Voto: 5/10 Titolo originale: Bingo Hell , uscita: 01-10-2021. Regista: Gigi Saul Guerrero.
Bingo Hell: la recensione del film di Gigi Saul Guerrero (Welcome to the Blumhouse 2021)
02/10/2021 recensione film Bingo Hell di Gioia Majuna
Adriana Barraza e Richard Brake sono i bravi protagonisti di un horror sociale dal messaggio edificante, e poco altro
Uno dei pregi maggiori di Bingo Hell della regista messicano-canadese Gigi Saul Guerrero (Culture shock) – tra i quattro film contenuti nel progetto Welcome to the Blumhouse di quest’anno – è che ‘autorizza’ personaggi anziani a mantenere dei veri ruoli da protagonisti. In genere, se ci pensate, i nonni o i sensitivi dai capelli argento servono hollywoodianamente al loro scopo entrando in scena a un certo punto per garantire un qualche spiegone e poi POOF!, svaniscono nel nulla. Qui, invece, si fanno valere con le maniere forti e ripuliscono da soli le strade del Barrio.
La sceneggiatura, frutto della collaborazione tra la Guerrero, Shane McKenzie e Perry Blackshear evoca un gioco del bingo demoniaco che parla tanto di cancellazioni culturali attraverso la gentrificazione quanto di corruzione della Fortuna, ricorrendo a personaggi messi solitamente in disparte nella maggior parte delle altre storie comparabili. Il genere horror sceglie spesso protagonisti giovani che possono facilmente essere accecati dalla loro immaturità o dall’inesperienza: l’intelligenza di Gigi Saul Guerrero in Bingo Hell sta, all’apposto, nel dare potere a parrucchieri e meccanici ormai rugosi, che hanno costruito nel tempo una comunità più densa del loro stesso sangue. Inoltre, cosa non da poco, possiamo guardare una vecchia signora coraggiosa che indossa una “bandana da gangster” mentre si fa beffe di alcuni odiosi hipster che tracannano beveraggi indefiniti da 10 dollari in una caffetteria.
Lupita (Adriana Barraza) è una delle ‘matriarche’ di Oak Springs, una comunità in continua evoluzione poiché i proprietari locali insistono nel vendere i loro negozi o le loro case in cambio di cospicui assegni staccati da grosse aziende con secondi fini. Così, micro birrifici sostituiscono le antiche vetrine, e i negozi di sigarette elettroniche e vaporizzatori attirano una clientela esterna. L’unico rifugio per Lupita e la sua squadra di anzianotti resta quindi la loro serata del bingo al centro ricreativo, ma anche quello viene chiuso.
Entra allora in gioco in Mr. Big (Richard Brake), la cui nuova attrazione in stile casino di Las Vegas e la relativa spavalderia da showman navigato fanno colpo subito sulla popolazione, specialmente quando sul tavolo finiscono milioni di premi in denaro sonante. Lupita sente che qualcosa non va, ma anche la sua migliore amica Dolores (L. Scott Caldwell) sceglie di giocare nella speranza di vincere il jackpot, che ha un prezzo non dichiarato, e così si adegua.
La performance di Richard Brake (3 from Hell) nei panni di Mr. Big si rivela una scelta di casting perfetta, soprattutto per quel sorriso diabolico che si allarga malignamente come solo il Joker saprebbe eguagliarlo. Difficile pensare a un miglior imbonitore che goccioli squallido e sdolcinato carisma dell’attore britannico, mentre annuncia gridando i numeri sulle palline da ping pong o raccoglie voucher da 100 dollari dalle sue vittime ignare. Non c’è dubbio che questo subdolo ‘uomo in nero’ sia uno showman del Male, cosa che Lupita deduce semplicemente dando un’occhiata alla targa della sua macchina, “B1G W1NN3R”.
Proprio questo è il superpotere di Richard Brake: è la proiezione dell’ingiustizia e della malevolenza, nascoste dietro alla facciata del fascino sfuggente emanata da un venditore elusivo e sibilante, credibile al punto da poter farla franca addirittura dopo un omicidio. Mr. Big non fa eccezione in tal senso, perché tutto ciò che serve al 54enne per far fluire brividi nello spettatore sono un microfono e una folla attenta .
Il ‘circo’ al neon di Mr. Big si contrappone all’atmosfera modesta e spettrale di Oak Springs, dove risiedono gli amici di lunga data di Lupita. Il nipote di Dolores, Caleb (Joshua Caleb Johnson) si lamenta della natura desolata del paesino, perché non succede mai nulla, e ha ragione, ma esattamente questo è il messaggio duraturo di Bingo Hell.
Lupita e Dolores trascorrono ore a spettegolare nel salone spoglio di Yolanda (Bertila Damas) o a scherzare sui tavoli da bingo mentre gli amici Clarence (Grover Coulson) e Morris (Clayton Landey) bevono birra dal frigorifero portatile del primo. È qui che si creano i loro ricordi, senza bisogno di accessori illusori o gadget tecnologici invadenti. Le arzille Lupita e Dolores una volta scacciarono le attività illecite di una gang da Oak Springs e aiutarono certi adolescenti ribelli come Eric (Jonathan Medina) a liberarsi dalle loro dipendenze. Ora tutto ciò che Lupita ha protetto – e protegge ancora – deve fronteggiare l’arrivo del whitewashing corporativo e la demolizione che, come illustra Gigi Saul Guerrero, possono ispirare un senso di futilità, considerato come questi avidi avvoltoi valutano il territorio di Oak Springs solamente in termini di profitti massimizzabili.
Questo non vuol dire che i temi di Bingo Hell non siano stati esplorati fino alla nausea già prima dal cinema horror in tutte le possibili sfaccettature: Blindspotting del 2018, giusto per fare un esempio, è imbattibile come commento sulla gentrificazione. La regista non è però mai in competizione con tali titoli, poiché la dannazione da bingo di Mr. Big si diffonde nella comunità come un’infezione che crea zombie che timbrano le cartelline del gioco mentre le loro fantasie depredate divorano lentamente – ma inesorabilmente – le loro anime.
Il timbro inchiostro che Mr. Big usa per tingere i simboli del dollaro sulle mani di ogni giocatore contamina brandelli di pelle come un marchio rovente, e i pochi personaggi che vediamo uccisi sullo schermo vengono eliminati con brutalità sanguinaria.
Gigi Saul Guerrero ricorre a una brodosa melma verde che si spalma sugli omaggi in denaro di Mr. Big, eco di una vile decomposizione e rappresentazione letterale di come il denaro svanisca una volta che siamo passati oltre. C’è un senso generale di asprezza e di sgradevolezza che la regista raggiunge, che illumina il design di produzione a volte minimale (leggi povero… ) – non dissimilmente da altri prodotti Blumhouse direct-to-stream come la serie Into The Dark – e che va oltre il necessario. È il segno distintivo di chi gira un horror sapere quali accenti possano elevare il tuo film indipendente a basso budget e come eseguire le esecuzioni dei tuoi personaggi con un appeal straordinario.
Bingo Hell non è superbamente impeccabile – colpa soprattutto di alcune svolte narrative troppo frettolose – anche se ciò non impedisce a Gigi Saul Guerrero di garantire attimi di puro intrattenimento all’interno della sua visione folcloristica dell’urbanizzazione. Oak Springs sparge tutt’intorno un soffio di ricchezza che odora di tequila a buon mercato, di spazi per eventi ormai ammuffiti e di acqua di colonia di Satana, mentre il gioco meno pericoloso d’America si fa metafora comica e nauseante. È una narrazione più profonda rispetto alla modesta vetrina visiva imbastita, e assapora l’eccesso quando possibile, che si tratti dei luccichii scintillanti del palcoscenico o dei monitor televisivi con il logo sorridente di Mr. Big.
Ancora meglio, possiamo vedere la ciurma fantasticamente vivace di Lupita arrivare e sfidare il loro ‘invasore’ per riprendersi la Oak Springs che loro stessi avevano lottato per difendere già decenni prima – chi non aspira a respirare un barlume di speranza sociale di questi tempi?
Di seguito trovate il trailer internazionale di Bingo Hell, nel catalogo di Amazon Prime dall’1 ottobre:
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