Esclusivo | Intervista ad Andreas Marschall: da German Angst, al cinema di genere, alla musica metal
13/06/2016 news di Alessandro Gamma
Abbiamo fatto due chiacchiere con il regista tedesco per parlare degli ultimi progetti, della situazione del cinema in Germania e della sua 'vita parallela' tra copertine e videoclip
Artista decisamente poliedrico, il tedesco Andreas Marschall ha scritto e diretto alcune pellicole decisamente estreme, quali Lacrime di Kali (2004), Masks (2011) e il segmento “Alraune” in German Angst del 2015. Ma non solo. Negli anni ha infatti parallelamente coltivato la sua passione per la musica, realizzando videoclip e copertine per alcuni album di gruppi metal.
Abbiamo quindi deciso di fare con lui una chiacchierata, per parlare degli ultimi progetti e approfondire i suoi molteplici interessi.
Come è stata l’esperienza con German Angst? Sei soddisfatto dei risultati e del modo in cui è stato accolto in Germania e negli altri paesi dove è uscito o speravi in qualcosa di più?
German Angst è stata una grande esperienza. La collaborazione tra tre registi completamente diversi era interessante e stimolante. Il film è stato proiettato con grande successo in oltre trenta Festival in un solo anno, con numerosissime recensioni. L’unica vera delusione per me è che purtroppo non c’è stata una vera e propria uscita in sala negli Stati Uniti, ma è stato distribuito solo come BD-R on demand. In Germania abbiamo avuto una bellissima edizione speciale con il poster (da me dipinto), un booklet molto articolato ecc. Il nostro tour tra i molti e molti Festival cinematografici è stata la nostra ricompensa finale per un processo di produzione molto faticoso con un budget troppo limitato.
Sei un autore che si prende il suo tempo da un film all’altro, come mai?
Ho scritto molte altre sceneggiature, ma non sempre è stato possibile ottenere i fondi. E’ un’impresa piuttosto difficoltosa girare film di genere in Germania. Il finanziamento pubblico, che è il fattore più importante per la produzione di un film, qui non supporta gli horror. Ciò significa che sono necessari investitori privati, che siano disposti a correre dei rischi. E’ sempre più difficile realizzare pellicole estreme, non mainstream. Inoltre, ho anche lavorato come artista per le cover di alcuni album e ho dovuto rispettare le scadenze, fatto che interferisce con il tempo [necessario] per preparare un nuovo film. Ma spero di diventare “più veloce” in futuro.
Saresti interessato a collaborare in progetti e produzioni mainstream o preferisci rimanere nell’underground?
Dipende assolutamente dal soggetto e dalla sceneggiatura. Se qualcuno mi offre uno script di un thriller mainstream mozzafiato, ovviamente lo farei. Amo i film di Argento, Bava e Fulci, ma anche i classici di Alfred Hitchcock. Ritengo Notorious un capolavoro assoluto e così Psycho. L’underground non è l’unico luogo dove si possa girare qualcosa di estremo e disturbante, anzi rende perfino le cose più difficili per il regista, perché è coinvolto in troppi problemi che nulla hanno ha che fare con il suo lavoro. Naturalmente, migliora le capacità tecniche, se si svolgono anche attività quali le scenografia, la fotografia e il montaggio da soli. E quando si è costretti a girare a basso budget, si è abituati a girare velocemente e in maniera efficiente. Tuttavia se avessi la possibilità di dirigere un film “più grande”, lo farei.
In Italia, il cinema di genere non sta andando molto bene e i giovani registi lottano per emergere. E’ diverso in Germania? Cosa ne pensi? Quale ritieni sia la causa?
Nel 2004, quando ho girato il mio film debutto, Lacrime di Kali (Tears of Kali), è stato possibile per il produttore rientrare del suo investimento con una pellicola estrema a budget ridotto, senza grandi stelle. Sembrava una rivoluzione: il Digital Video sembrava essere accessibile ai giovani registi e il pubblico pareva essere disposto a pagare per strani film non-mainstream. Ma tale fenomeno non è durato. Oggi, in Europa, è molto difficile per i giovani. A Hollywood ci sono produttori come Jason Blum, che si è dedicato a horror a budget contenuto per un pubblico giovane. In Europa – tranne Spagna, Inghilterra e Francia – non ci sono produzioni di genere con un budget medio, solo TV – mainstream.
Dove è finita la gloriosa tradizione horror di Cinecittà? E’ morta quando si è diffusa la televisione privata e le soap opera quotidiane hanno preso il sopravvento nella vita di tutti i giorni. Quando mi sono recato a Roma di recente ho fatto visita a Ruggero Deodato, che ha da poco finito il suo nuovo Ballad in Blood (che mi è piaciuto). Abbiamo parlato di come il mondo della produzione cinematografica sia cambiato dai tempi di Cannibal Holocaust e di come siano limitate le risorse ora. Il fiume di immagini digitali a buon mercato, che la gente vuole consumare senza pagare, si auto-cannibalizza, come George Eastman ha mangiato le sue interiora in Man Eater [Antropophagus di Joe d’amato]. C’è ancora speranza però: A Roma ho visto un grande film italiano di supereroi con riferimenti ai gangster movie e polizieschi anni ’70: Lo chiamavano Jeeg Robot. Molto emozionante, divertente e violento. Una vera sorpresa.
Dai social sappiamo che vedi e ‘suggerisci’ ai tuoi follower molte pellicole e serie TV. Ne sei un grande consumatore? Quali preferisci?
Amo molto Hannibal, la serie norvegese Lilyhammer, Lost e The Man in the High Castle. [In ultimo] Luther, un’altra emozionante serie televisiva poliziesca britannica.
Tra i titoli da te presi in considerazione ce ne sono alcuni apparentemente peculiari, come Zootropolis e The Hateful Eight. Cosa attrae più la tua attenzione in un film?
Quando la sceneggiatura è accattivante ed emozionale non è così importante quale sia il genere. Zootropolis, semplicemente, funziona alla grande a tutti i livelli. The Hateful Eight è un affettuoso omaggio al western italiano, che io amo molto. Oltre alla sensazione di fondo, si tratta di un acuto film politico, che descrive come la democrazia americana si sia evoluta da un mondo di pura brutalità e di razzismo.
Qualche anno fa hai affermato di voler lavorare con Gianluigi Perrone su un film ispirato ai lavori di Lucio Fulci e Pupi Avati. Tale progetto è ancora in piedi? Stai lavorando a qualcosa in questo momento?
Adoro questo progetto, che sarebbe un bell’horror gotico italiano ambientato in Puglia, ma non è ancora stato ancora possibile trovare dei finanziamenti. Gianluigi lavora in Cina in questo momento, così abbiamo dovuto mettere in pausa il progetto. Spero ancora che ci sarà la possibilità di girarlo un giorno.
So che hai anche co-scritto la sceneggiatura di Das Kalte Herz di Johannes Naber, ossia il primo film che hai scritto per qualcun altro. Come mai hai deciso di partecipare nei panni di solo sceneggiatore?
La società di produzione Schmitz Katze Filmkollektiv aveva in mente di produrre un film con me come regista, ma non sono riusciti ad ottenere i finanziamenti, così mi assunto come sceneggiatore per Das Kalte Herz e ho trascorso alcuni anni a sviluppare la storia con loro. Da allora il progetto è cambiato completamente diverse volte e lo stesso è stato per la sceneggiatura. Io non ho idea di come sarà la nuova versione, ma ho visto il materiale girato da Johannes Naber e sembra grandioso. Una produzione di alto livello, i set e le immagini e un cast ben congegnato. E’ una fiaba dark ambientata nella Foresta Nera.
Sei anche produttore di videoclip e hai creato le copertine di alcuni dischi. Qual è il tuo rapporto con la musica? Hai qualche progetto in pentola?
La musica è estremamente importante nei miei film. A volte ho parti della colonna sonora già pronte quando sto ancora riscrivendo la sceneggiatura. In German Angst i compositori erano italiani, Fabio Amuri e Paolo Marzocchi, di una società chiamata Musica Pesante. Il lavoro sulla musica del mio episodio, Alraune, è stato molto lungo ed è consistito in un costante processo di adeguamento dei suoni alle immagini e di miglioramento del mood. [D’altra parte] girare video musicali per band come i Kreator, i Sodom, i Rage, i Gravedigger, i Thunderhead e i Guano Apes ecc.. mi ha insegnato a combinare immagini e musica per [ottenere] il miglior effetto [possibile]. Voglio che i miei film siano sogni di suoni e colori. Sul set il lavoro con gli attori è la sfida centrale, ma in post produzione è meraviglioso collaborare con il compositore della soundtrack per creare la magia.
Chiudiamo con il teaser trailer di Alraune, in attesa che prima o poi qualcuno decida di far uscire German Angst anche in Italia:
© Riproduzione riservata