Il diario da Venezia 77 | Episodio 4: Lido … per non piangere (pro e contro della Mostra 2020)
12/09/2020 news di Giovanni Mottola
Tiriamo le somme di questa edizione insolita. Recensioni lampo per i film Nomadland, Nowhere Special e Notturno
Girando per Venezia si può assistere a un rinnovato affollamento di turisti, molti dei quali senza mascherine indosso, segno che sembrerebbe essersi riattivata una certa normalità. Non è così a sentire i rappresentanti delle categorie commerciali, in particolare quella degli albergatori e dei ristoranti, i quali lamentano incassi ancora dimezzati o addirittura non convenienza a tenere aperto. Pare invece che il Lido abbia tenuto botta, dunque verrebbe proprio da dire “Lido per non piangere”. Espressione che si potrebbe replicare anche per quanto riguarda la Mostra, perché nelle battute finali ha offerto alcuni differenti esempi di vite disperate. In verità sono state sparate anche alcune cartucce di stampo assai violento che hanno colpito allo stomaco gli spettatori – Nuevo Orden di Michel Franco e Run Hide Fight di Kyle Rankin – ma su questi due film quasi “di genere” non ci soffermiamo in questa sede perché ne offriremo a breve una dettagliata recensione. Ci limitiamo a dire che il lungometraggio messicano ha deluso la critica italiana ma favorevolmente impressionato tutta quella straniera e pertanto è considerato papabile per un premio.
Tornando alle opere che hanno suscitato commozione, impossibile non partire da Nomadland, unico film americano presente in Concorso, diretto da Chloé Zhao e interpretato da Francesc McDormand. Il suo personaggio è molto diverso dall’ultimo da lei portato al Lido – la madre sofferente e battagliera di Tre manifesti a Ebbing, Missouri (la recensione) – ma condivide con quello la marginalità nel contesto sociale di una certa America. Qui è Fern, diventata nomade dopo aver visto inghiottire dalla crisi il paese del Nevada in cui viveva a seguito della chiusura per fallimento dell’unica fabbrica del luogo. Un po’ per difficoltà economiche e un po’ per un’insofferenza di fondo a focolari domestici e convenzioni borghesi, Fern ormai vedova decide di rinunciare a una sistemazione stabile per mettersi a viaggiare da sola con il suo van, trovando compagnie occasionali in altri che hanno sposato il medesimo stile di vita.
Proprio come non ce li ha la vita di Fern, anche il film è privo di un punto di partenza o di arrivo, prediligendo un racconto circolare sul randagismo umano, commuovendo quando mostra la solidarietà umana che la protagonista offre e riceve e inquietando quando si sofferma sui momenti di sconforto dovuti alla solitudine. Siamo lontani dal capolavoro, ma Nomadland resta uno dei migliori film visti in Mostra 2020 nonché secondo le prime avvisaglie un candidato forte, soprattutto per la prova dell’attrice, ai prossimi Oscar.
Più struggente ancora è stato il film di Uberto Pasolini, Nowhere Special. Purtroppo non possiamo classificarlo come film pienamente italiano, nonostante il regista lo sia per nascita e per lignaggio (è nipote di Luchino Visconti), perché cast e maestranze sono inglesi, ma basta quella metà per costituire il gol della bandiera del nostro cinema a questo festival. Pasolini aveva già portato a Venezia nel 2013 il meraviglioso Still Life; ora vi torna con quest’altro film dove riprende in parte gli stessi temi: la morte, la famiglia, il distacco. La storia è ispirata al fatto vero, letto dal regista su un giornale inglese, di un padre che ha cresciuto da solo per quattro anni il figlio avuto da una donna andatasene sei mesi dopo il parto. Quando scopre di avere solo pochi mesi da vivere, li dedica alla ricerca di una nuova famiglia per il suo bambino. Insieme iniziano un giro tra coloro che si dichiarano disponibili all’adozione.
Tra i due si percepisce un legame fortissimo, che i due attori, James Norton e Daniel Lamont, hanno costruito anche nella realtà passando molte serate a giocare insieme. Bravissimo il padre, ma ancor più il figlio (anche un bellissimo bambino) soprattutto per la capacità di essere egualmente espressivo tanto nelle scene felici (una alle giostre in particolare) quanto in quelle più tristi, come l’ultima in cui si separa definitivamente dal genitore con uno sguardo pieno di tutti i sentimenti. Nowhere special finisce a pieno titolo in uno dei top 3 di questa edizione di Venezia, insieme a The Duke e Cari compagni!, dei quali abbiamo parlato rispettivamente nel terzo e nel secondo diario.
Più difficile scegliere le tre delusioni, non certo perché non vi fossero film deboli ma perché una delusione dipende sempre dalle aspettative e in quest’anno storto non ve ne erano molte. Vista l’esaltazione che la stampa di casa ha manifestato verso le produzioni italiane, per spirito controcorrente e forse un po’ più libero da condizionamenti di sorta, ci orientiamo proprio su quelli. Anche in questo caso ci richiamiamo a quanto già detto a proposito di Lacci e di Padrenostro, soffermandoci ora brevemente sull’ultima pellicola, che peraltro sembra aver convinto anche gli stranieri.
Ci riferiamo a Notturno di Gianfranco Rosi, ultimo Leone d’Oro italiano con Sacro GRA nel 2013. E’ il frutto di tre anni di lavoro trascorsi in Libia, Siria Irak e Kurdistan, allo scopo di raccontare le storie e i personaggi che stavano nell’ombra dei conflitti. I soldati si limitano ad aprire l’opera, per il resto si vedono immagini di bambini, ospedali, teatri, strade. L’opera di Rosi ha sicuramente il pregio di allungare il respiro rispetto a quelle con il fiato sempre corto di casa nostra, ovviamente non in senso geografico ma dal punto di vista della ricerca e della profondità d’animo.
La sensazione però è che il regista avesse già deciso cosa mostrare ancor prima di vedere la realtà di quei luoghi e di parlare con quelle persone, muovendole come pedine funzionali alla sua idea e senza la capacità di entrare davvero nel loro vissuto. Egli mostra in Notturno i territori di guerra nello stesso modo in cui li raccontava Buzzati nel Deserto dei Tartari, con la differenza che qui la guerra non era solamente attesa come spauracchio, ma c’era stata davvero o era ancora in corso. Questo non si percepisce, e così i personaggi rischiano di sembrare attori intenti a rifare loro stessi, impregnando il film di un senso di posticcio. Nonostante le buone intenzioni, il racconto di Gianfranco Rosi non offre quindi quel poco di cronaca che si potrebbe trovare nel reportage di un giornalista ma nemmeno quella poesia che si potrebbe trovare in un letterato.
Ricapitolando, in sintesi:
Top: The Duke, Cari compagni!, Nowhere special
Flop: Lacci, Padrenostro, Notturno
Siamo quindi arrivati in conclusione di una Mostra del Cinema di Venezia insolita, che ha comunque offerto più di quello che ci si poteva attendere visti i tempi, ma in condizioni spesso sgradevoli. Particolare menzione negativa per le maschere della Sala Darsena, connotate da un fanatismo senza eguali circa il controllo dei millimetri di pelle coperti da mascherine, quasi per il compiacimento di poter esercitare un qualche potere sulla massa. Che in piccola parte accoglie compiaciuta tali atteggiamenti dittatoriali, non presenti in nessun altro controllore in Mostra, a dimostrazione che alcuni le mascherine le hanno tirate talmente su fino a essersi coperti il cervello.
Di seguito il trailer ufficiale di Notturno, nei cinema dal 9 settembre:
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