Voto: 6.5/10 Titolo originale: Svart krabba , uscita: 18-03-2022. Regista: Adam Berg.
Granchio Nero: la recensione del film fanta-action di Adam Berg (su Netflix)
19/03/2022 recensione film Granchio nero di Francesco Chello
Con un tempismo tanto involontario quanto straniante, arriva sulla piattaforma una produzione svedese che utilizza gli orrori della guerra per impostare un contesto post apocalittico utile a veicolare il messaggio pacifista di Noomi Rapace
Non so se sia uno di quei casi in cui due indizi portino necessariamente a una prova, ma ho la sensazione che il fatto che la redazione mi abbia inviato in Scandinavia per due volte consecutive nel giro di sette giorni possa voler dire qualcosa. Settimana scorsa Against the Ice (la recensione), ora è la volta di Black Crab, titolo internazionale dello svedese Svart Krabba, che in entrambe le lingue vuol dire Granchio Nero ovvero il titolo con cui lo trovate nella library italiana di Netflix, in esclusiva a partire dal 18 marzo.
Freddo a parte, in questo malcelato tentativo di mobbing ai miei danni sono riuscito a trovare due titoli intriganti. A dirla tutta, non che i due film abbiano poi granché in comune. A partire dai paesi d’origine, accomunati dalla terra scandinava, Danimarca/Islanda per il film di Peter Flinth e, come detto, Svezia per la nuova uscita. Ma anche i generi di appartenenza, totalmente differenti. In comune, però, hanno l’utilizzo dell’ambientazione, del freddo, del ghiaccio come elementi cardine di ciò che intendono raccontare, oltre al fatto di portare a compimento un percorso interessante al netto di qualche imperfezione non compromettente. Ma andiamo nello specifico che altrimenti rischiamo di confonderci.
Black Crab – Granchio Nero è un thriller drama a sfondo bellico che si svolge in una sorta di contesto post apocalittico in cui però di fantascientifico non c’è nulla. Una guerra imprecisata, di cui non vengono mai approfondite motivazioni e origini del nemico, è l’unica causa di un contesto sociale desolante, simile agli stilemi del cinema distopico.
La prima considerazione che si potrebbe fare è sul tempismo. Senza cadere nella facile retorica o tantomeno entrare nel merito di un momento storico estremamente delicato come quello che stiamo vivendo con il conflitto tra Russia e Ucraina, è quanto meno straniante ritrovarsi un film che ricorre così da vicino alla guerra (per quanto di fantasia) per sviluppare la storia che vuole raccontare.
Qualcuno potrebbe obiettare sull’opportunità di rispettare il timing previsto e la scelta di non rimandarne l’uscita, c’è da dire che Granchio Nero è animato da uno spirito (e un messaggio) evidentemente anti guerra, incluse implicazioni di natura etica sui civili che diventano ignobilmente danni collaterali, lo sterminio inconsiderato, sull’utilizzo delle armi biologiche.
Lo stesso modo in cui sistematicamente dipinge l’ottusità degli ufficiali (ma anche il gioco sporco) o ridicolizza la consegna delle medaglie al valore in un frangente significativo. Granchio Nero non punta sulla spettacolarizzazione del conflitto, quanto sulla sua drammaticità. Quello che sembra coraggio è spirito di sopravvivenza. L’eroismo è legato a doppio filo alla tragedia. Non c’è cameratismo goliardico, soltanto soldati (nella maggior parte dei casi civili convertiti per necessità) che cercano di sopravvivere e portare a termine la propria missione.
Ed è proprio la missione tipicamente impossibile ad assumere la doppia funzione di focus prima e punto di svolta poi. Oltre a rappresentare la singolarità all’interno sceneggiatura che il regista Adam Berg e Pelle Rådström ricavano dall’omonimo romanzo di Jerker Virdborg.
Uno sparuto gruppo di soldati deve attraversare un arcipelago completamente ghiacciato (per la prima volta in 37 anni) allo scopo di consegnare delle capsule dal contenuto misterioso (almeno fino a un certo momento) che potrebbero ribaltare le sorti apparentemente già scritte del conflitto. Il punto è che il ghiaccio è troppo sottile per essere calpestato dai veicoli e troppo spesso per utilizzare imbarcazioni. L’unico modo per attraversare il territorio è pattinando. Una robetta da 100 miglia nautiche, circa 185 chilometri da percorrere sui pattini in condizioni estremamente rischiose e disagevoli. Muoversi lateralmente, dietro le linee nemiche. Come i granchi, appunto.
Ecco, quindi, che l’ambientazione e le condizioni atmosferiche ricoprono un ruolo determinante nella costruzione di Granchio Nero. Se la presenza di un nemico misterioso è un pericolo palpabile che va e viene a seconda dell’avanzare della missione, la superficie ghiacciata ed il congelamento si pongono come accento su una tensione crescente. Come dimostra uno dei primissimi momenti sul ghiaccio, con rottura e tuffo in un’acqua talmente fredda da sembrare tangibile, con l’ipotermia dietro l’angolo.
A spezzare una potenziale monotonia ambientale, ci pensano le varie soste nei suggestivi luoghi abbandonati o quasi – laddove il quasi si rivela portatore di una sparatoria inaspettata. Così come alcuni flashback della protagonista ci permettono di ricostruire (un po’ troppo frammentariamente) le fasi iniziali di un conflitto su cui sarebbe stato lecito aspettarsi qualche informazione in più. L’azione non è incalzante, viene inserita a corredo dell’attesa tensiva, come fosse il collante tra uno step e quello successivo in cui puntualmente perdiamo personaggi che sembrano coinvolti in un gioco ad eliminazione.
La guerriglia cerca di avere una connotazione adrenalinica ma sobria, realistica, a tratti anche cruda come dimostrano i corpi crivellati o i volti sfondati da un colpo di fucile. Quella stessa crudezza che viene utilizzata per dipingere di morte il contesto e in cui spicca, su tutte, l’immagine dei corpi innocenti incastrati nel ghiaccio al pari dei resti di abitazioni e vetture.
Adam Berg esordisce al lungometraggio dopo una gavetta fatta di corti e video musicali – tra cui, probabilmente il più noto è quello di Erase/Rewind dei connazionali The Cardigans. La sua regia valorizza l’idea di un ghiaccio trattato alla stregua di un protagonista di Granchio Nero, la poca illuminazione rende credibile la situazione che viene completata da una CGI passabile ma non sempre impeccabile.
Un quadro in cui la fotografia bluastra enfatizza l’inquietudine dell’insieme e viene volutamente messa in contrasto coi colori caldi del fuoco nemico, il regista riesce ad infilare un paio di azzeccate intuizioni visive, perché se sulla carta l’idea di soldati pattinatori potrebbe effettivamente far sorridere, sullo schermo trova una sua sinuosa fruttuosità. Senza dimenticare il prologo visto dall’interno dell’abitacolo o la sequenza subacquea che beneficia di un’inquadratura a campo largo assolutamente pertinente. La gestione dei tempi di Granchio Nero non è sempre puntuale, ma non compromette le quasi due ore di durata che forse avrebbero potuto beneficiare di una sfoltita di dieci o quindici minuti.
Il cast corale è costruito in modo da mettere in risalto la grinta di Noomi Rapace, che già in passato ci aveva abituati a performance fisiche e coriacee.
L’attrice svedese torna a girare in patria, nei panni di una madre (con tanto di riccio da permanente) trasformatasi in soldato e animata dal desiderio di ritrovare una figlia che potrebbe essere morta. Il vecchio trucchetto dell’istinto genitoriale, magari narrativamente non originalissimo ma, vuoi o non vuoi, sempre funzionale a un certo tipo di storie – specie se da spettatore si ragiona per emotività e immedesimazione.
Lo stesso finale di Granchio Nero da un lato cade inevitabilmente nella retorica, dall’altro trova una sua coerenza con una storia che fa della tragedia il suo stile narrativo e dello spirito pacifista il suo messaggio di critica sociale.
Ora scusatemi, che sto cercando di capire se posso tornare in redazione, sempre che Netflix non abbia in programma qualche uscita in Finlandia per la settimana prossima. Di certo posso dirvi che tra il ghiaccio e il freddo della terra scandinava si possono trovare titoli a cui poter dare un’occhiata. Forse meglio se armati di plaid e cioccolata calda.
Di seguito trovate il trailer internazionale di Granchio Nero, nel catalogo di Netflix dal 18 marzo:
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