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Voto: 6/10 Titolo originale: Prisoners of the Ghostland , uscita: 31-08-2021. Regista: Sion Sono.

Prisoners of the Ghostland: la recensione del film di Sion Sono con Nic Cage

13/10/2021 recensione film di William Maga

L'attore premio Oscar e Sofia Boutella sono i protagonisti del primo titolo in lingua inglese del poliedrico regista giapponese, un'opera bizzarra ma non estrema come ci si potrebbe aspettare

Uno sconosciuto senza nome. Una damigella in pericolo. Una missione suicida che nessuno – tranne il migliore – può gestire. Questi tre requisiti compaiono in innumerevoli storie, dai pistoleri dei western occidentali ai racconti dei samurai dell’Oriente, ognuno con la sensibilità specifica della rispettiva storia delle origini. E queste sensibilità si scontrano nel primo film del regista giapponese Sion Sono (Suicide Club) prevalentemente in lingua inglese, Prisoners of the Ghostland, che vede nel suo bizzarro cast Nicolas Cage (Mandy), Sofia Boutella (Kingsman: Secret Service), Tak Sakaguchi (Versus), Nick Cassavetes (Face /Off) e Bill Moseley (Repo! The Genetic Opera).

prisoners of the ghostland film posterLa storia che ne deriva è a dir poco puro cinema adrenalinico, che prende lo spettatore per la collottola e lo abbaglia a colpi di assurdità e magnificenza. Mentre molti potrebbero suggerire che Prisoners of the Ghostland sia ‘soltanto’ l’ennesimo film sopra le righe del 57enne Nicolas Cage, va detto che il film è sì spesso ridicolo e non particolarmente logico, ma l’attore ha dato il meglio di se (come eccessi) altrove. In ogni caso, se state cercando una fuga nella terra delle stranezze e dell’eccentrico, questa potrebbe essere proprio il prodotto che stat cercando.

Imprigionato per una rapina in banca andata male, un uomo senza nome (Cage) viene reclutato dal Governatore (Moseley) per attraversare una landa desolata che si dice sia controllata da una banda di fantasmi predoni per riportare indietro sua nipote Bernice (Boutella). Se riuscirà in questo compito presumibilmente impossibile, guadagnerà la sua libertà. Se fallisce, la sua morte sarà invece dolorosa, grazie alla tuta di pelle nera ‘donatagli’ dal Governatore e foderata di esplosivi. Il tempo scorre a ogni passo e gli spettri stanno aspettando. E sono affamati.

Prisoners of the Ghostland è, onestamente, una corsa sfrenata di circa 100 minuti. Lo si intuisce fin dalla scena di apertura, in cui vediamo Cage e il suo partner, Psycho (Nick Cassavetes), rapinare la banca che mette i due in rotta di collisione con il loro destino. Muri e mobilio della banca sono completamente bianchi, i clienti all’interno sono vestiti con colori primari a tinta unita e un ragazzino è in piedi davanti a un distributore di gomme da masticare mentre una maschera kabuki è adagiata sulla parte posteriore della sua testa. Le maschere – solitamente – sono un mezzo per tenere qualcosa di nascosto, qualcosa di segreto, e qui, il rifiuto del giovinetto di indossare la sua sopra al viso, sorridente, gioioso, sembra un atto di ribellione.

Uno che si giustappone meravigliosamente ai ladri senza maschera mentre terrorizzano cassieri e clienti. Il bambino, come Cage, non ha nome, e loro due più Psycho non indossano maschere, il che implica una certa libertà, sfacciataggine o fiducia in chi sono. Mentre la scena si trasforma in caos, Sion Sono chiarisce che questa storia ‘di fantasmi’ non è di quelle in cui il pubblico o i personaggi dovrebbero temere chi è mascherato, ma coloro che possiedono una tale forza d’animo da camminare sulla terra a volto scoperto. Quando la vera natura di Prisoners of the Ghostland viene rivelata, o ‘smascherata’, se si vuole essere così banali, gli spettatori arrivano a capire che la cattiveria ha molte facce e quasi sempre ci fisserà dritti negli occhi mentre ci pugnala alle spalle.

Prisoners of the Ghostland filmÈ qui che la sceneggiatura di Aaron Hendry e Reza Sixo Safai diventa corposa. La narrazione si snoda all’interno di un Neo-Giappone post-apocalittico che è un miscuglio di culture orientali e occidentali. I segni sono scritti in inglese, ma le influenze architettoniche e culturali sono chiaramente nipponiche. Questo lascia spazio a diversi modi di leggerlo. L’idea originale era di girare il film in Messico, ma dopo che Sion Sono è stato colto da un attacco di cuore, Nicolas Cage ha suggerito di spostare le riprese in Giappone per facilitare il suo recupero.

A questo proposito, quindi, si potrebbe immaginare che l’influenza giapponese sia più prevalente data la location delle riprese. Un altro modo di vedere Prisoners of the Ghostland è che questo è, come detto, il primo film in lingua inglese di Sion Sono, quindi l’integrazione di elementi orientali con quelli occidentali ha senso, soprattutto considerando gli elementi occidentali fortemente rappresentati al suo interno. Un altro, un po’ clamorosamente, è un meta-commento sulle interazioni storiche tra la cultura occidentale (in particolare americana) e la cultura giapponese.

Prendiamo la landa desolata infestata dai fantasmi, per esempio. La narrazione si basa abbastanza chiaramente sul fatto che tale posto esista a causa di un fallimento burocratico e di un disconoscimento di responsabilità da parte dei ‘poteri forti’, che stanno bene con questa situazione fintanto che non vengono violati. Prisoners of the Ghostland non esplora questa ipotesi in profondità e, quando lo fa, è spesso per lo più esoterico, ma ci sono le prove per un’accusa di violazione culturale, illeciti burocratici e di abdicazione della responsabilità dal coinvolgimento straniero contro le popolazioni di un certo territorio. Un ringraziamento quindi a Hendry e Safai per aver cercato di far emergere queste nozioni in mezzo a situazioni selvaggiamente assurde e circostanze difficilmente spiegabili.

Per porlo in una prospettiva moderna, Prisoners of the Ghostland sarebbe abbastanza a suo agio in una visione back-to-back con Fuga da New York di John Carpenter (1981). Entrambi si svolgono in una distopia, entrambi presentano un antieroe ed entrambi implicano il dover fare ‘la cosa giusta’ sotto costrizione. Coloro che amano le trame di questo tipo probabilmente apprezzeranno i violenti eccessi di cui si avvale l’opera di Sion Sono, come Tak Sakaguchi impegnato in un duello con la spada dei samurai sulle note di Time in a Bottle di Jim Croce del 1973. Dall’esterno, questo accostamento appare tarantinianamente stravagante, ma il risultato è impeccabile, dicendo molto più sul silenzioso senso dell’onore del Yasujiro di quanto avrebbe mai potuto fare un dialogo.

Prisoners of the Ghostland film (2)Al contrario, dove ci si aspetterebbe che Nicolas Cage sia all’apice del suo anticonformismo, assaporando la ridicolaggine della premessa e la situazione in cui viene gettato il suo personaggio, la sua interpretazione è, nella migliore delle ipotesi, ‘moderata’. Mancano la minacciosità del Castor Troy di Face / Off, la disperazione di Red Miller di Mandy (la recensione) e il raziocinio folle del Nathan Gardner di Il Colore Venuto dallo Spazio (la recensione). Diamine, questo ruolo avrebbe potuto essere facilmente interpretato dal John Milton di Drive Angry, che aveva permesso all’attore di proiettare sullo schermo una rabbia ribollente capace di renderlo formidabile, ma credibile.

In Prisoners of the Ghostland, Nicolas Cage interpreta il suo ladro senza nome semplicemente di maniera, senza strafare. Date le circostanze e la caratterizzazione iniziale, la frustrazione di chi guarda è pertanto comprensibile, ma la performance sembra stranamente sottotono per quello a cui ci ha abituato negli ultimi anni. Ma c’è una nota positiva: dove i conflitti iniziali mancano di qualcosina, la resa dei conti finale vale l’attesa. È violenta, sanguinaria, incredibilmente creativa e offre quell’intensità che al premio Oscar è sembrato mancare per il resto del minutaggio. E anche Sofia Boutella viene finalmente coinvolta nelle scene d’azione, come non si era più visto da un bel po’.

In definitiva, non sono pochi gli aspetti di Prisoners of the Ghostland che non hanno un minimo di senso nella loro esecuzione, la geografia è insostenibile e l’arco del protagonista sembra molto più forzato di quanto dovrebbe a causa dell’approccio spirituale / etereo che la sceneggiatura adotta per spostarlo dal punto A al punto B, ma l’azione è solida, il sangue scorre di un rosso denso e dona un nuovo significato alla frase “ci scommetto le palle“. Insomma, l’ideale per una sabato sera all’insegna del disimpegno totale.

Di seguito trovate intanto il trailer internazionale di Prisoners of the Ghostland: