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Il diario da Venezia 79 (2022), episodio 1: niente Deneuve sul fronte occidentale

01/09/2022 news di Giovanni Mottola

Il Leone d'Oro alla carriera della diva francese ci offre lo spunto per parlare di temi sempre attuali come il reale ruolo delle donne nel cinema contemporaneo e il glorioso passato del nostro cinema che fu

Deneuve venezia leone 2022

Diavolo d’un Barbera! Alle numerose accuse di maschilismo scaricategli addosso negli ultimi anni ha deciso di rispondere a tono, con sottilissima perfidia.

Prima ha scelto per madrina una donna, Rocio Munoz Morales, le cui biografie riportano come prima cosa il fatto che sia la compagna di Raoul Bova. Esiste per l’universo femminista un affronto maggiore del vedere una donna che viene identificata principalmente per il suo uomo? Uno solo.

Quello di vedere baciata dal successo una donna non gradita, perché fuori dal coro e restia ai piagnistei. E allora Alberto Barbera, implacabile, ha deciso di assegnare uno dei due Leoni d’Oro alla Carriera di questa edizione (l’altro è per Paul Schrader) a una paladina dell’anticonformismo come Catherine Deneuve (“Una venere, che dite?” il suo anagramma).

Una donna capace di smarcarsi dal vittimismo peloso delle denuncianti postume del metoo fino al punto di radunarne altre cento disposte a firmare su Le Monde un appello contro il nuovo puritanesimo e il clima da caccia alle streghe, intitolato: “Lasciamo agli uomini la libertà d’importunare le donne, indispensabile per la libertà sessuale”.

Ovviamente il premio alla carriera, sulla quale non vale nemmeno la pena di soffermarsi tanto rifulge, non le viene assegnato per questo fatto recente. Ma è già tanto che non le sia valso una preclusione e di questo, al di là del nostro ironico esordio, bisogna sinceramente dare merito a Barbera.

Naturalmente, secondo lo stile di chi è abile a conservare a lungo il potere, il Direttorissimo non dà un colpo al cerchio senza darne uno anche alla botte e quindi, come si può notare già dalle pellicole programmate per i primi giorni, il Festival tratterà ampiamente le tematiche più amate dall’intellighènzia e lo farà dal punto di vista più inclusivo & sostenibile. Rinviamo però alla prossima occasione un approfondimento sul programma.

rocio morales venezia 2022Ora torniamo invece su Catherine Deneuve, per segnalare in positivo il fatto che durante la conferenza stampa, per sensibilità nei confronti delle persone che muoiono e che soffrono, si è presentata con una spilla raffigurante la bandiera ucraina, ma ha dichiarato di non voler effettuare alcuna dichiarazione relativa a quell’argomento.

Qualunque artista italiano avrebbe approfittato per dimostrare tutta la propria bontà d’animo esprimendo solidarietà e raccapriccio.

La divina Catherine sembra invece volersi dissociarsi su tutta la linea da uno stile molto americano a cui anche noi italiani ci siamo definitivamente adattati. Niente Deneuve sul fronte occidentale, appunto. Ma oltre a lei anche altri grandi divi francesi – potremmo citare Brigitte Bardot, Gerard Depardieu, Alain Delon – si collocano spesso e volentieri dalla parte più scorretta.

Al contrario dei divetti di casa nostra, che a quelli potrebbero al massimo portare il cestino durante la pausa delle riprese (a Depardieu meglio due cestini, altrimenti potrebbe addentare il portatore), i quali fanno sempre a gara per dimostrarsi impegnati sulle posizioni più nobili. Un po’ sarà una sciovinista voglia di protagonismo, un po’ una sincera espressione di libero pensiero.

Ma il sospetto è che questo discorso possa ricollegarsi anche a quanto dichiarato da Alberto Barbera circa il cinema italiano. In occasione della presentazione della nuova edizione della Mostra, il Direttore ha affermato che quest’anno sono stati realizzati circa 250 film (più di uno ogni due giorni!), spesso di bassa qualità, e comunque un numero sproporzionato rispetto alle possibilità di sale e piattaforme (il nostro approfondimento).

Il motivo è chiaro, a detta dello stesso Alberto Barbera: finanziamenti a pioggia. Sottinteso: pubblici, cioè nostri. Di produttori che rischiano in proprio infatti non ce ne sono più, né c’è più bisogno. Si gira una scena sulla piazza di Otranto, o sul litorale di Ostia, ed ecco arrivare soldi a palate dalle Regioni Puglia o Lazio. Poco importa poi se il film è brutto, non esce o esce ma non incassa. Il grisbì ormai è al sicuro.

È evidente che in un sistema siffatto si deve stare bene attenti a non disturbare i manovratori. Per questo tutta la gente del cinema evita ogni dichiarazione che possa risultare sgradita al potere. Ed è per questo che il nostro cinema è passato da Gassman Vittorio a Gassmann Alessandro.

A proposito del quale vale la pena ricordare una sua dichiarazione sui social, di circa un anno fa, in cui comunicava di aver denunciato alcuni vicini di casa intenti a dare una festicciola al tempo della zona rossa. Con ogni probabilità suo padre, come anche Ugo Tognazzi o Alberto Sordi, avrebbero bussato alla porta dei vicini chiedendo di poter partecipare, nella speranza di trovare tra gli invitati qualche bella signora. Per quanto possa sembrare un discorso scollegato, in questa differenza c’è tutto il decadimento del nostro cinema e dei suoi protagonisti.

Il Diario num. Zero, per chi se lo fosse perso (molto male!)