Voto: 5/10 Titolo originale: Control Freak , uscita: 12-03-2025. Regista: Shal Ngo.
Control Freak: la recensione del film body horror di Shal Ngo (su Disney+)
14/03/2025 recensione film Control Freak di Gioia Majuna
Kelly Marie Tran è la sprecata protagonista di un'opera zeppa di cliché e dal ritmo esasperante

Negli ultimi anni, l’horror è diventato il vero zeitgeist culturale del cinema. È un genere relativamente economico da produrre e garantisce ritorni sugli investimenti nettamente superiori rispetto ai classici drammi di prestigio. Con l’aumento della sua popolarità, alcuni sottogeneri stanno vivendo una nuova era di attenzione, tra cui il body horror, oggi più che mai sotto i riflettori.
Dopo che The Substance ha fatto la storia con la sua nomination all’Oscar per il Miglior Film e dopo che Together di Dave Franco e Alison Brie è diventato il film più venduto del Sundance 2025, è chiaro che questa particolare corrente dell’horror sta vivendo un momento di grande esposizione. Hulu ha deciso di inserirsi in questo filone con Control Freak, un horror disturbante ma completamente sbilanciato, che affonda sotto il peso delle sue stesse ambizioni.
Il secondo lungometraggio di Shal Ngo racconta la storia di Val (Kelly Marie Tran, vista in Star Wars), una motivatrice professionale la cui vita inizia a sgretolarsi quando si convince che un demone parassita si sia impiantato nella sua testa. Come molti film di body horror, Control Freak costruisce la sua narrazione attraverso illusioni, depistaggi e confusione, lasciando gran parte della storia all’interpretazione dello spettatore.
“È successo davvero?” è una domanda che ogni buon film horror dovrebbe far nascere almeno una volta nello spettatore. Un colpo di scena ben costruito può rendere un horror memorabile. Il problema di Control Freak? Ogni singola scena sembra costruita per disorientare e depistare, portando a una narrazione incoerente e frustrante.
Per la maggior parte dei suoi 105 minuti di durata, il film segue Val mentre la sua psiche si disintegra lentamente. Un costante senso di angoscia la divora, e l’unico modo per alleviare questa tensione sembra essere grattarsi compulsivamente la testa. Graffio dopo graffio, la tensione cresce, ma lo sviluppo della storia non riesce mai a decollare realmente.
C’è un cliché particolarmente abusato nell’horror moderno: il personaggio che si strappa lentamente un’unghia incarnita, aumentando la tensione fino a renderla insopportabile. Bene, Control Freak è l’equivalente cinematografico di questo stereotipo portato all’estremo. Il film vuole essere disturbante e claustrofobico, ma finisce per risultare ripetitivo e privo di impatto.
Tutti coloro che circondano Val sembrano vivere normalmente, quindi perché non chiede aiuto? La spiegazione è tanto semplice quanto poco convincente: nessuno le crederebbe. Il film si aggrappa disperatamente a questo pretesto, costringendo Val a soffrire in silenzio, aumentando la sensazione di frustrazione più che di coinvolgimento.
Mentre la relazione di Val con il compagno Robbie (Miles Robbins, visto in Y2K) si deteriora, il film si rifiuta ostinatamente di permettere ai personaggi di interagire in modo significativo. Val non prova nemmeno a spiegare cosa le sta accadendo, creando una distanza emotiva tra il pubblico e la protagonista. Piuttosto che affrontare la situazione, passa il tempo grattandosi, fissando il vuoto e schiacciando (probabilmente) formiche immaginarie, il che non rende il suo percorso particolarmente avvincente.
I suoi monologhi superficiali sull’auto-aiuto sottolineano quanto il sottotesto del film sia poco incisivo e piatto. Ngo sembra voler costruire un messaggio profondo sull’auto-percezione e sull’odio verso sé stessi, ma il risultato è una riflessione priva di impatto.
Sembra quasi che il regista abbia costruito il film per frustrare il pubblico in ogni scena, e in questo riesce perfettamente. Il problema è che non trasforma questa sensazione in una narrazione efficace, rendendo l’esperienza più irritante che coinvolgente.
Come ogni buon film di body horror, Control Freak si lascia andare completamente nel suo terzo atto. Il finale diventa una sequenza di puro delirio visivo, sanguinolento e surreale, abbandonando ogni pretesa di realismo e regalando un’ultima scarica di adrenalina. Il problema? Il viaggio fino a quel punto è stato così estenuante che il finale non è abbastanza soddisfacente per ripagare l’attesa.
Il film si affida troppo a cliché triti e ritriti, come le metafore dell’auto-distruzione e della lotta interiore. Anche quando la storia si spinge verso l’estremo, il risultato è prevedibile e poco incisivo.
Anche con un finale vagamente intrigante, Control Freak è troppo frustrante per essere un’esperienza gratificante. Gli amanti del body horror potrebbero trovarlo interessante per alcune sequenze visivamente disturbanti, ma fuori da questa nicchia, Control Freak è un totale spreco di tempo.
Le performance non sono abbastanza incisive per mantenere alto l’interesse. Kelly Marie Tran fa il possibile con il materiale che ha, ma il suo personaggio è scritto in modo così passivo e ripetitivo che nemmeno il suo talento basta per salvarlo.
Dover sopportare 80 minuti di cliché abusati per arrivare a una conclusione che offre solo un minimo di payoff non è un buon affare. Control Freak non è abbastanza originale, intenso o profondo per lasciare un vero impatto. È un pasticcio sbilanciato in un sottogenere ormai saturo e ripetitivo.
Il trailer di Control Freak, su Disney+ dal 13 marzo:
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