Titolo originale: Fight Club , uscita: 15-10-1999. Budget: $63,000,000. Regista: David Fincher.
Dossier: Fight Club, Brad Pitt e Edward Norton raccontano il controverso film di David Fincher (e lo difendono)
12/02/2020 news di Redazione Il Cineocchio
Nel 1999, i due protagonisti spiegavano il significato profondo dell'adattamento cinematografico del romanzo di Chuck Palahniuk
Trasposizione più o meno letterale dell’omonimo primo romanzo dello scrittore Chuck Palahniuk, pubblicato nel 1996, Fight Club di David Fincher è la storia di un ‘fondamentalismo anarchico’, di un ‘nichilismo psicopatico’, come sosteneva Fernanda Pivano nella prefazione al libro. Il film è un attacco a quello che si diceva il ‘Consumismo dell’Infelicità Organizzata’, alla scuola della violenza pura, col gusto del pestaggio crudele: una sorta di ‘Arancia meccanica 2000’, coi due amici che fondano i «club della lotta» per liberarsi da incubi e complessi, facendo proseliti omicidi, accarezzando il non innocuo ‘Progetto Tumulto’ che mina le basi della società.
Come intuibile, le polemiche caddero a pioggia appena dopo la prima proiezione alla Mostra del Cinema di Venezia del 1999 (dove peraltro venne sonoramente fischiato).
Dopo aver debuttato al primo posto nella classifica americana, Fight Club scivolò subito al terzo posto, perdendo in una settimana il 43% degli incassi. Questo, a causa delle roventi polemiche che si abbatterono sul film. Ad eccezione di Rolling Stone, che lo definì un «capolavoro», i media statunitensi lo bollarono infatti come “irresponsabile”, “iperviolento” ed “eversivo”.
E quando la direttrice del quotidiano dell’Hollywood Reporter lo tacciò di essere “moralmente ripugnante“, i produttori della Fox sospesero a tempo indeterminato la pubblicità sulla testata. Ma il vero scontro riguardò il pubblico. Da una parte gli uomini, tutti favorevoli al lungometraggio nei sondaggi d’opinione; dall’altra le donne, che giurarono di boicottarlo.
E mantennero la promessa. “Il crollo al botteghino dipende proprio dal loro esodo”, spiegò l’analista cinematografico Rich Ingrassia. E non servì a niente nemmeno l’accorata difesa della scrittrice femminista Susan Faludi, che lo ribattezzò il “Thelma e Louise dei maschi”, definendolo “il manifesto di liberazione per un’intera generazione di giovani“. Alla fine, Fight Club – che era costato 63 milioni di dollari – ne incasso globalmente soltanto 101 milioni.
Ora, 21 anni dopo, Fight Club – come tutti i cult ‘incompresi’ al momento dell’uscita – è annoverato tra i film più importanti degli anni ’90 (e non solo) ed è amatissimo dal pubblico. Proviamo quindi a tornare indietro nel tempo e a capire, attraverso le parole stesse dei suoi protagonisti Brad Pitt ed Edward Norton, come mai l’opera di David Fincher sollevò così tante polemiche, al punto di essere apertamente boicottato.
Ebbene, Brad Pitt, all’epoca 36enne sex symbol reduce dal drammatico Vi Presento Joe Black, presentava in questi termini Fight Club alla stampa veneziana:
Con questo film vogliamo dire che stiamo andando nella direzione sbagliata, che l’autodistruzione è un modo per sentirsi vivi. Non voglio fare confronti [con il libro Meno di zero di Bret Easton Ellis e il film Cattive compagnie del 1990]. I nostri protagonisti non sono dissoluti. A me interessava raccontare una generazione che si fa male, andando al di là di tutto, per trovare i suoi valori. Contro il consumismo, che ci rende schiavi della pubblicità. C’è umorismo, anche se nero, nel libro e nel film.
Non bisogna travisare la nostra metafora di violenza. Fight Club è anche un grido contro il ridicolo machismo degli uomini, che aspirano a essere star, che indossano mutande firmate e che finiscono con l’essere posseduti dalle cose che possiedono. No, a me non capita.
Il copione aiuta a riconoscere e a mettere a fuoco le nostre zone d’ombra e affronta la violenza che è nel DNA di tutti. C’è violenza ovunque oggi e non volerla vedere è ipocrita. La mancanza di speranza dei giovani porta a una ricerca di estrema libertà e rottura. Nella lettura giusta e ironica, Tyler Durden prenderebbe a pugni il presidente degli USA Abraham Lincoln, e Edward Norton la “grande anima” di Gandhi. Il sesso si vede pochissimo, arriva in sottofondo.
Una generazione cresciuta senza una grande depressione, o una grande guerra, è libera di scegliere la propria lotta spirituale. Sì, anch’io ho aspetti scuri dell’anima: sono incuriosito dal masochismo. Ho un lato femminile? Forse, ma è, comunque, coperto da molti peli.
Insomma, una sorta di confessione la sua, su come per uno degli attori più pagati di Hollywood, i privilegi e la bellezza si debbano rimettere in gioco anche facendo scelte rischiose.
Accanto a lui c’era Edward Norton, già candidato agli Oscar per American history X nel 1998, che aggiungeva:
Il cinema deve avere il coraggio di provocare. Altrimenti non avremmo avuto Taxi Driver di Martin Scorsese. Possiamo risvegliarci dal torpore consumista che ci sta sommergendo anche a forza di pugni. Ma so che da molti adulti Fight Club non sarà compreso.
Lo stesso Chuck Palahniuk, chiamato naturalmente in causa, rispondeva così alle polemiche:
C’è anche tanto umorismo in Fight Club. Ho esasperato certe pulsioni giovanili, che spesso accarezzano il fascino della morte e che riflettono un episodio che ha segnato la mia vita: mio nonno ha ucciso sua moglie e, poi, se stesso. Tutta la mia infanzia è stata segnata dai racconti su questo episodio di mio padre, spesso assente. Sono cresciuto nell’Oregon con ragazzi e ragazze che assomigliavano, me per primo, ai giovani del mio libro nel loro ribelle desiderio di diversità e non normalità.
In tanti negano l’esistenza dei Fight Club, ma io ho decine di lettere di ragazzi che mi raccontano dove questi circoli si trovano, soprattutto nel New Jersey, luogo dove i giovani fanno presto duri lavori e cercano una evasione “forte”, e come queste palestre siano all’insegna delle arti marziali, più che della pura violenza. Ci sono molti club di questo tipo, e le lettere lo dimostrano, anche in Inghilterra, ma sono diversi, più sadomaso. Sì, è vero, alcuni club di questo tipo sono anche “omo”, ma solo nella complicità che s’instaura tra i maschi.
Consapevoli di aver interpretato un film discusso, Brad Pitt ed Edward Norton non ne prendevano certo le distanze, anzi. Il primo incalzava:
E’ una storia che cerca di cancellare l’impotenza, l’indifferenza e lo scontento di tanti giovani di oggi. Dietro Fight Club c’è l’attrazione pop-rock-high-tech per le relazioni umane.
In un’epoca in cui si falliscono molti rapporti personali, lottare con qualcuno ti fa sentire un vincente. Chi lo nega, mente e mente anche chi sconfessa le tensioni cui siamo tutti sottoposti e che richiedono valvole di scarico sempre più forti, se non hai equilibrio e sicurezze economiche.
Il secondo invece ribadiva:
C’è chi è stanco di comperare vestiti e giacche firmate, chi non vuole andare solo in discoteca dopo una giornata da studente-lavoratore o da businessman in carriera.Vengo da una figlia della upper class di Baltimora, mio nonno era un grande architetto, mio padre è avvocato e, quando mi sono laureato a Yale, mi ha mandato a fare pratica per due anni in Giappone. Parlo giapponese, conosco l’estremismo della “cultura” nipponica, che si è in parte trasferito in tanti giovani di oggi, a volte senza “nobiltà”.
Non mi sentivo adatto al ruolo di Fight Club, con questa faccia da Bugs Bunny che mi ritrovo, ma poi la parte mi ha preso completamente. Perché riflette non la violenza, ma il bisogno di mettersi alla prova, a tutte le età, per sconfiggere questa società frustrante, competitiva.
Di seguito la clip di una scena cult di Fight Club:
© Riproduzione riservata