Home » Cinema » Horror & Thriller » Hostile: la recensione del film horror di Mathieu Turi

Voto: 5.5/10 Titolo originale: Hostile , uscita: 08-03-2018. Regista: Mathieu Turi.

Hostile: la recensione del film horror di Mathieu Turi

16/05/2018 recensione film di William Maga

Brittany Ashworth è la combattiva protagonista di un horror post-apocalittico dai valori produttivi sorprendenti, ma azzoppato da flashback che rompono la tensione

Hostile turi film

I mondi post-apocalittici sono ormai diventati un punto fermo del cinema e della televisione. Nel tempo abbiamo visto quasi tutte le possibili storie raccontabili all’interno di questo sottogenere del cinema fanta-horror, ma il regista francese Mathieu Turi – qui all’esordio, sotto la supervisione di Xavier Gens – prova comunque a imbastire con lo scarso budget a disposizione qualcosa di abbastanza fresco e inedito con Hostile, che curiosamente finisce però per ricordare molto l’altrettanto recente It Stains the Sands Red – Deserto Rosso Sangue di Colin Minihan (la nostra recensione).

A un certo punto nel prossimo futuro, e in seguito a una pandemia che non ha lasciato scampo alla razza umana, una ragazza di nome Juliette (Brittany Ashworth) vaga per un desolato deserto a bordo di un vecchio e malconcio furgone alla ricerca di provviste e carburante. In una stazione di servizio deserta, evita per un pelo qualcosa di grosso e apparentemente molto pericoloso che si trova al piano superiore. Lungo la strada, una fotografia che la vede al fianco di un uomo sorridente volo improvvisamente fuori dal finestrino.

Lei tenta automaticamente di afferrarla, sterzando bruscamente e finendo per ribaltarsi,  rimanendo incosciente. Quando riprende i sensi, scopre di avere una frattura scomposta a una gamba, che la sua pistola è finita lontana da lei e soprattutto che è calata la notte. Poi sopraggiungono i rumori dall’esterno – sembrerebbe la creatura che ha quasi incontrato alla stazione di servizio. Mentre lotta per superare il dolore e trovare una via di fuga, Juliette ritorna con la mente alla sua vita prima dell’apocalisse: la sua dipendenza dall’eroina, il suo amore (Gregory Fitoussi) e l’inizio della fine.

A prima vista, uno dei punti forti di Hostile è la prova attoriale della praticamente assoluta protagonista Ashworth (The Crucifixion) nei panni di Juliette. C’è però una piuttosto evidente differenza qualitativa nella sua performance tra il presente (aka il futuro) e i flashback, con repentini e scostanti cambi di ritmo non proprio convincenti e anzi spesso controproducenti. Se è infatti da un lato assolutamente apprezzabile il lavoro fisico svolto dall’attrice, che, proprio a causa del precoce infortunio deve lottare con l’handicap per il resto del film poiché il pericolo si nasconde dietro ogni angolo e quindi il dolore, i grugniti e la frustrazione appaiono solidi, dall’altro molti aspetti della sua vita precedente, su tutti il primo incontro con Jack, suonano terribilmente approssimativi.

Gregory Fitoussi (World War Z) svolge il compitino con sufficiente devozione, visto il poco che la sceneggiatura gli mette a disposizione per caratterizzare il suo Jack, funzionando come oggetto amoroso attraente e sicuro di sé, una sorta di Christian Grey esperto di arte. Questo rende piuttosto difficile accettare la connessione tra i due protagonisti, visto che la chimica tra i due non è esattamente poderosa. E anche se i momenti finali della pellicola sono effettivamente intriganti (grazie a una inaspettata delicatezza), manca una forte componente emotiva precedente in grado di intrigare lo spettatore. Javier Botet (La Madre, IT) è invece una sorta di mostruoso terzo incomodo, interpretando ancora una volta con la solita professionalità – e una tonnellata di make-up – una creatura dinoccolata e spaventosa che vaga senza una ragione precisa in quelle lande polverose in cerca di prede umane.

Come detto, l’intrigante – almeno sulla carta – struttura di Hostile è sì utile a garantire al pubblico importanti informazioni su Juliette, ma uccide anche completamente la tensione. Nel presente la situazione è angosciante e claustrofobica, ma nel passato il film flirta con il melodramma da soap opera. La conclusione, quasi spiazzante, arriva quindi scarica di potenziale, non solo per la costruzione incerta, ma anche per i molti punti oscuri che vengono lasciati tali.

I flashback si svolgono nell’attuale New York City – tuttavia la vicenda è ambientata in una zona desertica. Dove siamo? Perchè siamo lontani dalla Grande Mela? Allo stesso modo, non viene mai fornita alcuna spiegazione – a parte la menzione a un certo punto di un attacco terroristico con armi chimiche – del perchè ci siano degli strani mutanti che vagano bradi, alimentandosi degli esseri umani rimasti. E quanto tempo è passato dallo scoppio della pandemia (poco, a giudicare dallo scarso invecchiamento di Juliette)? Quesiti troppo importanti a cui Mathieu Turi non sembra dare peso, privilegiando il debole lato sentimentale, ai quali tuttavia avrebbe giovato una qualche forma di risposta.

D’altro canto, i valori di produzione messi sul piatto sono indiscutibili. Se la stazione di servizio è ricostruita sapientemente, donando al contesto un’aria degna di Mad Max (o di Codice Genesi), nelle scene in città non si è andati al risparmio, sia per quanto riguarda gli ambienti – pubblici e privati – che nelle affollate strade, scelta che conferisce autenticità alla narrazione e che sicuramente aiuta a entrare nelle vite dei personaggi per donare loro un contesto credibile. Ma, ancora una volta, questi sprazzi non sono il pezzo forte, anche se è evidente lo sforzo per renderli tali.

Vale infine la pena di sottolineare almeno un paio di errori di continuity evidenti – quando sono così ovvi almeno. Se il primo riguarda un controcampo completamente sballato, il secondo riguarda il posizionamento della pistola di Juliette nel corso di una scena di lotta fondamentale – con l’arma improvvisamente a portata di mano della nostra eroina quando invece non sarebbe fisicamente possibile in base a dove era finita in precedenza. Un grosso problema, visto che la pistola gioca un ruolo fondamentale in tutto Hostile … Minuzie forse, o magari fastidiose sviste. Per concludere, va precisato che, sebbene non si tratti del classico horror che si affida agli odiosi jumpscare per terrorizzare gli spettatori, c’è almeno un momento di puro terrore che coglierà molti di sorpresa.

In definitiva, Hostile ha decisamente molti meriti per essere un’opera prima, e proprio per questo si può pure sorvolare su qualche incertezza di gioventù.

Di seguito il trailer: