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Voto: 5.5/10 Titolo originale: Captain Fantastic , uscita: 08-07-2016. Budget: $5,000,000. Regista: Matt Ross.

Captain Fantastic: la recensione del film di Matt Ross con Viggo Mortensen

08/04/2020 recensione film di Martina Morini

Viggo Mortensen è l'eccentrico capofamiglia in un'opera che fallisce nel suo voler essere anticonvenzionale oltre ogni più che ragionevole dubbio

Il vecchio slogan flower power ‘Stick it to the Man‘ (traducibile più o meno con ‘Ribellati al sistema’) potrebbe essere considerato un po’ il motto della famiglia isolata dal mondo al centro di Captain Fantastic, ma è altrettanto probabile che il Man / Sistema in questione non si senta particolarmente minacciato da una commedia drammatica dall’efficacia piuttosto scarsa e alla fine profondamente convenzionale. L’opera dello sceneggiatore e regista Matt Ross, seguito del suo esordio 28 Hotel Rooms del 2012, parte in modo promettente, celebrando uno stile di vita alquanto differente che solitamente è bersaglio di battute o peggio da parte della cultura mainstream.

Fresca, persino radicale, è la sua simpatia verso personaggi che leggono per il piacere di farlo e tengono in grande considerazione un pensiero rigoroso. Purtroppo, alla fine si rivela melensa e ispida come una coperta di canapa fatta in casa. Il protagonista Viggo Mortensen è carismatico come sempre nei panni dell’erudito patriarca arruffato della famiglia, e i giovani attori che interpretano i suoi figli sono adorabili, soprattutto quando imprecano come adulti. Ma con i suoi drammatici difetti – e con la presenza di nudi frontali e di linguaggio scurrile, che gli sono valsi l’inimicizia della censura – è improbabile che quest’opera riesca ad avviare una qualsiasi rivoluzione al di fuori del circuito distributivo di nicchia in cui resterà confinata (in America così come in Italia).

locandina-captain-fantastic-di-matt-rossIn una zona isolata di una foresta da qualche parte nello Stato di Washington, Ben Cash (Mortensen) e sua moglie Leslie (Trin Miller) hanno allevato sei figli lontano dal mondo moderno, fornendo loro un’eccentrica educazione parentale fatta di teoria M, marxismo e arti marziali. Con Leslie lontana da diverse settimane, ricoverata in ospedale per quello che si scoprirà essere un disturbo bipolare, Ben rimane da solo a tenere occupati i bambini con lezioni di caccia al cervo col arco e coltello, suonando con strumenti fabbricati in casa e arrampicate su roccia in solitaria, tra le varie cose.

Forse grazie a un mix di duro lavoro e di genetica fortuita, ogni ragazzino sembra essere un piccolo genio. Il più grande, Bo (George Mackay) ha segretamente fatto domanda ed è stato accettato non solo da Harvard, ma anche da Yale, Stanford, Princeton e Brown. Purtroppo non è dato sapersi come lui abbia intenzione di conciliare i privilegi di un’istruzione nella Ivy League con la sua ritrovata filosofia maoista, ma questi sono i giovani, pieni di contraddizioni.

Poi, in ordine d’età, vengono le gemelle eterozigote Kielyr (Samantha Isler) e Vespyr (Annalise Basso), il dodicenne ribelle Rellian (l’australiano Nicholas Hamilton), la tassidermista dilettante di 8 anni Zaja (Shree Crooks) e il più piccolo, Naj (l’esordiente Charlie Shotwell), sempre a fare domande scomode del tipo “Cosa significa stuprare?”. Ben risponde a ogni quesito del genere con totale onestà e in cambio si aspetta che tutti i suoi figli siano in grado di discutere della costituzione americana, dei recenti sviluppi nel campo della fisica quantistica e soprattutto non utilizzino mai un termine banale come “interessante” quando parlano di opere letterarie come Lolita.

Improvvisamente, la famiglia viene sconvolta da uno shock. Leslie (che nel corso della pellicola appare solo nei sogni e nelle fantasie del capofamiglia) si toglie la vita. Il conservatore (leggi ‘responsabile’) padre della donna, Jack (Frank Langella), vieta a Ben al telefono di recarsi al funerale, e addirittura minaccia di farlo arrestare qualora lo facesse. Determinato ad assicurarsi che Leslie venga cremata, piuttosto che sepolta, per onorare le sue ultime volontà buddiste, Ben decide di fregarsene e di attraversare tutto il paese fino al New Mexico con i suoi figli dentro a uno school bus blu. Quando hanno bisogno di cibo, insegna loro a rubare in un supermercato (nell’operazione ‘liberate il cibo!’) e per tirarli su di morale organizza una festa di compleanno improvvisata in onore di Noam Chomsky, una versione personalizzata della sua famiglia del Santo Natale.

captain-fantastic-ross-film-viggoPiccola parentesi: per quanto l’avventuroso road trip dei sette riporti alla mente Little Miss Sunshine, Captain Fantastic può anche ricordare Paradiso Amaro, dramma di Alexander Payne di un uomo che cerca di fare la pace con la moglie mentre lei sta morendo. Se la sfortunata mancanza di voce delle donna là serviva il suo scopo drammatico, l’attenta rimozione di Leslie dal quadro in questo caso somiglia più a un pretesto – un gancio facilmente sfruttabile in un film che, come suggerisce il trattamento riservato alle figlie di Ben, preferisce tenere i suoi personaggi femminili non troppo ciarlieri o caparbi.

Altrettanto curiosa, visti gli standard che ormai sembrano all’ordine del giorno a Hollywood, è la completa assenza di personaggi di colore o appartenenti a qualsiasi altra minoranza etnica (per la religione invece gli esempi ci sono eccome), non solo nei ruoli principali ma pure in quelli secondari. Fine parentesi.

In un modo totalmente prevedibile, i bambini si ritrovano poi a sgranare gli occhi stupiti davanti al materialismo e agli sprechi della cultura americana contemporanea, rendendosi conto di quanto siano differenti dai loro coetanei. A casa della sorella generalmente comprensiva di Ben, Harper (Kathryn Hahn), e di suo marito (Steve Zahn), i Cash vengono scherniti dai loro due cugini adolescenti, che hanno costantemente in mano un cellulare o giocano a violentissimi videogame sul loro enorme televisore a schermo piatto. Ma quando Harper osa sfidare i metodi genitoriali di Ben, l’uomo utilizza la conoscenza della giovanissima Zaja del Bill of Rights per dimostrare la superiorità del suo programma pedagogico.

captain-fantastic-ross-film-viggo-frankVa bene, si tratta di una scenetta carina, un’emozionante vittoria per i disagiati alternativi nei confronti degli ‘allineati’ di periferia. Ma è anche completamente finta, l’ultimo passo di Captain Fantastic in un mondo da sogno ad occhi aperti che è ridicolmente poco convincente (in realtà le parole della bambina suonano proprio come una ripetizione a pappagallo) e manipolatoriamente accumulatorio nel far sì che il pubblico faccia il tifo per i suoi hippie protagonisti.

Più tardi, c’è un tentativo simbolico di provare a mettere in discussione lo stile di vita e i metodi di Ben, quando l’uomo si confronta con i genitori – in fin dei conti decisamente cordiali – di Leslie. Ma tale conflitto è meccanico, soltanto per creare un po’ di drammaticità nell’ultimo atto, anche se almeno per una volta qualcuno fa notare che l’insistenza di Ben nel mettere i suoi bambini in situazioni di estremo pericolo fisico non sia una cosa lodevole – ma piuttosto una forma di abuso.

Il finale di partita vede la famiglia siglare un inspiegabile e piuttosto incongruente (viste le premesse) compromesso con il mondo ‘normale’, che solleva la questione su a chi si rivolga davvero Captain Fantastic. La maggior parte degli anticonformisti e le famiglie che praticano l’istruzione domiciliare è improbabile che lo vedranno mai, mentre le persone più sveglie potrebbero essere portate a riconoscere che il tipo di risultati che Ben e la moglie Leslie hanno ottenuto con i loro bambini sono estremamente improbabili (quando non impossibili).

I ragazzini sono idealizzati oltre che burattini poco plausibili, irrealistici quanto i piccoli prodigi delle opere di Wes Anderson, ma senza il fascino stilizzato che accompagna quelli e che contrassegna distintamente i film di quest’ultimo come mondi utopici ai limiti della favola in tutto e per tutto, senza questioni. Captain Fantastic è un lungometraggio che verrà sicuramente apprezzato da quegli hipster di ceto medio-alto che ai tempi dell’università ardevano di attivismo e sfidavano lo status quo ma che ora considerano estremi atti radicali comprare solo cibi biologici nei Bio c’ Bon e non vaccinare i propri figli.

Di seguito il trailer ufficiale italiano di Captain Fantastic:

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