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Voto: 4/10 Titolo originale: La profezia dell'armadillo , uscita: 13-09-2018. Regista: Emanuele Scaringi.

La Profezia dell’Armadillo: la recensione del film di Emanuele Scaringi che adatta Zerocalcare (Venezia 75)

10/09/2018 recensione film di William Maga

L'adattamento dell'omonimo romanzo a fumetti di Zerocalcare non solo non rende giustizia all'opera originale, ma non sta in piedi nemmeno come operazione a sé stante

profezia dell'armadillo film 2018

Presentato in concorso nella sezione Orizzonti della 75a Mostra del Cinema di Venezia, La Profezia dell’Armadillo non segna soltanto il debutto alla regia di un lungometraggio dello sceneggiatore Emanuele Scaringi (Senza nessuna pietà), ma soprattutto l’adattamento per il grande schermo dell’omonimo e amatissimo libro a fumetti di Zerocalcare (aka Michele Rech, che non ha voluto prendere in nessun modo parte alla promozione del film ma che rimane accreditato tra gli sceneggiatori al fianco di Oscar Glioti, Valerio Mastandrea – che inizialmente avrebbe dovuto esserne il regista – e Johnny Palomba) del 2012, vincitore del premio Gran Guinigi per la ‘miglior storia breve’ e capace di lanciare la carriera ‘mainstream’ del disegnatore romano.

Se è piuttosto facile intuire le ragioni che hanno spinto Fandango e Rai Cinema a produrre una trasposizione, meno immediato è capire come sia stato possibile arrivare a un risultato così clamorosamente fallace. La stessa proiezione lagunare – praticamente appannaggio della sola stampa italiana (caso più unico che raro) – ha facilmente dimostrato infatti che al di fuori del pubblico di affezionatissimi lettori e conoscitori dell’opera disegnata, quasi nessuno potrebbe essere interessato a questo titolo.

Proprio con tale dato bene in mente, sarebbe quindi stato assai più opportuno procedere con un adattamento maniacalmente fedele, senza i colpi di testa, le omissioni o le aggiunte insensate (specie il finale ‘chiuso’) per le quali invece si è deciso inspiegabilmente di optare. E’ vero che un film dovrebbe stare sempre in piedi da solo, ma in mancanza di autorialità di una qualsiasi delle pedine coinvolte, giocare in difesa, specie ragionando sulle conseguenze  del risultato commerciale al botteghino (leggi ‘ulteriori adattamenti’ o ‘nessun altro adattamento’) avrebbe senza dubbio giovato. Ma, in fondo, chi scrive non è certo un produttore che sa come spendere al meglio centinaia di migliaia di euro.

In ogni caso, La Profezia dell’Armadillo è ambientato naturalmente a Rebibbia, quartiere di Roma dove vive Zero (Simone Liberati), trentenne che lavora come illustratore. Non ha un lavoro fisso, quindi per arrotondare lo vediamo impartire ripetizioni di francese e matematica a un ragazzino, compilare questionari con la gente in partenza all’aeroporto e disegnare poster e illustrazioni per sconosciute band indie punk. Zero ha un amico immaginario, una sorta di alter ego piuttosto ingombrante, un grande e pedante armadillo (Valerio Aprea infilato in un indescrivibile costume di gommapiuma posticcia) che in sostanza rappresenta la sua coscienza.

Un’altra presenza costante nella sua vita è il suo amico d’infanzia senza arte né parte Secco (Pietro Castellitto), col quale bighellona e tira sera. Una notte però, Zero riceve una email dal padre di una delle sue più care amiche di infanzia, di cui era segretamente perdutamente innamorato, che gli annuncia che Camille è morta. Da quel momento, Zero comincia la sua personalissima elaborazione del lutto, che lo porterà a ripensare ai momenti trascorsi con la ragazza e alle cose che non le ha mai detto.

Intermezzo romantico. I fumetti di Zerocalcare consistono in un universo unico, pieno di vita quotidiana spontanea e di pungente ironia, e questo romanzo grafico in particolare è sostanzialmente un racconto lieve pieno di ricordi, pungente, delizioso e pieno di modestia su un’amica che non c’è più, sulle avventure passate insieme e su come a volte ci si perda di vista, senza una ragione particolare.

Una storia capace di toccare l’essenza dell’animo umano, ugualmente denso di dolcezza e di tristezza, con un equilibrio che consente al lettore di relazionarsi personalmente senza cadere nell’eccessivamente banale o di diventare strappalacrime.

Se già il primo trailer aveva fatto storcere il naso a molti, il film peggiora se possibile la situazione. L’Armadillo – quasi Grillo (Parlante) – ogni volta che compare in scena e apre bocca genera vero imbarazzo visivo e uditivo, così come la necessaria scelta di antropomorfizzare il giovane e insopportabile Blanka (Samuele Biscossi) e l’invadente mamma – non Cocca – Laura Morante penalizza enormemente l’efficacia dei non pochi momenti in loro presenza.

Emanuele Scaringi, per evidenti motivi di marketing, ha dichiarato che il suo La Profezia dell’Armadillo intende omaggiare classici del coming-of-age adolescenziale avventuroso come I Goonies o Stand by Me – Ricordo di un’estate, facendola così un bel po’ fuori dal vaso, ma evidenziando il tal modo inconsciamente l’epurazione di ogni riferimento politico o socialmente impegnato del fumetto di Zerocalcare (elementi fondanti – leggi il G8 di Genova del 2001 – che rimangono confinati strettamente nel prologo e nell’epilogo animati malamente, quasi sicuramente non dal disegnatore nato ad Arezzo).

Il materiale di partenza è ben più pregno e ‘difficile’ di quello che potrebbe sembrare a prima vista sfogliando il volume come devono aver fatto i tre sceneggiatori, che hanno deciso invece di privilegiarne l’aspetto più superficiale e leggero tra un plumcake e un Mammuth, infilando una scenetta più (poche) o meno (molte) simpatica dietro l’altra, provando poi malamente ad appiccicarci sui fondali problematiche più mature – e teoricamente portanti – come l’incomunicabilità tra generazioni, il rapporto conflittuale centro vs. periferia e la mancanza di certezze sul presente e il futuro dei precari.

E se il figlio d’arte Castellitto se la cava in una parte più facile (come sempre succede per chi deve andare sopra le righe), lo stesso non si può dire dell’improbabile protagonista Liberati, troppo poco ‘sfigato’ e troppo poco ‘simpatico nerd nevrotico e ansioso’, la cui evoluzione / maturazione passa tra un flashback e l’altro semplicemente per il mutamento di colore del teschio stampato sulle sue t-shirt.

Completamente inutili per qualsiasi fine che non sia lo spendersi il loro nome sui poster sono poi i camei della netturbina Kasia Smutniak, della milf Claudia Pandolfi e dell’ex calciatore imbolsito Vincent Candela (che tra l’altro, al contrario di Adriano Panatta, al centro di un episodio realmente accaduto a Zerocalcare, non interpreta sé stesso).

Il supporto di un produttore che credesse in un progetto del genere avrebbe dovuto / potuto garantire la fiducia necessaria per creare qualcosa di innovativo, capace di osare anche un linguaggio visivo maggiormente sperimentale o almeno in grado di dialogare in qualche modo con l’opera originale, ma come sempre accade, piuttosto che osare e fare un passo in più si è pensato bene di limitarsi a replicare la mediocrità imperante nel settore, mandando in vacca un’idea sulla carta vincente e certamente non facendo un buon servizio a Zerocalcare, il quale un giorno magari disegnerà ciò che ne pensa e che nel frattempo, nel dubbio, ha giustamente scelto di prenderne ampie distanze.

Di seguito il trailer di La Profezia dell’Armadillo, che uscirà nei cinema il 13 settembre: