutto.
Sebbene il racconto tenti la carta dell’impegno, parlando di cambiamento climatico, e si concluda con una nota di tolleranza e unione, non c’è sostanza in Aquaman e il Regno Perduto, la cui bancarotta creativa è incisa nel marmo da una dichiarazione finale che si rifà vagamente ad Iron Man.
Nonostante l’impiego di legioni di artisti del computer, il soggetto è privo di immaginazione e si poggia su elementi (l’Oricalco, i cannoni a ultrasuoni) che appaiono ridicoli fin dall’inizio e che diventano tanto più sciocchi quanto più vengono citati.
James Wan è così privo di idee che prova a rifugiarsi nel piccolo manuale del cinema horror, con un veloce cenno a Non aprite quella porta e col solito cliché del mostro che trascina una vittima urlante lontano dalla mdp nel buio.
Questi espedienti, tuttavia, non fanno tanta paura quanto l’immaginario spaventosamente poco avvincente di questo film da oltre 200 milioni di dollari di budget, che termina il franchise, né lo spreco del carismatico Jason Momoa in un prodotto che viaggia oltre 20.000 leghe sotto la soglia della sufficienza.
Di seguito trovate il full trailer doppiato in italiano di Aquaman e il Regno Perduto, che uscirà nei nostri cinema dal 21 dicembre:
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