[Masterclass Sitges 49] Walter Koenig ci racconta i primi 50 anni di Star Trek
13/10/2016 news di Alessandro Gamma
L'iconico Pavel Chekov ha aperto il cassetto dei ricordi per parlarci della sua esperienza in una delle serie TV e cinematografiche più amate di tutti i tempi
Non siete soddisfatti dei nostri resoconti delle conferenze stampa di Rob Zombie & Sheri Moon e Bruce Campbell? Siete proprio incontentabili…
Ebbene, per dimostrarvi che qui non si sta fermi un minuto eccovi allora anche la Masterclass (o panel) tenutasi per celebrare i 50 anni di Star Trek (in mattinata è stata anche proiettata la versione director’s edition di Star Trek – Il Film del 1979). Mattatore assoluto è stato l’ottantenne Walter Koenig, ovvero Pavel Chekov in persona, che si è teletrasportato qui a Sitges per ricevere il Time Machine Award e per parlarci dei ricordi più cari della serie e dei film a cui ha preso parte. Ecco cos’ha condiviso con i moltissimi presenti.
Puoi dirci qualcosa sull’origine di Star Trek e quale è stato il tuo ruolo in tutto questo?
Non c’ero all’inizio, sono arrivato nel secondo anno dello show. Quando ho fatto l’audizione per la parte non avevo idea di quanto sarebbe diventato importante e significativo per la mia vita. Pensavo che avrei partecipato a uno show che sarebbe durato una settimana e poi passare al lavoro successivo. Non ho mai provato quel senso di quanto fosse incredibile far parte di questo franchise in un momento preciso. E’ stata una sensazione graduale, accaduta con il tempo, vedendo che la saga stava continuando anno dopo anno.
Cos’hai pensato quando ti hanno richiamato per proporti il film diverso tempo dopo che la serie era stata cancellata?
Sei anni dopo la cancellazione, nel 1975, lo avevano detto a tutti eccetto me. Quando ho chiamato l’ufficio di Gene Roddenberry, perchè cercavo disperatamente una risposta, la sua segretaria mi disse che non dovevo essere sciocco o paranoico, perchè ci sarebbero stati tutti nel film. Una domenica parlai finalmente con Gene, che mi disse che la storia che aveva in mente sarebbe stata ambientata 5 anni prima della serie televisiva. Facendo due conti però, a quel punto avrei dovuto interpretare un personaggio che doveva essere molto più giovane, 19 anni più giovane! Allora se ne uscì con una soluzione, ovvero che avrei potuto essere il padre di Chekov. Così gli ho risposto ‘Fantastico!’, ma poi lui ha deciso di cancellare il film. Poi è arrivata un’altra telefonata, dicendo che avremmo fatto un’altra serie TV. Tornai a casa tutto contento, ma con una nuova telefonata mi dissero che lo show era stato cancellato… E successe altre due volte in seguito. Quattro volte in totale! L’ultima volta, nel 1979, vennero chiamati la stampa e molti fotografi e venne organizzato un grande evento. Venne ricostruito un set dell’Enterprise e William Shatner cominciò a presentare tutti quanti: questo è Sulu, questa è Uhura, lui è George Takei, il Signor Spock ecc, ma arrivato davanti a me… [mima il gesto di una persona che si ferma e fa una faccia strana] Non si ricordava il mio nome! [ride]
Puoi parlarci di come sei stato coinvolto nella realizzazione di questa director’s cut e dirci qualcosa del tuo rapporto con Robert Wise?
Robert era un ragazzo molto tranquillo, che studiava molto, ma non era un uomo molto caloroso. Commisi un grosso errore, per cui mi sentii molto imbarazzato e umiliato. Gli chiesi, stavamo girando, se aveva intenzione di girare un mio primo piano. Era il primo o il secondo giorno. Lui si girò verso di me e mi disse: ‘Non chiedermi queste cose da attori’. Mi sentii così male. Lui però si accorse di quanto stavo soffrendo per questa cosa e più avanti nelle riprese, davanti a tutti, un giorno disse ad alta voce: ‘Voglio iniziare con un primo piano di Walter in questa prossima sequenza‘. Fu il suo modo di chiedermi scusa. Per quanto riguarda il mio coinvolgimento nella director’s cut, dovete sapere che nel 1979 andammo a vedere la prima del filma Washington. C’erano limousine e c’era pure un red carpet ad attenderci, tutti erano vestiti con gli smoking. Speravamo che il film riuscisse a trasmettere al pubblico quanto ci eravamo divertiti a girarlo e li divertisse di conseguenza. La pellicola avrebbe dovuto avere inizialmente un budget di 16 milioni di dollari, ma finì per costarne 61 milioni credo, quindi speravo che quello che sarebbe apparso sullo schermo sarebbe stato in qualche modo giustificato. Però rimasi molto deluso. Iniziammo un film con una storia che prevedeva soltanto due atti, invece dei consueti tre. Fummo costretti dalle circostanze a iniziare le riprese, perchè avevamo già rinviato troppe volte. Se non avessi iniziato non lo avremmo finito in tempo per la data che avevano previsto. Forse pensarono che alcune bellissime idee sarebbero spuntate fuori nel corso delle riprese e che avremmo così trovato il terzo atto. Passammo letteralmente settimane a bere caffè e mangiare ciambelle tranquillamente perchè non c’era una storia con cui proseguire. Una storia senza un finale, senza un climax, niente di emozionante. Quello che vedete non fu possibile cambiarlo neppure con una seconda edizione. La cosa buffa è che più o meno sono gli stessi problemi avuto in Star Trek V – L’ultima frontiera. Star Trek I ebbe problemi anche perchè si appoggiarono a una società di effetti speciali che non era riuscita a tirar fuori degli effetti che potessero dar vita alla storia. E lo stesso accadde col quinto film. Non si riuscì a trovare il modo di rendere adeguatamente l’idea che Bill Shatner aveva in mente. E’ l’unica volta in cui Robert ha accettato di girare una pellicola senza una sceneggiatura finita in mano. Arrivammo alla premiere letteralmente con il copione che ancora aveva l’inchiostro fresco dalla innumerevoli aggiunte che venivano fatte ogni giorno. E molti spettatori infatti si lamentarono. Fu una cosa che segnò Robert a fondo.
Cosa pensa dei nuovi film di Star Trek?
Ho visto Beyond sull’aereo mentre stavo venendo qui a Sitges, e mi è piaciuto. Ho apprezzato il fatto che si sono riavvicinati alle relazioni tra i personaggi, concentrandosi non solo sugli effetti speciali. Chiaramente è un film da 150 milioni di dollari, c’è molto CGI, ma ci sono scene tra Scotty e Spock e altri, sono esseri umani e puoi identificartici. A volte ci sono film molto spettacolari che alla fine danno l’idea che sia solo quello. Se non ti occupi dei personaggi alla fine si tratta di un’esperienza vuota. Penso abbiano fatto una cosa molto buon qui nel farti sentire vicino ai protagonisti. Questi film riflettono i tempi che viviamo, così quanto i miei riflettevano i miei tempi, non dovremmo essere troppi severi se vogliono abbracciare un pubblico ampio ed essere venduti anche in paesi come Cina o Russia. Dobbiamo approcciarci a questi film cercando di capire il linguaggio odierno. E penso che in Beyond abbiano fatto un linguaggio migliore che nei due film precedenti.
Cosa pensi dei fan film basati sull’universo di Star Strek?
Penso che sia fantastico. Tutto lo sforzo che ci mettono. Ai miei tempi avevamo giornaletti non ufficiali con storie sull’Enterprise. Si tratta di un contributo incredibile da parte degli appassionati. Alcuni si inventano nuovi personaggi e mondi, portano avanti una tradizione. Inoltre, per quanto mi riguarda , ho appena finito di collaborare a “Renegades” The Requiem: Part 2, dal cui titolo abbiamo dovuto rimuovere Star Trek per motivi di copyright, ma nel quale riconoscerete i personaggi, che arrivano da diverse serie di Star Trek. Credo sia un bel film, che starà in piedi da solo e che probabilmente è il mio ultimo contributo alla saga. Spero che quando uscirà nel febbraio 2017 potrete trovare il tempo di vederlo.
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