Voto: 7/10 Titolo originale: Dune: Part Two , uscita: 27-02-2024. Budget: $190,000,000. Regista: Denis Villeneuve.
Dune – Parte Due: la recensione del film di Denis Villeneuve che chiude – per ora – la saga herbertiana
27/02/2024 recensione film Dune - Parte due di William Maga
Il regista canadese riesce a gestire l'enorme materiale di partenza con mano ferma, attualizzandone i fondamenti
Nonostante la sua influenza e la sua visionarietà, il romanzo originale di Dune scritto da Frank Herbert si può dire che non abbia mai raggiunto la risonanza che l’autore aveva inteso per esso. Con le sue grandiose panoramiche fantascientifiche di mondi desertici e lo spirito di un Thomas Edward Lawrence dell’era spaziale, è facile capire perché alcuni suoi lettori si siano persi del tutto nelle spire dell’avventura o semplicemente abbiano scelto di estrarre solamente gli spezzoni più pezzi ‘vendibili’ per le proprie rivisitazioni di galassie lontane lontane. Tuttavia, l’obiettivo dello scrittore americano non è mai stato quello di scrivere una storia sul tipico ‘salvatore caucasico’, Paul Atredies in questo caso, un ragazzino / eroe gravato da profezie di genocidio.
Dopo aver visto la seconda parte del – per ora almeno – dittico firmato da Denis Villeneuve, grandioso ed immensamente attuale, si può dire abbastanza tranquillamente che nessuno farà il medesimo stesso errore stavolta. Arrivato a quasi tre anni dal primo film (la recensione), Dune – Parte Due (Dune – Part Two) è un risultato cinematografico sorprendente, uno spettacolo denso e stratificato che ci immerge per 166 minuti in strani mondi e idee fantasiose eppur non così peregrine.
Con un occhio di riguardo a David Lynch, l’Arrakis creato da Denis Villeneuve è inusuale. È anche crudele, esoterico e – infine – disperato. Ingredienti che vanno a comporre l’intrigante ricetta di una pietanza meravigliosa, e nelle mani del canadese l’avventura di un lettore diventa la tragedia operistica di un regista, pensata così in grande da riempire con disinvoltura uno schermo IMAX.
L’eroe apparentemente (con)dannato di questo dramma passionale è sempre il giovane Paul (Timothée Chalamet, ormai pienamente posseduto dal ‘complesso del Messia chic’).
Come veloce reminder, lui è divenuto il nuovo patriarca e duca della sua amata Casa Atreides, ma solo perché la grande dinastia feudale è stata quasi spazzata via improvvisamente e loscamente dai loro grotteschi rivali storici, gli infidi Harkonnen. In seguito, Paul e sua madre Lady Jessica (Rebecca Ferguson) sono stati costretti a fuggire nell’aperto deserto, dove sono stati accolti dai Fremen, indecisi se accoglierli o ucciderli.
La vera genialità sovversiva della storia di Frank Herbert – che Denis Villeneuve mette in primo piano in Dune – Parte Due – è che l’unica cosa che tiene in vita Paul e Jessica è una scomoda manipolazione: la congrega di streghe interstellari cui appartiene la donna, le Bene Gesserit, hanno trascorso secoli a fare il lavaggio del cervello a popolazioni locali e poverissime come i Fremen, spingendole a credere nell’eventuale venuta di un Messia e alle profezie sull’Eletto che li guiderà.
Il semplice fatto di vedere arrivare dal deserto il figlio di una Bene Gesserit – in compagnia di sua madre strega – è sufficiente quindi a sedurre fanatici come il capo locale Stilgar (Javier Bardem) e a incuriosire almeno una giovane generazione di scettici, come la donna guerriera dei sogni di Paul, Chani (Zendaya).
Paul si ritrova così a diventare rapidamente un nativo, ma solo nella misura in cui ciò lo porta a fare diversi passi avanti per guidare questa gente contro il vile barone della Casa Harkonnen (Stellan Skarsgård) e persino contro l’Imperatore dell’Imperium (Christopher Walken), che ha segretamente appoggiato l’omicidio del padre di Paul. Ma ad ogni passo verso la vendetta che Paul compie, con Jessica che gli sussurra all’orecchio di abbracciare quel complesso messianico e la Guerra Santa che sicuramente lui scatenerà, il protagonista si avvicina a diventare tutt’altro che un paladino.
La complessità del coming-of-age di Paul Atreides da figlio impulsivo a guerrafondaio macchiato di sangue è l’elemento narrativo più potente di Dune – Parte Due ed è anche l’elemento narrativo più forte del romanzo alla base, che il regista canadese e Timothée Chalamet gestiscono con attenzione.
Dopo decenni di narrazioni hollywoodiane sul ‘Prescelto’, compresa la più famosa space opera cinematografica che deve sostanzialmente la sua esistenza a Dune (si, parliamo di Star Wars …), si torna quindi all’idea originale: una ‘inversione’ e un monito sulle immagini tanto nitide promulgate da leader e profeti vari. Timothée Chalamet è stato dignitoso nel primo film a interpretare un figlio contrariato; in Dune – Parte Due è anche più bravo a ritrarre un uomo che lotta contro un nemico più mostruoso: la sua stessa vanità.
Tuttavia, la non scontata riuscita del dittico diretto da Dune di Villeneuve non deriva da una singola storia o da una singola tematica, quanto piuttosto dall’arazzo collettivo che tutte insieme tessono.
Sebbene il succo generale della vicenda sia semplice, entrambi i capitoli mantengono una struttura e una trama romanzesca, lasciando spazio a vignette e deviazioni affascinanti, come le ricerche accademiche della principessa Irulan (Florence Pugh), l’astuta figlia dell’Imperatore nonché Bene Gesserit in fieri che ha i suoi personali sospetti.
C’è anche la sua indecifrabile sorella, Lady Margot Fenring (Léa Seydoux), inviata sul mondo natale degli Harkonnen per ispezionare la prossima generazione della famiglia. E, in effetti, la novità più magnetica del mythos è il nipote ed erede apparente del Barone, finora sconosciuto, un Austin Butler quasi rettiliano nei panni del sadico Feyd-Rautha.
Introdotto come una sorta di rivisitazione cosmica e senza sopracciglia del Commodo di Il Gladiatore, Feyd festeggia il suo compleanno massacrando prigionieri di guerra storpi e drogati all’interno di un’arena gustosamente monocromatica. Inoltre, dà letteralmente in pasto i suoi sottoposti alle sue vampiresche amanti. Un macabro cambio di registro per l’ex Elvis, che l’attore abbraccia col fare di una rockstar dissoluta e impazzita. In un film zeppo di interpretazioni ‘appariscenti’, la sua è tra le più memorabili.
Ad ogni modo, va ribadito, non è tanto questo violento frangente in bianco e nero a rifulgere su tutto, ma l’impressionante insieme di cui Denis Villeneuve riesce a tenere le redini. Infatti, nonostante le quasi tre ore di durata, in Dune – Parte Due non c’è comunque abbastanza tempo per esplorare a fondo ogni curioso angolo di questo universo. Qualcuno avrebbe magari preferito che venisse dato più spazio alle macchinazioni sempre più ambigue di Lady Jessica e al suo rapporto con una figlia non ancora nata, ma sono sacrifici in qualche modo inevitabili e che non intaccano la riuscita complessiva della difficile operazione.
Come già successo per la prima, Dune – Parte Due sceglie poi con decisione di immaginare un futuro dalla profonda ricchezza storica. Pur esistendo in un domani in cui i viaggi interstellari sono possibili, questa narrazione cinematografica abbraccia il fatto che l’universo di Frank Herbert è un universo sposato con le vecchie tradizioni, sia attraverso i feudi o il modo in cui la gente ancora combatte, muore e trivella per ottenere risorse speciali per alimentare i loro veicoli.
Il film ha una consistenza e una tattilità che enfatizzano la pietra e il legno tanto quanto il lucido metallo e le superfici cromatiche scintillanti. L’astronave dell’Imperatore sembra un incrocio tra una Pokéball e qualcosa che Natalie Portman avrebbe usato per spostarsi nei prequel di Star Wars.
Ma su Arrakis, le usanze e i templi sacri dei Fremen hanno il profumo dell’antichità. È un vero e proprio parco giochi per lo scenografo Patrice Vermette e la costumista Jacqueline West, che estrapolano l’abbigliamento medievale da una storia di principesse e duchi, e la follia delle sabbie desertiche da novelle impregnate di misticismo e siccità.
Denis Villeneuve cattura questo immaginario sulla scala più vasta consentitagli, perdendosi in mari sabbiosi, così come nei dettagli più distaccati o sinistri. Agli spettatori non viene mai detto perché il Barone abbia un flusso costante di giovani cadaveri nei suoi alloggi, o cosa significhi esattamente quando una donna incinta beve dai fluidi corporei di un grande verme. La specificità delle cose può anche passare inosservata perché il loro effetto cumulativo e travolgente è il punto focale della narrazione.
Dune – Parte Due, che pur non è totalmente fedele alle pagine di Frank Herbert, è sostanzialmente il sogno febbrile di un altro mondo che sembra reale e sfuggente come la sabbia che scivola tra le dita. Non è del tutto conoscibile, ma l’impressione che si ha è quella di essere stati trasportati in una fantasia cupa e opprimente. È un luogo in cui non si vorrebbe mai ritrovarsi, eppure dal quale non si vorrebbe andar via.
È affascinante che una visione così intransigente possa essere realizzata secondo i canoni di un moderno kolossal di Hollywood e che qualcosa di così raggelante (anche con tutto quel sole) possa essere accolto da un pubblico globale pagante. Dune – Parte Due è quel tipo di prodotto commerciale – e monumentale – che ha saputo sedurre il pubblico fin dagli albori del cinema, anche se Denis Villeneuve ha speziato la sua visione per renderla perfettamente in linea con la maniacale tracotanza di Paul Atreides, la voce di un altro mondo.
In attesa di vederlo nei nostri cinema dal 27 febbraio, di seguito trovate il trailer doppiato in italiano di Dune – Parte Due:
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