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Voto: 6/10 Titolo originale: Final Score , uscita: 07-09-2018. Budget: $20,000,000. Regista: Scott Mann.

Final Score: la recensione del film action con Dave Bautista e Pierce Brosnan

18/12/2019 recensione film di Francesco Chello

Ray Stevenson è il villain di un'opera derivativa ma onesta, che il regista Scott Mann infarcisce di un buon ritmo e di gusto per l’azione vecchia maniera

Pierce Brosnan e Dave Bautista in Final Score (2018) film

Ultimamente ho dato un’occhiata a Final Score, film del 2018 arrivato recentemente in Italia direttamente in DVD e blu-ray per Eagle Pictures. Non avevo particolari aspettative, non dico basse (questo no), ma l’ho preso praticamente al buio. Lo ammetto, sono uno spettatore semplice, a volte mi basta conoscere solo il genere e l’attore protagonista per far scattare un acquisto o una visione. Insomma, la gioia del reparto marketing.

Aspettative, dicevo. Per qualche motivo mi ero immaginato un piccolo DTV, del resto Dave Bautista (il protagonista di cui sopra) tra un Denis Villeneuve, un James Bond e un franchise multimilionario, trova il tempo di infilare piccoli film di cassetta tipo i sequel di Escape Plan. Invece, viene fuori che il film ha un budget dignitoso (siamo sui 20 milioni di dollari) e nasce come destinazione cinematografica, esce in sala in diversi paesi – tranne il nostro, ovviamente. Ma al di là di questo, che potrebbe anche lasciare il tempo che trova, Final Score si rivela una piacevole sorpresa.

Final ScoreUn film che fondamentalmente non si inventa nulla ma anzi sfrutta un modello consolidato, fa il suo sporco lavoro anche grazie, se non soprattutto, al suo protagonista – ancora lui, e sono tre. Quel modello è chiaramente Die Hard, capolavoro di John McTiernan capace di dare vita a cloni ed imitazioni creando, in qualche modo, un punto di riferimento e una vera e propria sottocategoria del cinema d’azione.

Oggi ormai puoi approcciarti al filone e fare il tuo Die Hard alla luce del sole, senza dover essere necessariamente accusato di plagio. Naturalmente parliamo di struttura a cui inspirarsi, che non vi venga in mente di fare paragoni controproducenti. La situazione è nota, uomo solo all’interno di un luogo imponente ma circoscritto (possibilmente con buon numero di ostaggi e/o vittime potenziali), deve proteggere un affetto e vedersela con un manipolo di terroristi (meglio se invasati).

In questo caso, Dave Bautista interpreta Mike Knox (come il ring name utilizzato dal wrestler Michael Hettinga ai tempi della WWE), un ex soldato americano, traumatizzato dalla perdita di alcuni suoi sottoposti caduti sotto il suo comando, che si reca a Londra per andare a trovare Rachel e Danni, la moglie e la figlia di un amico fraterno che faceva parte di quei militari caduti in guerra.

Knox decide di portare la quindicenne Danni (Lara Peake che, in realtà, di anni ne ha 20) allo stadio per assistere a un’importante partita di calcio tra i londinesi del West Ham (che schierano Tony Cotee e Rufus Brevett, veri ex calciatori degli Hammers) e la Dynamo, squadra di fantasia che sfrutta un nome generico esistente – che per qualche ragione mi ha ricordato lo Sporting e i Wolves di Puro Cashmere. La Dynamo proviene dalla fantomatica nazione di Sokovia – che crea un bizzarro Easter Egg che cita il MCU, nazione da cui provengono i terroristi che prenderanno possesso dello stadio, trasformandolo in una gigantesca (ed esplosiva) trappola per topi.

Trama che ricorda da vicino quella di A Rischio della Vita, col calcio al posto dell’hockey, film con Jean-Claude Van Damme diretto da Peter Hyams, che indubbiamente si rifaceva anche lui al modello Die Hard e di cui è stato annunciato un remake tempo fa che no, non è Final Score – previsto per il 2020 con Michael Jai White protagonista, produzione congiunta Universal 1440 / Netflix che, nel frattempo, da remake potrebbe diventare una sorta di sequel.

Dave Bautista è il punto di forza di un film semplice (fa sorridere che ci siano voluti tre sceneggiatori per scriverlo), ma ben strutturato, la conferma che l’ex superstar WWE (prossimo all’introduzione nella Hall of Fame, classe 2020) ha il potenziale giusto per essere l’action hero che ci meriteremmo. Potenziale che ci auguriamo possa essere sfruttato con continuità, in alternanza ai ruoli di vario genere (e/o spessore) di cui parlavo in precedenza.

Il tipo di uomo d’azione old style, quello che in pratica non vuole essere Dwayne Johnson – ok, ci sarebbe il dettaglio di aver compiuto delle scelte che lo hanno reso uno degli attori più pagati al mondo, tuttavia resta il fatto che negli ultimi anni The Rock ha tradito un certo spirito, ma sto divagando su una questione che meriterebbe due parole in più, per cui ricordatemi di riparlarne in qualche altra occasione, che mi preme. Dave Bautista, quindi, si carica buona parte della riuscita di Final Score sulle sue spalle (larghe, evidentemente).

Final Score bautista filmIl suo è un personaggio malinconico, taciturno, riflessivo, in pratica l’opposto di John McClane. Il classico can che dorme che è meglio non svegliare. Il bastone tra le ruote di una spietata organizzazione terroristica che aveva programmato ogni minimo dettaglio. Tranne uno, a quanto pare. La sua è una prova convincente, intensa, molto fisica.

Il suo personaggio deve sbaragliare i nemici al suon di scontri corpo a corpo in cui diventa una furia, a cominciare da una concitata zuffa in un ascensore strettissimo, passando per un doppio match in cucina tra gas infiammabile, coltelli ed olio bollente.

Tra gli sgherri di Final Score, scelta azzeccata per il disumano Martyn Ford, culturista prestato al cinema (già visto in Boyka: Undisputed IV e Accident Man, per dirne un paio), che con i suoi 203 centimetri e una massa fuori controllo riesce a fare sembrare Bautista il piccoletto che il bullo riempie di scappellotti, opzione di casting che si rivela estremamente funzionale ad una delle scene di lotta più riuscite del film. I terroristi hanno un asso nella manica, il leader affidato a un Ray Stevenson che avrà sempre la mia gratitudine per il suo Frank Castle del 2008 (Punisher: Zona di Guerra di Lexi Alexander) e che, come spesso gli succede, porta a casa il ruolo con efficace disinvoltura.

Peccato solo per l’assenza di un vero showdown finale tra lui e Dave Bautista, a quel punto quasi obbligatorio, scelta che francamente mi ha fatto un po’ storcere il naso. Tra le fila dei cattivi anche il marshalliano Craig Conway (The Descent, Doomsday) e la rumena Alexandra Dinu, che da un paio di film a questa parte sembra aver cambiato totalmente genere rispetto a un italianissimo background fatto di fiction (su cui mi astengo dai commenti), roba tipo Sposami, Capri e Carabinieri.

Lara Peake, Pierce Brosnan e Craig Conway in Final Score (2018)Se avete dato un’occhiata al cast avrete sicuramente notato il nome di Pierce Brosnan; la sua è una piccola partecipazione a cui, però, è legato un twist (sicuramente intuibile, ma io, con disattenzione, lo avevo sottovalutato), un ruolo semplice e di poche battute, neanche eccessivamente determinante, ma che l’attore irlandese insaporisce con esperienza, barba e baffi, una serie di racconti su una gallina orba (momento in cui si crea il feeling col protagonista) ed un’uscita di scena teatrale.

Amit Shah è lo steward Faisal, spalla comica che non risulta invadente, ma che piuttosto si inserisce con simpatia e discrezione.

Alla regia c’è Scott Mann (no, nessuna parentela ingombrante), che nel 2009 si era fatto notare con lo scoppiettante The Tournament, ma che successivamente si era un po’ perso col moscio Bus 657, tra i cui demeriti c’era quello di non aver saputo sfruttare la presenza di Dave Bautista, come invece fa ora in questo Final Score. La regia è diligente, valorizza i corpo a corpo, offre un buon ritmo, che scandisce i 104 minuti di durata.

Oltre alla corposa quota botte, il menu include sparatorie, qualche esplosione ed un delirante (quanto azzeccato) inseguimento motociclistico all’interno dello stadio (lo storico Boleyn Ground, demolito nel 2017). Le sequenze d’azione sono realizzate con buona mano, non mancano dettagli sanguinolenti nelle colluttazioni (frutto di un make-up realistico), meno bene la CGI nelle esplosioni e nelle sequenze girate davanti al green screen piuttosto posticce.

In definitiva, un film sicuramente derivativo ma onesto nel suo inserirsi in un filone consolidato con ritmo e gusto per l’azione vecchia maniera, il classico eroe solitario vs. cattivoni dell’est che non passa mai di moda. Specie se quell’eroe ha la presenza carismatica di un Dave Bautista perfettamente in parte, che semina morti e cazzotti con apprezzabile generosità.

Di seguito trovate il full trailer internazionale di Final Score: