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Voto: 6.5/10 Titolo originale: Source Code , uscita: 30-03-2011. Budget: $32,000,000. Regista: Duncan Jones.

Dossier: Source Code di Duncan Jones (2011), 8 minuti e si torna alla realtà (virtuale)

23/05/2023 recensione film di William Maga

Jake Gyllenhaal e Michelle Monaghan sono al centro di un fanta-thriller mind-bending, che rimane comunque fruibile per il grande pubblico

source code film 2011 jake

Uscito nei cinema nel 2011, Source Code è, in pratica, il frutto del possibile incrocio tra Ricomincio da capo con 24 e Matrix. La progenie risultante non sarà così sconvolgente – o di successo – come i suoi genitori, ma si inseriva comunque bene in quella nicchia allora crescente di prodotti che parlavano di una realtà ‘altra’ in grado di sconvolgere la vita di ogni giorno, in cui l’ ‘esistenza’ è più un mero stato mentale che uno stato vero e proprio dell’essere.

E anche se Source Code probabilmente non è così intelligente come pretende di essere (o vuole farci credere di essere), porta ugualmente a riflettere sul multiverso e sulla meccanica quantistica. Per le masse (in contrapposizione agli smanettoni che comprendono a fondo la frase precedente), si tratta di un discreto thriller di genere ‘mind-bending’. Molti potrebbero trovarlo un po’ ripetitivo (esattamente come nel caso di Ricomincio da capo e prodromi, c’è un palpabile déjà vu) e più di qualcuno rimarrà confuso.

SourceCode.jpgLe cose iniziano in modo abbastanza ‘normale’. Sean (Jake Gyllenhaal) si sveglia da un sonnellino su un treno per pendolari diretto a Chicago. Seduto di fronte a lui c’è la sua bella amica ‘platonica’, Christina (Michelle Monaghan). Ma c’è un problema.

Sean è disorientato e, soprattutto, è convinto di non essere Sean. Il suo vero nome è Colter Stevens e dovrebbe essere in servizio in Afghanistan, non a scambiare convenevoli con una donna attraente mentre un controllore gli chiede il biglietto.

Otto minuti più tardi, il treno esplode e Colter si ritrova legato a un sedile in quella che sembra essere una capsula spaziale. Perde liquido idraulico. Uno schermo si accende davanti a lui e una donna, Goodwin (Vera Farmiga), gli fornisce un ambiguo resoconto. In realtà lui è Colter Stevens, ma grazie alle magie della realtà virtuale, viene inserito nel ‘codice sorgente’ e gli viene permesso di prendere il controllo della mente e del corpo di Sean durante gli ultimi otto minuti della sua vita.

Ogni volta che ‘entra’ nel codice sorgente, si avventura in una realtà alternativa. Il suo obiettivo: scoprire chi ha piazzato l’ordigno che ha fatto deragliare quel treno, perché ci sono indicazioni che lo stesso terrorista avrebbe intenzione di far esplodere una bomba sporca nel centro di Chicago.

Oltre a portare a termine la sua missione, Colter decide però di salvare anche Christina e di capire perché una persona che dovrebbe essere in Afghanistan sia intrappolata in qualcosa che sembra essere stato creato per un episodio di Battlestar Galactica.

Tutto questo ha senso? Non proprio, ma ci sono alcune idee interessanti nella sceneggiatura di Ben Ripley. A parte i difetti logici fondamentali di questo tipo di film (molti dei quali sono facilmente identificabili per chiunque si prenda un po’ di tempo per considerarli freddamente e razionalmente), Source Code è colpevole di sovraccaricare la storia. A volte mette sullo schermo cose intriganti. In altre occasioni, diventa assurdo.

Il finale, anche se non è così arrovellato come quello di Inception, offre un buon esempio di ricorsione infinita che sconcerta la mente e fornisce un’idea più o meno chiara di cosa si intenda per ‘numero infinito di universi’. Fino a che punto allora si può scendere nella tana del Bianconiglio?

Al suo cuore, però, Source Code è un giallo / thriller. Parla di un uomo con un limite di tempo che cerca di trovare un sospetto prima che scateni l’inferno nella terza città più grande degli Stati Uniti. Ad arricchire il quadro, ci sono questioni secondarie che riguardano la vera identità di Sean / Colter e le circostanze che hanno portato al suo coinvolgimento nel progetto ‘codice sorgente’. Le cose non sono come sembrano. E qual è il ruolo del misterioso dottor Rutledge (Jeffrey Wright), che spesso si nasconde dietro alla Goodwin?

Source Code è ben ritmato ed energico; è improbabile che possa annoiare qualcuno. Non è necessario comprendere appieno tutti i suoi elementi esistenziali e quasi fantascientifici per apprezzare il modo in cui le cose si svolgono. Jake Gyllenhaal è una scelta solida per il ruolo di Colter; fornisce un’ancora stabile e affabile, nonché un ‘punto di ingresso’ per lo spettatore.

source code 2011 jake filmAll’inizio è confuso quanto noi, e le spiegazioni che gli vengono fornite aiutano la nostra comprensione. Michelle Monaghan è affascinante come potenziale interesse amoroso idealizzato e Vera Farmiga fornisce più personalità di quanto ci si potrebbe aspettare da un volto all’altro capo di un collegamento video. In definitiva, però, i loro ruoli sono secondari. Questo è il film di Jake Gyllenhaal.

Il ‘difetto’ più evidente, a parte l’occasionale ottusità (che è un problema solo per gli spettatori che pretendono linee di trama chiare e precise), è la sua necessaria ripetitività. Il regista Duncan Jones, la cui precedente impresa sci-fi era stata Moon del 2009, si trova di fronte a una sfida: come rappresentare più volte lo stesso periodo di tempo di 8 minuti senza annoiare il pubblico.

Variando il ritmo e modificando le azioni e le reazioni dei personaggi, ci riesce in gran parte (più o meno come fece Harold Ramis con Ricomincio da capo), ma ci sono momenti in cui la necessità di avere punti di riferimento familiari all’interno di questa finestra diventa ingombrante. Più di uno spettatore si troverà ad aspettare che le cose facciano ‘boom!’ piuttosto che prestare attenzione alle specifiche di ciò che sta accadendo sullo schermo.

Non è difficile trovare dei punti in comune tra Source Code e Moon. Entrambe queste opere sono più sagaci e più orientate alla scienza rispetto alla media dei film di questo genere. Entrambe hanno come protagonisti uomini intrappolati in uno stato di isolamento. Ed entrambe esplorano questioni di identità.

Source Code è tuttavia più orientato all’azione e, di conseguenza, venne accolto meglio al botteghino (147 milioni di dollari complessivi). Resta una scelta affascinante e atipica per un prodotto uscito da un grande studio hollywoodiano e predicava nel deserto che, anche in un’epoca di trame banali e di cinecomic fracassoni, i registi con idee e visioni originali trovavano il modo di continuare a lavorare. Bei tempi.

Di seguito trovate il trailer italiano di Source Code: