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Voto: 6/10 Titolo originale: Rapiniamo il Duce , uscita: 26-10-2022. Budget: $12,000,000. Regista: Renato De Maria.

Rapiniamo il Duce: la recensione del film diretto da Renato De Maria (su Netflix)

28/10/2022 recensione film di Francesco Chello

Una cornice di storia italiana in cui ambientare un heist moive leggero e di impostazione contemporanea. Un prodotto magari imperfetto ed esile nella scrittura, capace comunque di mostrarsi come un titolo di genere simpatico, scorrevole e discretamente curato. Al netto di un Pietro Castellitto fuori parte, compensato da uno spassoso Maccio Capatonda

rapiniamo il duce film castellitto

Di recente avevo parlato di come Netflix guardasse anche al mercato italiano per la ricerca di nuovi titoli da includere nella propria library, un segmento che il colosso dello streaming conferma di tenere in considerazione per le nuove acquisizioni (spesso esclusive). E’ il caso di Rapiniamo il Duce, ultima fatica di Renato De Maria, online dal 26 ottobre dopo aver esordito in anteprima il 15 ottobre scorso in occasione della 17° edizione della Festa del Cinema di Roma.

Sempre in tempi recenti, abbiamo avuto più volte modo di parlare dei segnali di ripresa del nostro cinema di genere dopo anni di oblio e di una ritrovata predisposizione a realizzare titoli fieramente appartenenti alla categoria. Senza andare a ripetere concetti già espressi sul tema, bisogna però constatare con piacere la frequenza con cui stiamo avendo modo di riaffrontare l’argomento.

A prescindere dagli esiti (e dal gradimento) della singola produzione, e senza cantare una vittoria magari ancora lontana, possiamo prendere atto con speranza e soddisfazione che (più di) qualcosa si muove, con le piattaforme streaming che spesso guardano la cosa con interesse. Questo evidentemente per dire che anche Rapiniamo il Duce appartiene al cinema di genere italiano.

rapiniamo il duce film poster 2022Nonostante il contesto della Seconda Guerra Mondiale possa aver sviato la compilazione di alcune schede informative. Che non sto generalizzando, visto che proprio il signor Netflix parla di “dramma bellico” nella descrizione presente sulla sua piattaforma. Cinema di genere, dicevo, e nemmeno quel ‘Macaroni Combat’ a cui il contesto narrativo potrebbe dare adito di pensare, o quanto meno non in senso stretto ma più a fare da cornice e colore di un film che ha fondamentalmente un’anima da heist movie dal tono sbarazzino.

Negli anni d’oro del cinema di genere nostrano, c’era qualità ma anche, se non soprattutto, generosissima quantità. I vari filoni non sfornavano solo pietre miliari, ma anche tanti titoli che magari non spostavano gli equilibri del settore ma contribuivano ad alimentarlo, a sostenerne il successo, nutrire il suo pubblico, alimentare la sua prolificità.

Tipologia in cui, in un certo senso, può rientrare Rapiniamo il Duce, probabilmente imperfetto e migliorabile ma non al punto da compromettere il suo aspetto intrattenente, prodotto scorrevole e disimpegnato, discretamente curato, da poter dare in pasto allo spettatore famelico amante di un certo tipo di cinema.

Se i film di livello hanno il merito di risvegliare la coscienza dell’industria cinematografica italiana rispetto al cinema di genere, i titoli più piccoli – ma capaci di mantenersi sulla soglia di galleggiamento (della sufficienza o giù di lì) – hanno il compito di dare seguito a quella riscoperta, concorrere a trasformare l’eccezione in consuetudine, dimostrare agli addetti ai lavori che il pubblico chiede sempre più spesso determinati generi – pubblico che in realtà non ha mai smesso di chiederli, ma per un lungo periodo aveva dovuto rivolgersi esclusivamente al mercato estero visto che da noi sembrava fosse possibile realizzare soltanto commedie, fiction e drammoni familiari.

Alla base di Rapiniamo il Duce c’è una storia piuttosto semplice, quella raccontata da Renato De Maria che il film lo scrive oltre a dirigerlo. Semplice nella costruzione e negli stilemi scelti, tipici di un filone come l’heist o caper movie che dir si voglia. Gruppo improbabile di personaggi assortiti alle prese con il colpo (impossibile) della vita. Con elementi collante/disturbo come l’immancabile love story e le complicazioni da lui, lei, l’altro (e l’altra).

I tre atti vengono strutturati sulla rapina del titolo, dalle fasi di reclutamento e pianificazione, passando per le puntuali avversità da ansia di prestazione, concludendo naturalmente con la messa in pratica del piano criminale per il quale anche lo spettatore deve fare il tifo. E’ chiaro che il progetto di De Maria non è pretenzioso e di apprezzabile c’è l’onesta di chi non dà quasi mai l’impressione di volerlo essere, dall’adeguata durata da 90 minuti, al colpo stesso che non brilla per particolare elaborazione, o ancora alla scrittura dei personaggi che si affida a qualche stereotipo e non va troppo a fondo con la caratterizzazione.

Una certa elementarità narrativa che non incide negativamente sulla visione, quanto piuttosto mostrarsi coerente alla natura del film. Persino il contesto storico di Rapiniamo il Duce, non viene cavalcato dal punto di vista ideologico o politico, il che non significa che non venga sfruttato il sacrosanto diritto (se non proprio il dovere) di sottolineare l’importanza della Resistenza e, soprattutto, quanto il fascismo sia sempre e comunque una merda. Perché sarà anche risaputo, ma ribadirlo non fa mai male.

rapiniamo il duce film timiCosì come non bisogna dimenticare una delle pagine più buie della storia italiana. Per quanto il nuovo mefistofelico governo tenti di fare il contrario, che a pensarci bene il film di Renato De Maria ha fatto giusto in tempo ad uscire prima che a qualcuno balenasse l’idea di censurarlo come del resto volevano fare con Peppa Pig, o alla peggio rititolarlo in qualche modo fantasioso tipo, che so, ‘Rapiniamo il Che’ o ‘Rimborsiamo il Duce’.

Dal punto di vista tecnico, De Maria imbastisce una confezione curata, più sfaccettata della scrittura. A partire dalla ricostruzione ambientale, la Milano d’epoca in trincea (riprodotta in Friuli), la scelta dei costumi, degli oggetti di scena, delle armi e dei veicoli. Una fotografia cupa, in linea col clima desolante di un regime dittatoriale giunto agli sgoccioli attraverso l’esasperazione di un popolo.

Il regista si concede qualche vezzo stilistico, come gli inserti animati che presentano il team o le sovraimpressioni talvolta mutevoli. Il comparto d’azione ricorre a sparatorie ed esplosioni, stunt, qualche capriola, finanche un inseguimento motorizzato. Inquadrature mirate, anche sui dettagli come può essere la gomma di una bellissima Alfa Romeo d’epoca nel mezzo di una corsa concitata.

Oh, non vi aspettate John Wick (e nemmeno Stefano Sollima, visto che parliamo di ‘made in Italy’), ma fa piacere ritrovarsi momenti di questo tipo in un prodotto nostrano, sequenze che comunque comportano un lavoro di coordinamento e di stunt alle spalle.

Senza dimenticare un azzeccato accompagnamento musicale volutamente anacronistico, dall’apertura sulle note di Se Bruciasse la Città di Massimo Ranieri, a Clayton di Nico Fidenco, ma in particolare le due cover cantate con impegno e trasporto proprio dalla protagonista Matilda De Angelis: Amandoti dei CCCP – che con un nome di un gruppo così non credo di dover spiegare più di tanto il senso di una provocazione beffarda all’interno di un film che dipinge (GIUSTAMENTE) l’ideologia diametralmente opposta come il male assoluto – e Tutto Nero, versione nostrana (a suo tempo cantata da Caterina Caselli) della splendida Paint it Black dei Rolling Stones, ripetuta due volte, sia durante il film che sui titoli di coda momento in cui ci ho visto un omaggio a Stanley Kubrick che aveva utilizzato la versione originale per i credits di chiusura di una cosetta come il suo Full Metal Jacket.

Del resto, citazioni sparse ce ne sono, tipo il ‘sono troppo vecchio per queste stronzate’ di gloveriana memoria, per fare un esempio a caso.

Il tono di Rapiniamo il Duce è leggero ma mai comico o demenziale. Ci si affida a un cast corale in cui, un po’ paradossalmente, il punto debole è proprio il protagonista, Pietro Castellitto. Non conosco bene il resto della carriera per potermi esprimere a pieno su Castellitto junior, ma a naso, ehm… volevo dire a sensazione, un’idea me la sarei fatta.

rapiniamo il duce film maccioPer capire se è una questione di ruolo scritto in un certo modo o proprio di interpretazione stonata. Io propenderei per la seconda, ma magari voi lo conoscete meglio e saprete dirmi. Di fatto, il suo Isola manca del carisma dell’antieroe, di quel savoir-faire, parla con un’intonazione puntualmente sbagliata, sembra sempre spaesato, disorientato, come fosse un pesce lesso.

Oddio, potrebbe anche essere dovuto al senso di smarrimento della differenza di una Seconda Guerra Mondiale rispetto al Vietnam di Roma Nord. Faccio ipotesi eh, vai a sapere. Al suo fianco abbiamo detto di Matilda De Angelis nella doppia veste di attrice e cantante, la sua Yvonne è la donna pericolosamente contesa. Filippo Timi interpreta Borsalino, sadico ufficiale fascista a cui l’attore dona ghigno e tono di voce giusto.

Isabella Ferrari esce fuori alla distanza con esperienza ed il fascino di una donna che dimostra dieci anni in meno, la sua Nora è un’attrice in declino che piano piano guadagna posizioni nel plot rivelandosi una sorta di punto di svolta. Nota di merito per Maccio Capatonda, spalla comica ma con discrezione, l’abruzzese ha l’intelligenza di non ricorrere ad un repertorio marcato come quello per cui è maggiormente conosciuto, riuscendo comunque a distillare battute e ironia nei panni di Denis Fabbri, pilota tossicomane ed apparentemente inaffidabile. Maccio che, durante la campagna promozionale, aveva realizzato un fake trailer in cui fingeva di essere la star del film nonché interprete unico, e che aveva finito per ottenere più like e visualizzazioni di quello ufficiale.

Riassumendo, Rapiniamo il Duce è un heist movie che risponde alle caratteristiche classiche del filone, che punta all’intrattenimento all’interno di un contesto storico, un prodotto non privo di qualche difetto ed esile nella scrittura, ma capace comunque di mostrarsi come un titolo di genere simpatico, scorrevole e discretamente curato.

Di seguito trovate il trailer di Rapiniamo il Duce, nel catalogo di Netflix dal 26 ottobre: