Home » Cinema » Horror & Thriller » Dossier | Frankenstein Junior di Mel Brooks: una pioggia di risate lunga 45 anni

Voto: 8.5/10 Titolo originale: Young Frankenstein , uscita: 15-12-1974. Budget: $2,800,000. Regista: Mel Brooks.

Dossier | Frankenstein Junior di Mel Brooks: una pioggia di risate lunga 45 anni

17/06/2019 recensione film di Francesco Chello

Usciva nel 1974 il film con Gene Wilder, Marty Feldman e Peter Boyle, omaggio ai classici di mostri della Universal divenuto a suo volta un classico senza tempo

Frankenstein Junior 1974 film gene wilder

Ho sempre pensato che mi piacerebbe scrivere qualcosa per commemorare i 50 anni di Frankenstein Junior (Young Frankenstein) importante ricorrenza che cadrà nel 2024. Non mi andava, però, di attendere altri cinque anni, così mi sono fatto andare bene il 45ennale per trovare quella che è fondamentalmente una scusa per celebrare un film che meriterebbe di essere celebrato ogni giorno.

Frankenstein Junior è un film a cui sono particolarmente legato. Non sono amante di classifiche o liste definitive eppure, senza il minimo dubbio, lo piazzo di diritto ai primissimi posti tra i miei preferiti di sempre, oltre che essere uno di quelli che ho visto più volte in assoluto nella mia vita. Quando ero ragazzino, negli anni ’80, veniva spesso trasmesso durante le festività natalizie in seconda (anzi, terza) serata; un appuntamento fisso, ridere a crepapelle fino a tarda notte era un qualcosa a cui non potevo rinunciare. Presto mi resi conto che attendere i passaggi televisivi non bastava e alla prima occasione utile lo registrai su una bella VHS riciclata, cancellando qualche film dei miei genitori che mi perdonarono essendo anche loro fan del giovane Frankenstein. Potevo rivederlo ogni volta che ne avevo voglia, sapevo che non mi avrebbe mai stancato. E ancora oggi è così.

Frankenstein Junior 1974 film posterOra, archiviato l’aneddoto personale/nostalgico di cui magari non frega niente a nessuno – ma forse si, perché comune anche ad altri di voi – vorrei cercare di mettere da parte i legami personali e buttare giù un’analisi razionale, moderata, tecnica e imparziale del film. Ed è per questo motivo che vi invito ad alzarvi tutti in piedi di fronte a quello che è a tutti gli effetti un capolavoro.

Come si potrebbe parlare, se non di un capolavoro immortale, di un film amato da migliaia di fan appartenenti a più generazioni. Che da 45 anni riesce a far morire dal ridere grappoli di appassionati. Un’opera di cui mezzo mondo conosce i dialoghi a memoria. Le cui battute, gag e scene, divenute assolutissimamente celebri, divertono allo stesso modo che sia la prima o la milionesima volta che lo si guarda. Una pellicola in cui tutto è perfetto: regia, sceneggiatura, interpretazioni, tempi comici, scenografie, ambientazioni, atmosfera, costumi, musiche. Un capolavoro, appunto. E se non siete d’accordo beh, siete di sicuro ‘A.B.qualcosa.’.

Frankenstein Junior nasce da un’intuizione brillante (e vincente) del futuro protagonista Gene Wilder e dalla sua passione per i vecchi film di Frankenstein, uno script poi rifinito e perfezionato insieme al regista Mel Brooks. I due per la loro sceneggiatura riceveranno una nomination all’Oscar. In quel periodo, Mike Metavoy, nuovo agente di Gene Wilder, propose al suo assistito di lavorare con altri due attori della sua scuderia, Marty Feldman e Peter Boyle; il futuro protagonista non si lascia scappare l’occasione e pensa subito alla sceneggiatura a cui si stava dedicando, un copione di cui Metavoy si innamora subito suggerendo di affidare la regia a Mel Brooks.

Brooks non era solito affrontare lavori che non fossero totalmente concepiti da lui, ma con Young Frankenstein fu un colpo di fulmine, non solo accettò di buon grado, ma si offrì di completare la stesura e i dettagli con Wilder e, successivamente, scese in campo in prima persona per la scelta e l’accordo con lo studio di produzione. La Columbia si fa avanti, ma, incredibilmente, boccia l’accordo a causa di una differenza di vedute sul budget (e della questione bianco e nero di cui vi parlerò più avanti), la Fox sarà più lungimirante.

Parlare di sola parodia è riduttivo. Frankenstein Junior è un film totale. Non ha un approccio demenziale o caricaturale, piuttosto si propone come versione comica di una storia (e un cinema) verso cui nutre profondo amore e rispetto. Il punto di riferimento è la saga di Frankenstein della Universal, che vide la luce e il grande successo tra gli anni 30 e 40 (da Frankenstein a La Moglie di Frankenstein, da Il Figlio di Frankenstein a Il terrore di Frankenstein), e di cui il film vuole essere, come dicevamo, sentitissimo omaggio e non solo parodia; conoscere quella saga, che meriterebbe un approfondimento a parte, vi permetterà di apprezzare ulteriormente un lungometraggio che è parecchio forte già di suo. Non è un banale insieme di gag, ma una storia che riesce a reggersi sulle sue gambe, che cerca in qualche modo di essere “reale” per funzionare, che insieme alle tante, tantissime risate riesce a inserire momenti di tenerezza o ancora tristezza e persino inquietudine, una rivisitazione vera e propria, perché di base resta il materiale di Mary Shelley ed il suo Mostro che tenta in tutti i modi di farsi accettare e ottenere una vita normale.

Frankenstein Junior 1974 film castelloIl film è un gioiello di citazionismo, perfezione assoluta dei dettagli e straordinaria raffinatezza di riferimenti. L’intera vicenda trabocca di omaggi riverenti all’orrore delle origini, verso cui non si manca mai di rispetto, anzi, Gene Wilder e Mel Brooks, attraverso la citazione, dichiarano tutto il loro affetto per un modo di fare cinema che non c’è più.

Tutto, quindi, è ispirato alle opere originali, a iniziare, chiaramente, dai personaggi: partendo dal dottor Frederick Fronkensteen, cognome adottato dal personaggio nel suo iniziale rifiuto della scomoda parentela, passando per (A)Igor, chiaramente ispirato alle figure – entrambe contraddistinte da una vistosa gobba – di Fritz, l’assistente dello scienziato nel Frankenstein di James Whale interpretato da Dwight Frye, e di Ygor, l’amico del mostro interpretato da Bela Lugosi, presente nel terzo e quarto capitolo della serie horror. Per finire, ovviamente, col Mostro interpretato da Peter Boyle, ma senza dimenticare personaggi secondari come l’ispettore Kemp, famosissimo per la sua protesi meccanica al braccio, alter ego dell’ispettore Krogh presente nel terzo capitolo della saga originale.

Citazionismo esteso all’aspetto tecnico, come dimostra la scelta del bianco e nero al pari delle pellicole a cui il Frankenstein Junior è ispirato, all’epoca una scelta considerata assurda e ‘folle’ dagli studios con cui Mel Brooks e Gene Wilder hanno lottato (cambiando, come dicevo, anche produzione) fermissimi nella loro decisione, una scelta coraggiosa che si rivelerà una delle tante chiavi del successo del film. Fin dai titoli di testa si vivono momenti di assoluto mimetismo dell’atmosfera d’epoca, grazie allo stesso stile di inquadrature, di stacchi tra le varie scene, la medesima grana di pellicola e le luci. Eccellente e determinante in tal senso il lavoro del direttore della fotografia Gerry Hirschfeld.

Frankenstein Junior 1974 filmE come non parlare della fedelissima ricostruzione di costumi, scenografie e ambientazioni, assolutamente perfette. Basti pensare che alcune scenografie sono quelle originali, come quelle (bellissime) del laboratorio, realizzate per il Frankenstein del 1931 da Kenneth Strickfaden, che non solo decise di mettere a disposizione le sue opere ma accettò anche di collaborare alla cura di vecchi e nuovi dettagli. Mentre Dale Hennesy risulta essenziale per la realizzazione di set, scenografie e ambientazioni che brillano per dovizia e accuratezza di particolari.

Dal punto di vista parodistico Frankenstein Junior non sbaglia nulla. La maggior parte delle scene, infatti, è ispirata a sequenze presenti nei film della Universal: dalla scena del mostro con la bambina a quella dell’eremita cieco, dalla scena della partita a freccette a quella dello scambio finale dei cervelli, e tante altre ancora. Ogni momento nasce dalle pellicole omaggiate: ad esempio i gesti del Mostro – improvvisati da Peter Boyle stesso, estasiato nell’udire la musica di violino, che ricordano quelli del grande Boris Karloff, oppure la pettinatura del personaggio di Elizabeth nella scena finale per la quale è stata utilizzata la parrucca indossata da Elsa Lancaster in La Moglie di Frankenstein del 1935.

Il lungometraggio è un insieme di gag e battute esilaranti, indimenticabili, citarle tutte equivarrebbe probabilmente a dovervi riportare di seguito l’intero script. Una grande sceneggiatura affidata al genio di Mel Brooks, autore di una regia perfetta e di trovate memorabili, e alla straordinaria performance dell’intero cast, dal quale traspare evidente un’alchimia magica e vincente, probabilmente irripetibile. Per rendere l’idea basterebbe raccontare che il regista e gli attori erano talmente divertiti dall’esperienza che aggiunsero altre riprese col solo scopo di aumentare i tempi di produzione.

Un’opera che è senza dubbio il masterpiece della carriera di molti, un’affermazione non così scontata considerando il calibro dei nomi coinvolti, insomma non esattamente gli ultimi arrivati.

Frankenstein Junior 1974 film Mel Brooks e Gene WilderUn cast predestinato al centro di un’opera collettiva – perché, si sa, il destino è quel che è. Dovendo parlare degli attori di Frankenstein Junior bisogna partire, naturalmente, dal trio Wilder, Feldman, Boyle. Gene Wilder ci regala un fantastico dottor Fronkensteen il cui solo sguardo è follia allo stato puro. Marty Feldman con la sua talentuosa improvvisazione e il suo (A)Igor dalla gobba mobile, ha creato un personaggio entrato nella Hall of Fame della risata.

Peter Boyle, nonostante un personaggio muto per la quasi totalità della pellicola, riesce con la sola espressività del viso e dei gesti a divertire (e, talvolta emozionare) più di tante battute. Ma bravi tutti, anche i cosiddetti comprimari: da Teri Garr nel ruolo della bella assistente Inga, col suo (finto) accento tedesco ed i riferimenti allo Schwanzstuck, a Cloris Leachman nei panni della austera domestica Frau Blücher [*iiiihhhhiiii*].

O ancora Madeleine Kahn, inizialmente scritturata per la parte di Inga chiede poi di interpretare Elizabeth, la fidanzata di Frederick, lasciando il segno in poche scene, e ancora Kenneth Mars nel ruolo di Kemp, il già citato capo della polizia locale dal braccio meccanico e la dialettica impasticciata, una particina a cui mirava lo stesso Mel Brooks che col senno di poi ringrazierà Wilder per averlo dissuaso. Menzione obbligatoria per il cameo di Gene Hackman, in una delle tantissime scene clou nei panni dell’eremita cieco; l’attore era amico di Brooks e Wilder che all’epoca gli parlarono del progetto desiderosi di un parere, Hackman ne fu talmente colpito da chiedere ai due una partecipazione, seppur piccolissima, ad ogni costo. Presagiva un qualcosa di speciale e voleva prenderne parte, possiamo dire che non si sbagliava.

Aprirei però una parentesi anche sulla versione italiana di Frankenstein Junior. Bisogna dire che il film ha goduto di un trattamento più che buono, a iniziare dall’adattamento del titolo originale da Young a Junior con il quale i nostri distributori sono riusciti a non fare danni, ma soprattutto per quanto riguarda traduzione (e adattamento nel caso di battute e giochi di parole intraducibili) dei dialoghi e il doppiaggio stesso. A testimonianza dell’ottimo lavoro citerei la ormai celebre battuta “Lupu ululì, castello ululà”, che nacque dall’adattamento di un gioco di parole praticamente intraducibile tra i vocaboli “werewolf” (lupo mannaro) e “there” (lì), e capace di diventare una battuta cult in Italia almeno pari a quella originale negli USA: un plauso al ‘colpo di genio’ del traduttore. Insomma, mi tocca dire spesso peste e corna (a ragione!) della distribuzione italiana, fa piacere poterne parlare bene quando capita.

Gene Wilder e Peter Boyle frankenstein junior coloriYoung Frankenstein debutta nelle sale americane il 15 dicembre 1974. Nei soli Stati Uniti incassa la bellezza di 86 milioni di dollari a fronte di un budget di poco più di 2 milioni e mezzo. Nel 2003, la National Film Preservation Board lo sceglie per la conservazione nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, in quanto pellicola culturalmente, storicamente ed esteticamente rilevante.

In Italia, con oltre 500.000 copie è il DVD classico (continuando a vendere poi anche in bluray) di maggior successo nella storia dell’home video nostrano. Per non parlare dell’influenza culturale che ha avuto e continua ad avere da 45 anni a questa parte, per dirne una a caso tra tante: gli Aerosmith che scrivono la canzone ‘Walk this Way’ ispirandosi alla irresistibile battuta di (A)Igor sulla scalinata.

In definitiva, consapevole di ripetermi, ma mai stanco di ricordarlo, Frankenstein Junior è un capolavoro, altro termine non si può usare per una perla immortale del genere comico e non solo. È uno di quei film che tutti conoscono a memoria. Se è vero che l’importanza di un’opera è costituita anche dalla sua sopravvivenza nel tempo, quella diretta da Mel Brooks può guardare a testa alta anche i miti del cinema. Una parodia di un classico divenuta a sua volta un classico. Imperdibile, intramontabile. E se non l’avete mai visto, pensate che potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere.

Di seguito una lunga serie di bloopers da Frankenstein Junior: