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Voto: 4.5/10 Titolo originale: 7 Guardians of the Tomb , uscita: 19-01-2018. Regista: Kimble Rendall.

Guardians of the Tomb: la recensione del film vagamente horror di Kimble Rendall

01/07/2018 recensione film di William Maga

Li Bingbing e Kelsey Grammer sono i protagonisti molto sottotono di uno spider-movie incredibilmente derivativo e fiacco

guardians of the tomb film

Basandosi sul mero titolo, Guardians of the Tomb (o 7 Guardians of the Tomb, ma non è chiarissimo il suffisso numerico …), quello appena aggiunto al suo catalogo da Netflix Italia potrebbe suonare come un film intrigante, giusto? Per chi mastica un po’ di classici del cinema di Hong Kong degli anni ’80, potrebbe addirittura suggestivamente richiamare alla mente Zu Warriors from the Magic Mountain di Tsui Hark.

Ma il carattere del font usato sulla locandina assomiglia invece a quello di I Guardiani della Galassia, mentre la sinossi ufficiale rimanda immediatamente quella di La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone. Sinteticamente, quella che a quanto pare è la più costosa coproduzione cinematografica della storia tra Cina e Australia (almeno al momento) pare essere stata scritta e diretta da un gruppo di individui che – al di là di quanto si può trovare su IMDB – o affrontava questi compiti per la prima volta oppure ha partecipato esclusivamente a lavori che nessuno ha mai visto, considerati i risultati sconfortantemente miseri (vedere il CV del regista Kimble Rendall per conferma).

In ogni caso, questo thriller horror sci-fi avventuroso – precedentemente intitolato The Nest 3D – vede Li Bingbing (Resident Evil: Retribution) nei panni di Jia, un’esperta di creature velenose. Le piace parlare di quanto possano essere letali i serpenti poco prima di schernire i bambini che la ascoltano sorprendendoli con un serpente di gomma. Jia non va nemmeno molto d’accordo con il fratello minore Luke (Wu Chun, 14 Blades).

In giovane età, i loro genitori sono morti dopo lo schianto dell’aereo su cui volavano. Loro padre era l’amministratore delegato di una società molto redditizia e il suo socio Mason (Kelsey Grammer, la serie Boss) ne ha assunto il comando subito dopo la sua scomparsa. Mason coinvolge Jia nel suo attuale progetto dopo averla informata che suo fratello è scomparso. Luke aveva scoperto i resti ancora intatti di un imperatore cinese del 200 a.C.

Una credenza popolare vuole che esista un elisir che concederebbe l’immortalità a chi lo bevesse e quindi il vecchio Mason desidera impossessarsene più di ogni altra cosa. Jia si unisce così a un gruppo di “scienziati”, molto più stereotipati di quanto si possa immaginare.

C’è il grassone che mangia ciambelle e ha la battuta pronta su tutto (Shane Jacobson), il bel tenebroso egoista e insopportabile (Kellan Lutz, la saga di Twilight), la ragazza lasciva e saputella (Stef Dawson) e il tizio che continua a fare le cose più stupide immaginabili nonostante gli innumerevoli avvertimenti, ma che continua a vivere solo per condividere la sua saggezza cinese con gli altri (Jason Chong).

Per una qualche ragione poi, ci sono dei depositi di zolfo che fanno sì che i fulmini di una grandiosa tempesta di sabbia che investe il gruppo scatenino pericolose esplosioni in CGI. Guardians of the Tomb tenta di tenere nascosto che dei ragni geneticamente modificati abbiano in qualche modo preso il controllo di questa replica sotterranea della città in un tempo viveva l’imperatore cinese, ma è invece abbastanza ovvio fin dall’inizio – e dai trailer -, con tutti i cadaveri incrociati che presentano chiari morsi di ragno, la folle quantità di ragnatele sparse ovunque e le carcasse prosciugate di mucche e di ratti disseminate.

Se alcune delle sequenze con gli artropodi terrestri (generati sempre e comunque al computer) fanno effettivamente accapponare la pelle – ovviamente se siete aracnofobici ancora di più – e alcuni dei corpi senza vita vengono ritrovati con le espressioni dei volti orribilmente contorte in smorfie degne di chi ha ricevuto la visita di Sadako dopo i fatidici sette giorni dalla telefonata di The Ring, fa decisamente più sorridere l’unico ragno gigante (la mamma?), che pedina i nostri eroi e che sistematicamente appare di tanto in tanto per agitare nell’aria le sue zampe anteriori allo stesso modo in cui un vicino di casa in là con gli anni scuote i suoi pugni con rabbia contro i bambini che gli lanciano il pallone nel prato.

La tattica intimidatoria dei ragni viene quindi messa in discussione quando uno di loro viene letteralmente ucciso dalla pura mascolinità degli addominali di Kellan Lutz. La creatura in questione tocca semplicemente lo stomaco dell’attore sott’acqua ed esplode subito in una gelatina a otto zampe. Mica male. Peccato che non tutti i protagonisti siano altrettanto dotati.

La recitazione di nessuno dei coinvolti è invece degna di nota. Ciascuno si limita a recitare la propria battuta – spesso ridondante – sistematicamente e senza grossa convinzione. Guidando attraverso la tempesta di sabbia di cui sopra, tra esplosioni improvvise e lampi di elettricità statica nell’aria, nessuno urla, si agita e si preoccupa minimamente della situazione al limite del disperato.

Un veicolo carico di persone è perfettamente silenzioso, serafico, mentre questi guardano semplicemente fuori dai finestrini fissando una terribile morte direttamente in faccia e a malapena sbattono le palpebre.

Battute come “Sbrigati!” e “Da questa parte!” potrebbero indurvi a pensare che tutti dovrebbero mettersi a correre, dal momento che è così che ci si affretta da un posto a un altro. Invece, Jia e i suoi amici scienziati camminano a passo di lumaca per sfuggire a un’orda di ragni assassini.

Chi avanzerebbe di soppiatto quando le pareti stesse tutt’intorno si muovono per il brulicare di migliaia di ragni che vi circondano? Sostanzialmente, Guardians of the Tomb vorrebbe ‘omaggiare’ senza troppo pudore – aka con povertà assoluta di idee – Indiana Jones (nello specifico, Il Tempio Maledetto e L’Ultima Crociata), l’inedito qui da noi Armour of God II – Operation Condor di Jackie Chan e Il mistero dei Templari, finendo però per essere ben più simile a uno dei sequel della serie di Il Re Scorpione grazie alle pedestre regia, la recitazione ben al di sotto degli standard dei nomi coinvolti e una sceneggiatura stantia intrisa di cliché e banalità.

A peggiorare le cose, il finale non è altro che un’esca per un possibile sequel che tecnicamente – visto anche l’insuccesso commerciale nei paesi dove incredibilmente è uscito al cinema – non dovrebbe mai vedere la luce.

Per farla breve, l’opera terza di Kimble Rendall può piacere solo a due tipi di pubblico: 1) quello oltranzista che non si perde per nessun motivo i b-movie (qui con un budget più alto della media) in cui ci sono i ragni, memore di Aracnofobia, Arack Attack e Big Ass Spider!; 2) quello che ha 90′ di serata liberi e spera che dei ragni mangino o macellino ogni personaggio umano che compare sullo schermo, rischiando però grosse delusioni alla fine.

Di seguito il full trailer di Guardians of the Tomb, nel catalogo di Netflix Italia dall’1 luglio: