[I diari del Lido: il Cineocchio a Venezia 74] Giorno 5 – On the road sui canali
04/09/2017 news di Giovanni Mottola
Mentre Clooney si sciala a base di tartufi, Paolo Virzì realizza il miglior film del Festival, guidando con discrezione gli straordinari Helen Mirren e Donald Sutherland alla conquista degli applausi di pubblico e critica.
Quando i film venivano promossi a suon di (finti) scandali e polemiche, sotto la maliziosa regia di Enrico Lucherini, ci si divertiva di più. Ora invece, si ricorre a conferenze stampa tutte uguali dove, salvo rare eccezioni, coloro che intervengono dicono esattamente ciò che da essi ci si aspetta. I segreti, si sa, vengono spifferati soltanto a tavola e a letto. Se tra le lenzuola delle star non possiamo nè vogliamo sapere chi s’infili, è certo che tra i ristoranti sia ‘Da Ivo‘ a Venezia quello dove si possono raccogliere le maggiori confidenze. Lì è infatti cliente abituale George Clooney, che vi si è recato anche l’altra sera in compagnia della moglie Amal, di Matt Damon e di altre tredici persone. Per loro il patron Giovanni Fracassi ha fatto arrivare appositamente da Alba un tartufo bianco da tremila euro, con il quale sono stati conditi tagliolini, risotto, uova e insalata. Fracassi ha rivelato che il divo George gli avrebbe ribadito di non essere interessato a un impegno in prima persona in politica, perché il suo mestiere è divertirsi facendo film e la politica è un’attività troppo stressante per i suoi gusti.
A quegli stessi tavoli, la sera successiva, era possibile incontrare Donald Sutherland, al Lido per presentare Ella & John – The Leisure Seeker, primo film americano di Paolo Virzì, del quale è co-protagonista insieme a Helen Mirren. Interpreta la parte di John, un ex professore di letteratura malato di alzheimer, l’unica patologia che fa soffrire il malato meno di chi gli sta vicino. Nonostante la salute precaria e le preoccupazioni dei due figli, decide insieme alla lucida e battagliera moglie Ella (Mirren) di fare un ultimo viaggio in camper alla volta di Key West (Florida) per visitare la casa natale di Ernest Hemingway, suo autore prediletto. Pur faticando a ricordare persino gli affetti più cari, ne declama interi brani a chiunque gli capiti a tiro. Lungo la strada avverranno incontri bizzarri, che daranno luogo a scene divertenti, ed episodi in grado di suscitare una commozione che ha il pregio di non sfociare mai nel patetico. Tutto è incentrato sugli strepitosi Mirren e Sutherland, che con i loro duetti rendono memorabile una storia altrimenti già vista. I due mettono in campo un carisma e una qualità recitativa superiore a quella della coppia Fonda-Redford e si conquistano, già in occasione della proiezione per la stampa, tali e tanti consensi da far credere che a quella per il pubblico, alla loro presenza, potrebbe cadere il record dei novantadue minuti di applausi di fantozziana memoria. Come vale per il ruolo dell’arbitro nello sport, il regista più bravo è quello che riesce a girare un buon film senza che il pubblico si accorga della sua presenza e così è stato in questo caso per Virzì, che di suo non aggiunge al film nulla di ciò che potrebbe sminuirlo e ha l’intelligenza e l’umiltà di affidarsi a due attori che non avrebbero nemmeno bisogno di essere diretti. Per noi, è per distacco il miglior film sin qui visto in Concorso e possiamo essere molto soddisfatti che vi sia una parte di italianità, oltre che nel manico anche nella produzione. A tal proposito ci resta un dubbio finale: come avrà fatto il Monte dei Paschi di Siena, notoriamente in cattive acque, a trovare il denaro per risultare tra i finanziatori della pellicola?
Sempre in Concorso si è visto un altro film on the road: si tratta di Lean on Pete di Andrew Haigh. Il protagonista è Charlie (Charlie Plummer), un ragazzino di sedici anni che alla morte del padre si ritrova solo e finisce con l’affezionarsi a un cavallo da corsa. Quando il cavallo sta per essere venduto a chi presumibilmente potrebbe abbatterlo, il ragazzo lo porta via con sé di nascosto, alla volta del Wyoming dove vive una sua zia. Anche qui, diversi incontri lungo il tragitto. La prima parte, ambientata nel cinico mondo delle corse è abbastanza interessante, anche perché funziona il contrasto dei sentimenti del ragazzo rispetto a un ambiente dove conti solo se sei in grado di vincere. Poi il film si affievolisce parecchio e spinge lo spettatore a chiedersi cosa abbia indotto a selezionare per la vetrina principale un film tanto ordinario per regia e sceneggiatura. Molto bravo il protagonista Charlie Plummer, considerato favorito a quote popolari per il premio Mastroianni, che si assegna al miglior attore giovane. Segnatevi il suo nome perché nel giro di qualche anno lo si ritroverà su tutte le riviste di cinema e anche su quelle di gossip.
Anche l’altro film di oggi del Concorso, La Villa di Robert Guédiguian, è tradizionale nel racconto. Ma anche quando non fanno capolavori i francesi hanno il pregio di raccontare sempre storie dignitose. Questa riguarda tre fratelli (Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan) che si radunano al capezzale del padre moribondo, nella casa in riva al mare (“la villa” appunto) che lui stesso ha costruito e dove è sempre vissuto. Ogni personaggio è in crisi; in fondo, però, in quel luogo sono stati felici e possono tentare di continuare ad esserlo, magari aiutando i bambini che sono emigrati sin lì e hanno perso i genitori. A parte l’aggiunta sociologica sulle migrazioni, vicenda ricorda a grandi linee quella de Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov, sia per la sensazione che i personaggi debbano affrontare la fine di un’epoca, sia, da un punto di vista tecnico, per l’impianto teatrale di un’azione in cui non succede quasi nulla. Avremmo anche altri film di cui parlarvi, ma per oggi ci fermiamo qui: è ora di andare a cena. Purtroppo, non ‘Da Ivo’.
A domani.
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